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LiveSicilia.it / Province / Palermo / L’organigramma di Cosa nostra dentro al porto di Palermo

L’organigramma di Cosa nostra
dentro al porto di Palermo

L'inchiesta
di Andrea Cottone
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Le indagini della Dia, in collaborazione con la prefettura di Palermo, che hanno portato alla sospensione dell’amministrazione delle società che operano nel porto e al sequestro di beni per quattro soci della “New port”, mostrano un quadro inquietante.Le famiglie mafiose di Palermo avrebbero messo le mani sul porto di Palermo tramite dei “rappresentanti” inseriti nella “New Port”. Ecco gli uomini, secondo le indagini, “collegati” a Cosa nostra, proiezione dell’organigramma mafioso cittadino sul porto di Palermo per cui “si potrebbe operare una distinzione per rappresentanza delle più importanti famiglie mafiose palermitane” come riportato nel provvedimento della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, presieduta da Silvana Saguto.

Girolamo Buccafusca (classe ’57) rappresenterebbe la famiglia di Porta Nuova. A suo carico una condanna per associazione mafiosa e traffico di droga. È stato destinatario della misura dell’obbligo di soggiorno per quattro anni e al sequestro dei beni divenuto definitivo nel 2008. Per Porta Nuova ci sarebbe anche il cugino, omonimo, ma nato nel 1961, condannato per traffico di droga e sottoposto all’obbligo di soggiorno.

Per la famiglia di Partanna Mondello, gli inquirenti segnalano Giuseppe Onorato (classe ’55) indagato ma mai condannato, fratello di Francesco Onorato, già uomo d’onore della famiglia di Partanna-Mondello, oggi collaboratore di giustizia.

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Antonino Spadaro (classe ’56), condannato per mafia, estorsioni e droga, sarebbe in rappresentanza della famiglia di corso dei Mille. Il cugino omonimo Antonino Spadaro (classe ’48) non ha precedenti, ma suo padre Vincenzo, detto “Cecè” o “Scaglidda” ha subito una condanna a 11 anni e 6 mesi per associazione mafiosa quale membro della famiglia di corso dei Mille.

Maurizio Gioè sarebbe in rappresentanza della famiglia di Brancaccio. Suo padre Filippo, “indiziato e schedato mafioso”, è stato ucciso il 16 settembre 2001 a Palermo. Suo genero è Vincenzo Savoca e Gioè è diventato nipote acquisito di Pino Savoca. Ma è dal fratello, Gaetano Gioè, che arrivano i guai. Questi, infatti, ha subito la confisca della “Vigna del gallo srl” e della “Fonderia d’acciaio Orotea spa” nel 2000. Nel primo caso Maurizio Gioè era amministratore e detentore di una quota del 5 per cento. Nel secondo caso era il socio di minoranza con il 48 epr cento delle quote. Secondo il provvedimento “lo stesso era a conoscenza della natura dei capitali utilizzati per avviare e condurre le imprese” e, ciò nonostante, “si è volontariamente prestato a ricoprire cariche e acquistare formalmente quote della società”.

Ferdinando Parrinello è stato coinvolto nella vicenda  Brancagel, la società che si occupava di prodotti ittici surgelati, finita invischiata in un traffico di droga dal Sudamerica che utilizzava proprio i canali commerciali della Brancagel. Parinello aveva il 20 per cento delle quote della società e la vicenda ha portato, nel settembre del 1992, all’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare da parte del gip di Roma nei confronti del titolare della ditta, Martino Brancatelli, suocero di Parrinello. Poi, però, Brancatelli è stato assolto, scarcerato, e le quote della Brancagel restituite.

Erasmo Fiore, rappresenterebbe Borgo Vecchio. Suo padre Giuseppe, morto nel 1972, è stato indicato dal pentito Antonino Calderone, come personaggio di spicco della famiglia del Borgo. Il fratello di Erasmo, Giovan Battista Fiore, nel 1994 è stato sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di dimora.

Salvatore Macaluso, rappresenterebbe l’Acquasanta. Macaluso è stato indagato per estorsione, traffico di droga, riciclaggio e intestazione fittizia di beni perché ritenuto complice del boss Angelo Galatolo, pezzo da novanta della famiglia dell’Acquasanta.

Lo stesso presidente, Vincenzo Spataro, viene citato seppur non abbia precedenti penali. E’ stato controllato – come riportato nel provvedimento – nel 1986 in compagnia di Girolamo Buccafusca, Melchiorre Guglielmini (condannato per estorsione nell’inchiesta “Old Bridge”), Ciro Battiloro, Antonino Davì e Antonino Mancino.

Tags: cosa nostra · mafia · new port · porto di Palermo · soci

Pubblicato il 14 Marzo 2012, 13:55
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