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Un uomo chiamato “mitra”

Luigi Abbate, "Gino u' mitra", non è certo l'ultimo arrivato. Con due sentenze passate in giudicato, tornato libero, è stato arrestato dopo poco più di un anno. Per gli inquirenti era il capomafia di Borgo Nuovo, con mire espansionistiche proprio sulla Kalsa, il suo quartiere. E per riprenderselo era arrivato anche a fare delle "cantate"... Ecco il ritratto dell'uomo salutato durante una festa da rione popolare. Ecco la sua carriera criminale.

Il personaggio
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Luigi Abbate, alias “Ginu u’ mitra”, soprannome affibbiatogli negli anni in virtù della sua abilità nell’uso delle armi, è un uomo d’onore di lungo corso. Di lui hanno parlato pentiti “quotati” come Francesco Marino Mannoia, Pino Marchese, Gaspare Mutolo e Giovanni Drago. Sul suo curriculum criminale vanta due sentenze passate in giudicato per associazione mafiosa e per l’estorsione ai danni della cantina vinicola “Calatrasi”. Scarcerato il 27 maggio 2010, si rimette subito in moto – era solito muoversi su un velocipede – ma passa poco di un anno che finisce nuovamente in manette, accusato di essere a capo della famiglia mafiosa del Borgo Vecchio ma con mire espansionistiche che guardavano al suo quartiere d’origine, la Kalsa, in contesa con un altro boss, Salvatore Lauricella, “U Scintilluni”, catturato qualche mese dopo Abbate.

Secondo le indagini, Luigi Abbate teneva la cassa della famiglia, contabilizzava le entrate derivanti dall’imposizione del pizzo e disponeva le “mesate” a picciotti e alle famiglie dei carcerati. Su di lui, però, si riversava il malumore degli affiliati, perché la crisi economica si fa sentire anche all’interno di Cosa nostra. E tutte queste lamentele avrebbero portato a una sua temporanea esautorazione dal posto di comando della “famiglia”, fra il febbraio e l’aprile del 2011.

Le tensioni all’interno del mandamento mafioso (che ricomprende anche i clan di Porta Nuova e Palermo Centro) scemano solo il 13 aprile 2011, negli incontro al “Lucycaffè” di via Francesco Crispi e un’ora dopo in piazza Kalsa, nel cosco di bibite gestito dal figlio di Gino ‘U Mitra, Antonino Abbate: la postazione dove U’ mitra solitamente riceveva le persone. Una “riappacificazione” spiegata chiaramente in un’intercettazione fra due persone non indagate. “Nooo – si sente nella telefonata – s’appaciaru! Puru cu ‘U Ziu!”. E “u’ ziu” altri non era che Luigi Abbate.

Ma il tentativo di Gino “u’ mitra” di mettere le mani sulla Kalsa continuava a generare tensioni. E in guerra, si sa, non ci sono regole. “Andate là, deve essere là, è quello col cappellino…” si sente in una intercettazione di Luigi Abbate. Ma, dall’altra parte del telefono, non c’è un picciotto bensì un funzionario di polizia. E la soffiata era per la cattura proprio di Salvatore Lauricella, “U’ Scintilluni”, fallita nel blitz del 15 giugno 2011. La telefonata è stata preceduta da una serie di colloqui ed è stato aperto un fascicolo, poi archiviato, per far luce sul rapporto confidenziale che si era venuto a creare. E, nel giorno dell’arresto di Abbate, c’era grande attesa per un passaggio ufficiale nelle file dei collaboratori di giustizia. Ma lui ha subito chiarito: “Sì, ho detto quello che ho detto… ma sono troppo vecchio per pentirmi”.

Senza Lauricella di mezzo, la Kalsa sarebbe stata saldamente nelle sue mani, come già avvenuto in passato. Quando prima di ogni votazione si attendeva di vedere quale manifesto spuntasse nella saracinesca di un garage di Gino “u’ mitra”: quello era il segnale di chi si doveva votare alle elezioni.

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