L'intruso e il silenzio - Live Sicilia

L’intruso e il silenzio

Viaggio nel cuore del mercato palermitano dove nessuno conosce Alessandro D'Ambrogio, il boss mafioso sorpreso in un video a trasportare la "vara" in occasione di una festa rionale. Parla il rettore del monastero, parla la gente del quartiere, tra chi si dice sorpreso della notizia e chi chiede di "non offendere la Vergine".

La chiesa è vuota. Padre Luigi celebra Messa per pochi intimi. Nove persone in tutto. Un signore che si fa aiutare da un bastone per reggere il peso dei suoi anni. Due suore. Una turista. Tre donne che hanno il volto operoso delle massaie. Un’altra che assiste alla cerimonia coprendosi il capo con il velo. E il cronista, che non ha la faccia del forestiero, ma quella dell’intruso sì. Alle nove e mezza del mattino non ci si può certo confondere tra la folla.

Pochi giorni fa la chiesa, oggi vuota, era piena zeppa. Della festa in onore della Vergine del Carmelo sono rimaste le luminarie sulla facciata e i drappi che ornano il santuario. Il brusio è diventato silenzio, spezzato dalle urla del mercato. Ballarò è terra di contrasti. Il candore della Vergine e il peccato dei mafiosi che va oltre quello originario. Il vuoto della chiesa e l’umanità chiassosa che sta fuori. La voce flebile dell’anziano padre Luigi Simonelli viene coperta, a tratti, dagli strilloni. Lo incontriamo in sagrestia. Aspettiamo che finisca le meticolosi operazioni per conservare i paramenti.

“C’è un video che ritrae un mafioso alla processione della Vergine”. Per un attimo padre Luigi resta basito. Poi chiede: “E chi è?”. “Alessandro D’Ambrogio, ne ha sentito parlare?”. “Onestamente no. Siamo sicuri che sia un mafioso?, lo dico perché sono cose gravi e ci vogliono le prove”. La certezza è arrivata dalle sentente: “Ha trascorso dodici anni in carcere. E sembra che non gli siano serviti per rimettersi sulla retta via. Queste, però, sono solo ipotesi investigative. Le sentenze, invece, sono sentenze”. “Mi creda, non lo conosco”, aggiunge il prete. “Le crediamo, per carità. Al di là del caso specifico: un mafioso che regge il simulacro della Madonna è sintomo di una fede distorta. O no?. “Beh, direi proprio di sì, però….”. “Però?”. “Ci sono persone che pensano davvero di essere nel bene – aggiunge il prete -. Sono talmente convinti da crederci sul serio”. Padre Luigi, che del monastero carmelitano è il rettore, inizia un ragionamento sull’essere di ciascuno di noi. Ci salutiamo. Ha un impegno urgente. A farci abbandonare gli impervi percorsi filosofici ci pensa una ragazzo abituato ad un genere di domande più pressanti di quelle curiose del cronista. Che liquida dicendo: “Io di quelle persone che dice lei non ne so niente”.

Usciamo dalla chiesa della Madonna del Carmelo senza potere parlare con qualcuno della Confraternita del Carmine. Quella che si è occupata di organizzare i festeggiamenti. Quella dei confrati con l’abitino marrone che hanno pure aperto un sito internet. “Sono tutti in ferie”, ci dice un signore davanti alla chiesta. Ne approfittiamo: “Conosce un confrate che si chiama D’Ambrogio?”. “No”. Le successive risposte non cambiano. I no, però, non sono tutti uguali. “E il D’Ambrogio condannato per mafia lo conosce?”, chiediamo a un anziano del mercato. Sta seduto accanto a un ragazzo che sul “D’Ambrogio devoto alla Vergine”, poco prima aveva tagliato corto: “D’Ambrogio cui?”. L’anziano non alza neppure lo sguardo: “Non conosciamo nessuno. E non abbiamo visto nessuno. Qui ci sono un sacco di persone per bene. Non avete rispetto neppure per la Madonna”.

Poco dopo, ritorna il silenzio. Un silenzio diverso da quello di una chiesa vuota. Il silenzio di chi non gradisce l’intruso e non fa nulla per nasconderlo. Di chi lancia segnali fatti di sguardi e di passaparola. Di chi ti segue per un po’ per esser certo che l’intruso sia andato via.


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