Mafia, locali notturni e campagne elettorali | Azzerato il mandamento di Bagheria - Live Sicilia

Mafia, locali notturni e campagne elettorali | Azzerato il mandamento di Bagheria

I carabinieri del comando provinciale stanno eseguendo ventuno fermi. Colpite le famiglie mafiose di Bagheria, Villabate, Ficarazzi e Altavilla Milicia. Indagato per voto di scambio politico-mafioso il sindaco di Alimena, Giuseppe Scrivano, candidato alle regionali nella lista Musumeci. Alle successive politiche sarebbe stato capolista della Lega Nord. Sotto sequestro beni per 30 milioni: c'è pure il pub Villa Giuditta di via San Lorenzo, a Palermo.

PALERMO – Pizzo, investimenti nei locali notturni, traffici di droga e campagne elettorali. Il sindaco di Alimena avrebbe “comprato” i voti da Cosa nostra durante le elezioni regionali del 2012.

C’è tutto il repertorio mafioso nell’operazione con cui i carabinieri stanno azzerando il mandamento mafioso di Bagheria. Ventuno i provvedimenti di fermo che 200 militari del Comando provinciale di Palermo e del Ros stanno eseguendo nei confronti di altrettante persone. La richiesta è firmata dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Francesca Mazzocco e Caterina Malagoli.

Viene fuori lo spaccato di una mafia arroccata nelle tradizioni (dalla punciuta durante il rito di affiliazione alla presentazione dei nuovi picciottiagli anziani), ma che guarda al futuro investendo fiumi di denaro – la gran parte arriva dal traffico di stupefacenti – nell’apertura di imprese edili, supermercati, agenzie di scommesse e locali notturni. Uno di questi, lo storico pub Villa Giuditta di via San Lorenzo, a Palermo, fa parte del patrimonio da trenta milioni sequestrato dai carabinieri ai boss. L’attività era gestita da Michelangelo Lesto, “destinatario, scrivono gli inquirenti, di investimenti da parte di Antonino Zarcone e Antonino Messicati Vitale”. Su questo punto, però, si registra la replica di Daniela Amoroso, figlia di uno dei proprietari: “Villa Giuditta non è sotto sequestro, noi non siamo mafiosi”. E anche quella di Angela Currenti, proprietaria del locale al 50 per cento: “Il locale non c’entra nulla con il signor Lesto a cui abbiamo tolto la gestione al termine di una battaglia legale”.

In cima alla lista dei fermati c’è Gino Di Salvo, considerato il nuovo reggente del mandamento di Bagheria. Una vecchia conoscenza delle forze dell’ordine visto che avrebbe ottenuto i gradi di capo dopo avere finito di scontare una condanna per mafia. Il suo delfino sarebbe Sergio Flamia, anche lui già finito in manette nei giorni del blitz Perseo del 2008. Allora gli veniva contestato il solo favoreggiamento per avere messo a disposizione un suo immobile per ospitare i summit dei boss di Bagheria. Successivamente, sarebbe diventato il cassiere del clan. Altro nome “importante” è quello di Salvatore Lauricella, figlio di Antonino, lo scintillone, il boss della Kalsa arrestato dopo un periodo di latitanza. Lauricella jr sarebbe entrato in contatto con il clan bagherese, che comprende le famiglie mafiose di Villabate, Ficarazzi e Altavilla Milicia, grazie alla sua amicizia con Antonino Zarcone, braccio destro di Antonino Messicati Vitale scovato a Bali dove stava trascorrendo, anche lui, una latitanza dorata.

Arrestati i capi, il nuovo si era fatto avanti ridisegnando gli equilibri. Ad esempio, la famiglia di Villabate era passata dal mandamento di Misilmeri a quello di Bagheria. Nel popoloso centro ad una manciata di chilometri da Palermo nulla veniva lasciato al caso. Le nuove leve andavano addestrate. “Quando vedi che nella salita fanno le zizze piglia e colpisci con il frustino sulle gambe – spiegava un uomo d’onore – che loro il trotto non lo interrompono, purtroppo i cavalli giovani sono così”. Dalle indagini è emersa anche l’esistenza di un ponte tra Bagheria e il Canada lungo il quale viaggiavano gli stupefacenti. I bagheresi erano in affari con il clan dei Rizzuto, il cui ambasciatore in Sicilia era Juan Ramon Fernandez. Era stato espulso dal Canada un anno fa e si era trasferito a vivere a Bagheria. Da oggi e’ latitante.

Giuseppe Scrivano

Uno dei capitolo più spinosi dell’indagine riguarda la presunta compravendita di preferenze elettorali. Sotto inchiesta con l’accusa di voto di scambio politico-mafioso è finito Giuseppe Scrivano (nella foto accanto), attualmente sindaco di Alimena. Gli investigatori si sono concentrati sulle regionali dell’ottobre 2012. Allora Srivano fu il primo dei non eletti nella lista di Nello Musumeci, candidato alla presidenza della Regione uscito sconfitto dalle urne. Una parte di quei voti, secondo l’accusa, Scrivano li avrebbe ottenuti rivolgendosi alla cosca mafiosa di Bagheria. Il sindaco di Alimena, paesino di 2187 abitanti sulle Madonie, alle successive politiche del 2013 si candidò nelle liste della Lega Nord, portandosi dietro una folta rappresentanza di parenti e amici.

Infine, l’inchiesta svelerebbe i retroscena della scomparsa di Carmelo Bartolone. Alcuni mesi fa ha violato l’obbligo di soggiorno per andare chissà dove. Aveva finito di scontare una condanna a sette anni e mezzo. Faceva parte dello scacchiere di uomini a disposizione di Bernardo Provenzano. Una volta libero ha deciso lasciare la Sicilia. Secondo gli investigatori, avrebbe capito che rischiava di finire ammazzato. Nel nuovo scacchiere non c’era più posto per uno come lui a cui, forse, veniva contestata la cattiva gestione del denaro della famiglia mafiosa. Denaro che proveniva anche dalle estorsioni. Le indagini hanno smascherato una decina di estorsioni. Nessuno degli imprenditori aveva denunciato.

“C’é un rinnovato interesse di Cosa nostra per il traffico di droga, ritenuto un business utile a riempire le casse dei clan”, ha detto il procuratore di Palermo, Francesco Messineo, commentando il blitz dei carabinieri. “Restano ferme – ha aggiunto – le attività estorsive che proseguono a tappeto”.


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