Il sole di Palermo illumina| la strada verso la serie A - Live Sicilia

Il sole di Palermo illumina| la strada verso la serie A

Benvenuto Caminiti

Mi sorprende un pensiero, è un lampo, chiudo gli occhi per non farlo scappar via troppo presto, ma invano, perché se ne fugge via come un ladro, come un sogno rubato: Dice il pensiero: “Se oggi vinciamo siamo in serie A". La vittoria contro il Padova arriverà a pochi minuti dal triplice fischio.

Il processo ai rosanero
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PALERMO – E alla fine tutti i giocatori rosa, titolari e riserve, vennero sotto la curva, guidati anche lì da mister Iachini: è questa la scena a cui vorremmo assistere dopo ogni partita. Vuol dire che il Palermo ha vinto, ha incamerato i tre punti della posta in palio, dando ulteriore impulso alla sua corsa verso la serie A. Che è la cosa più importante, anzi l’unica per cui vale la pena sobbarcarsi ai tanti, troppi sacrifici ai quali il purgatorio della serie B costringe i tifosi del Palermo. C’è il sole stavolta, ce n’eravamo quasi dimenticati, come volesse abbandonarci al nostro destino, e noi lo adoriamo, ci siamo nati, cresciuti, ci ha viziati sin da piccoli al punto di essere quasi incapaci di farne a meno. Col sole da fatalisti, quali siamo per indole, diventiamo spavaldi, audaci. Col sole, noi che di solito non ci fidiamo della buona sorte, ci buttiamo nella mischia, rischiamo.

Insomma, c’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico, come recitava il poeta: di nuovo, come la gente che mi cammina accanto e mi sorpassa (il mio passo diventa sempre più lento, ma questa è la dura, implacabile legge del tempo), si sente un chiacchierio allegro (“Cucinu, stavuota cinni faciemu quattru” ; “Mischini, però: i padovesi sunnu gemellati, bastano rui gol!”) e il passo è cadenzato, segue, come sempre i moti dell’animo. Ma c’è anche qualcosa d’antico, ed è il ritorno di fiamma verso la squadra che ha tradito, precipitando in serie B, un amore ritrovato a fatica, una ferita che stentava a rimarginarsi.

E quando a fatica supero l’ultima rampa di scala è il sole che mi fa sembrare ancora più bello quello che è per me lo stadio più bello del mondo. Anche se i vuoti negli spalti sono ancora troppi e la musica è assordante e non ti permette di scambiare due parole con la bellissima “hostess” che controlla gli accrediti della tribuna stampa. Puoi solo rispondere alla meglio (che nel mio caso non è un granché) al suo splendido sorriso: qualcosa di elettrizzante. Mi guardo intorno e noto subito che … siamo di più, non molti, un migliaio o poco più, ma, vivaddio, il segno del risveglio è chiaro, basta un’occhiata per rendersene conto. E ci sono pure i tifosi biancorosso-scudati del Padova, un centinaio circa, e se ne stanno tranquilli nella loro “gabbia”, avvolti nelle loro bandiere e si scambiano cortesie e gentilezze, come si conviene fra tifoserie gemellate, con i nostri della curva : gli uni (quelli della Nord) gridano in coro: “For-za Pa-do-va” e gli altri (i patavini) : “For-za Pa-ler-mo”. Fosse sempre così dovunque, ogni domenica, pardon ogni sabato, sarebbe stupendo, ma il tifo è una fatica dura, una disciplina che contempla troppe variabili perché si conservi solo come aggregazione e non deragli invece verso i tanti, troppi motivi di scontri e diversità d’ogni specie, anche solo ideologica.

Ma è già bello così, in novemila e con cento tifosi ospiti, trattati coi guanti gialli, perché si avverte nell’aria – complice e ruffiano il tepore del sole – un’atmosfera dolce e carezzevole, come una melodia e a dispetto della musica assordante cui ho già fatto cenno. E’ l’atmosfera che si dovrebbe sempre trovare quando si va allo stadio, di qualsiasi sport si tratti. E stavolta c’è tutto questo e io sento, nel mio vecchio ma mai pago cuore di tifoso, che sarà tutto bello fino alla fine. Ed è bello, infatti, sin dall’inizio, con i giocatori che entrano in campo, guidati dai giudici di gara, con in testa i due capitani (Abel e Cuffa) che tengono per mano due bambini: Hernandez, quello tutto vestito di biancorosso e Cuffa quello vestito di rosanero. E attira la mia attenzione il bimbo portato per mano da Abel, perché è così piccolino che i pantaloncini gli arrivano … alle caviglie e lui stenta a tenere il passo, pur blando, del nostro capitano.

I tifosi già cantano a squarciagola, le bandiere sventolano, lo stadio sembra tornare quello dei bei tempi, quando arrivavano i giganti della serie A e tremavano nel rombo di tuono che li accoglieva. Mi sorprende un pensiero, è un lampo, chiudo gli occhi per non farlo scappar via troppo presto, ma invano, perché se ne fugge via come un ladro, come un sogno rubato: Dice il pensiero: “Se oggi vinciamo siamo in serie A e me ne fotto se mancano ancora 18 partite!”. E se ne fugge via perché la partita è appena cominciata e io non voglio perdermene neanche un istante.

Parte all’arrembaggio il Palermo e già al 1’ sfiora il gol: è l’esordiente Lazaar (più che incoraggiante la sua “prima” in maglia rosanero) sulla fascia ad anticipare un avversario e lanciare lungo ad Hernandez, che si era smarcato; dribbling a rientrare di Abel e cross radente sul quale si avventa Bolzoni a botta sicura. Sembra gol ma è solo calcio d’angolo, per la deviazione di un difensore avversario. All’8’ c’è quasi il bis dell’azione iniziale, stavolta il cross di Hernandez è ancora più preciso perché trova il lanciatissimo Pisano a due passi dalla porta difesa da Mazzoni, ma è troppo scoordinato e la scaraventa sopra la traversa. Il tifo si infiamma ancora di più, la curva Nord – tutta la curva Nord – sta dando il meglio di sé e il Palermo può finalmente contare sul “famoso” dodicesimo uomo in campo. Quel qualcosa in più che di solito fa vincere anche le partite più difficili. E questa con il disperato Padova, malgrado l’inizio arrembante, più che difficile, è difficilissima. Il Padova, dopo gli sbandamenti iniziali, dovuti all’impeto del Palermo e alla spinta poderosa del suo pubblico, rinserra le file e tenta pure di replicare agli attacchi rosanero. E in un’occasione, al 32’, sfiora persino il gol, con La Camera, ma il suo tiro, insidioso perché rimbalza davanti a Sorrentino, viene sventato dal nostro portierone, appena rientrato nei ranghi, dopo la lunga sosta per infortunio. 0-0 a fine primo tempo e Padova ringalluzzito per il calo evidente dei rosa, dopo l’avvio bruciante.

Non faccio salti di gioia, ma sono fiducioso, anzi quasi certo che alla fine la spunteremo: sapete, amici lettori, è quel “sesto senso” un po’ animalesco, un po’ scaramantico che si coltiva e conquista dopo anni, anni ed anni di tifo intemerato. Epperò la ripresa non comincia come dovrebbe, anzi c’è il Padova che ribatte colpo su colpo e in uno di questi io la vedo nera, anzi nerissima: al 10’ Osuji, liberato a due metri dalla porta di Sorrentino, dopo veloce triangolazione con Pasquato, sbatacchia maldestro sopra la traversa. Che paura, ragazzi! Qui si sveglia il Palermo e, in primis, chi lo sta portando in serie A, cioè Iachini, che nel giro di 10 minuti, dal 15’ al 25’ mette dentro prima Vasquez (per Verre) e poi Stevanovic (per Pisano). E la partita cambia. Diventa un arrembaggio verso la porta difesa dal bravissimo (e nervosissimo) Mazzoni. Un arrembaggio lucido e spietato, che costringe il Padova, baldanzoso di pochi minuti prima, a rannicchiarsi tutto dentro l’area piccola. Dal 30’ al 35’ tre-tentativi-tre che meriterebbero il gol, ma Mazzoni, specialmente sul primo, quello in scivolata da due passi di Andelkovic compie un’autentica prodezza: pur sbilanciato verso la sua destra, col piede sinistro ferma quella palla che sembrava destinata ineluttabilmente in fondo al sacco.

Ma è il segnale della vittoria che s’annuncia. Prima con i colpi di testa di Bolzoni ed Hernandez (c’è sempre lo zampino di Stevanovic e la fantasia di Vasquez in questo “nuovo” Palermo), poi con la staffilata centrale di Stevanovic che Carini devia a braccio alzato: Rigore. Pianti greci da parte patavina, Mazzoni che sembra preso dal ballo di San Vito ed Hernandez che piazza il pallone sulla lunetta. Che momento, amici miei! trema il grande cuore rosanero del “Barbera” ma non trema il sinistro di Abel, che ci regala i tre preziosissimi punti della vittoria. E sabato avanti con il Cesena: siamo gemellati anche con i tifosi romagnoli, ma non aspettiamoci affatto chissà che bell’accoglienza, anche loro corrono per lo stesso traguardo. Garretti d’acciaio e cuore indomito: solo questi ci regaleranno la vittoria.


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