Quando i miei occhi si sono posati sul volto di Giulia, ho capito che la vita non finisce mai di stupirti. Ho pensato che trascorriamo il tempo che ci viene dato a disposizione preoccupandoci di controllare gli eventi. Pensiamo addirittura di poterli prevedere. Poi, però, un giorno, la vita ti stupisce. Ti prende alla sprovvista. Ti coglie impreparato. E tu puoi soltanto decidere se rifiutare o accogliere i suoi doni inaspettati. E mentre rifletti su cosa sia meglio fare, ti domandi se sarai mai veramente pronto.
È emozionata, Giulia. Trema. Come una bambina che sta per entrare nel mondo. Guarda l’abito che dovrà indossare tra qualche ora. Un abito semplice, ma elegante. È l’abito del suo matrimonio. Lo dice con la voce bassa, come se fosse un’assurdità. Perché Giulia ha appena compiuto settant’anni. Ha tre figli. Sei nipoti. Un cane. E sta per sposarsi. “Lui ne ha settantacinque, di anni”, sussurra, mentre le sue figlie le sistemano il trucco. “Ci conosciamo da cinque mesi. Li ho contati tutti i giorni che sono trascorsi. È una follia, lo so”.
Lui si chiama Enrico. Il suo fidanzato. Giulia ed Enrico. Vedova lei. Divorziato lui. Un incontro casuale. Al centro di riabilitazione. “Ci sono andata per la ricostruzione del ginocchio – racconta Giulia – lui si trascinava lungo il corridoio reggendosi sulle stampelle. Mi disse che era lì per un problema all’anca. Ci guardammo ed io mi sentii subito a casa”. Mi mostra una foto di Enrico. Ha i capelli bianchi, due occhi azzurri e il sorriso incerto di chi non sa cosa fare davanti l’obiettivo della macchina fotografica.
“Sono rimasta vedova a cinquant’anni – racconta – mio marito mi amava, a modo suo. Mai un regalo, mai un viaggio. Ho trascorso la mia vita a risparmiare e cucinare. Non ho fatto altro. Poi, il giorno del funerale, è arrivata lei, una donna elegante, raffinata. Pianse lacrime che neppure io riuscivo a versare. Quel giorno scoprii che mio marito mi tradiva da sempre. Con la stessa donna. Mi sentii derubata dei miei migliori anni. Tutti mi dicevano di uscire, andare in palestra, frequentare circoli. Conoscere gente. Distrarmi. Ma io non sono mai stata il tipo di donna che prende l’iniziativa. E poi, ormai, pensavo di aver chiuso con la vita”. E invece la vita non aveva chiuso con lei.
“Accade così, quando meno te lo aspetti. Accade e tu non puoi farci nulla”, dice, facendosi improvvisamente seria. “Un giorno incontri due occhi e ti senti completa. A me è successo tardi, ma non ha alcuna importanza”. Giulia indossa l’abito. Si guarda allo specchio. “Abbiamo pensato di sposarci subito – dice – non perché siamo vecchi, ma perché non vogliamo sprecare neppure per un istante il dono che la vita ci ha fatto”. Accade così, dice Giulia. Ed è vero. Forse bisogna arrivare alla sua età per rendersi conto che controllare la vita e gli eventi è una fatica inutile. Che quando lei, la vita, decide di farti un regalo, tu devi afferrarlo in fretta, aprirlo e tenerlo stretto tra le mani.
“Ho pianto tanto durante gli anni di buio che ho vissuto – confessa – sono arrivata alla terza età senza neppure rendermene conto. Se potessi tornare indietro, annullerei tutte le regole. Vivrei in modo diverso. Ma non si può tornare indietro. Però non è mai neanche troppo tardi per tornare a vivere”, dice, mentre osserva il riflesso del suo viso allo specchio. Ha profonde rughe ai lati degli occhi, e due linee spesse le circondano le labbra dipinte di rosa. “È da sciocchi non accettare i regali che ci vengono dati. Può succedere in qualunque momento e a qualunque età. I regali arrivano sempre, sa? Siamo noi che non riusciamo a vederli”.
Giulia si congeda. Io le auguro ogni bene. “La vita mi ha fatto aspettare tanto – conclude – ma davvero non ha alcuna importanza. Perché io oggi so cos’è la felicità”. E il suo viso si distende aprendosi in un sorriso.
Alcuni saggi dicono che occorrerebbe vivere due vite. La prima per prepararsi alla seconda. Quella vera. Come se bastasse a evitare errori. Una brutta copia per vivere in un secondo momento la vera vita, quella bella davvero. Ho solo 45 anni e di errori ne ho commessi piu’ dei miei coetanei. Mi permetto ugualmente di suggerire un piccolo trucchetto per prevenire alcune brutte sorprese. Impariamo a diffidare dei rapporti e delle persone che non rispettano quella aurea regola che é la reciprocità. Confucio predicava che la ‘reciprocita’ e’ regola etica e sociale’. A cosa mi riferisco? Alla buona abitudine di allontanare le persone che non ci corrispondono e che non parlano la nostra stessa lingua sul terreno della generosità, della applicazione, degli affetti, della affidabilita’, del rispetto. Questo non vuol dire che dobbiamo privilegiare nostri omologhi. Sarebbe alquanto triste e frustrante. Ma sicuramente non possiamo e non dobbiamo donarci a chi non ci comprende, non ci apprezza e non ci gratifica. Per tantissimi anni, l’amabile donna di questo racconto si e’ donata ad un uomo che non la meritava. Ci saranno stati molto probabilmente vincoli e situazioni che sfuggono ad una valutazione da parte di osservatori esterni, ma ritengo che ci si debba volere bene, e attendersi legittimamente quelle attenzioni e quell’amore che diamo, sebbene declinato in modo originale dal nostro partner. Come e’ possibile trascorrere una vita intera a “cucinare e risparmiare” senza protestare, senza allontanarsi, senza riconoscere l’egoismo di chi ci confina nell’isola della contingenza, privandoci di quel volo libero che é l’amore?. Mi chiedo, con rispetto, come sia possibile che cio’ possa accadere, anche se posso capirlo: convenzioni sociali, scarsa autostima, paura del futuro, abitudinarieta’. E allora, impariamo a volerci bene, e diffidiamo di coloro che non ci danno quanto diamo loro. Il mondo é abbastanza grande per trovare uno spazio in cui realizzarsi e una persona capace di riconoscere il nostro valore e la nostra capacita’ di amare e di essere amati.