Il figlio di Provenzano e i turisti| "Ho diritto a una vita normale?" - Live Sicilia

Il figlio di Provenzano e i turisti| “Ho diritto a una vita normale?”

I meeting avvengono durante la tappa palermitana di un viaggio organizzato da un tour operator di Boston. Nel corso degli incontri Angelo Provenzano, 39 anni, racconta ai turisti la sua vita e il rapporto col padre. Lumia: "Dica dove sono i beni del padre".

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PALERMO – “Francamente, non capisco l’interesse per questa vicenda”, “ho diritto o no a una vita normale? O devo continuare a essere giudicato per il cognome che porto?”. Così a Repubblica Angelo Provenzano, figlio del capomafia di Corleone, commenta la sua partecipazione a incontri con turisti americani in viaggio in Sicilia, organizzati da un tour operator di Boston. “Ci sono troppi pregiudizi contro di noi. Evidentemente, non solo in Sicilia”, afferma. “Per me si tratta solo di una opportunità lavorativa importante in un settore, quello turistico, nelle cui potenzialità ho sempre creduto. E poi confrontarmi con una cultura diversa dalla nostra e scevra da pregiudizi mi pare un’avventura molto stimolante”.

Da mesi decine di turisti americani incontrano settimanalmente il figlio del capomafia Bernardo Provenzano, Angelo. I meeting avvengono durante la tappa palermitana di un viaggio organizzato da un tour operator di Boston. Nel corso degli incontri Provenzano, 39 anni, racconta ai turisti la sua vita e il rapporto col padre.

Gli interventi sono preceduti da una breve introduzione sulla storia della mafia fatta da uno degli organizzatori. Dopo una prima fase “sperimentale” gli incontri sono diventati tappa fissa del tour: enorme l’interesse suscitato nei turisti dai racconti del primogenito del boss. Al termine dei meeting gli “spettatori” – generalmente professionisti e intellettuali che arrivano da ogni parte degli Stati Uniti – rivolgono a Provenzano una serie di domande sulla figura del padre, ma anche sulle difficoltà che nascono dal portare un cognome tanto “ingombrante”. Gli incontri sono partiti a settembre scorso e nel periodo estivo, quello di maggiore flusso turistico, arriveranno a due a settimana.

“Per me si tratta di una opportunità lavorativa importante in un settore, quello turistico, nelle cui potenzialità ho sempre creduto. E poi confrontarmi con una cultura diversa dalla nostra e scevra da pregiudizi mi pare un’avventura molto stimolante”. Così Angelo Provenzano, figlio del capomafia di Corleone, ha commentato la notizia data dall’ANSA sulla sua partecipazione a incontri con turisti americani in viaggio in Sicilia, organizzati da un tour operator di Boston. “Resta il fatto – ha concluso Provenzano a proposito dell’interesse mediatico suscitato dalla notizia- che vorrei una vita più normale possibile. Ma mi rendo conto che non c’è speranza”.

LE REAZIONI

“Questa notizia ha dell’incredibile. E’ solo apparentemente innocua. Oltre a raccontarsi ai turisti il figlio di Provenzano potrebbe trovare un po’ di tempo per dire ai magistrati dove si trovano le ricchezze accumulate dal padre e chi le amministra”. Lo dice il senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della Commissione parlamentare antimafia, commentando la notizia secondo la quale il figlio del boss Bernardo Provenzano incontra i turisti per raccontare la sua vita e il suo rapporto col padre.

“Angelo Provenzano ha potuto studiare e vivere con il sangue dei nostri martiri, dovrebbe rinnegare il padre, cambiare il suo nome, conoscere la fatica di chi lavora nei campi confiscati alle mafie”. Lo ha detto Vincenzo Agostino, padre del poliziotto Nino, ucciso dalla mafia, a margine di un incontro alla bottega di Libera a Palermo. Agostino ha commentato la notizia di alcuni incontri antimafia organizzati da un tour americano nel corso dei quali Angelo Provenzano, figlio del boss Bernardo, si racconta. “Buon sangue non mente – aggiunge Vincenzo Agostino che non crede a un ravvedimento del figlio del capomafia – Non credo di riuscire a incontrarlo, non vorrei mischiare il mio sangue col suo, forse potrei incontrarlo e stringergli la mano solo se me lo presentassero con un altro nome, a meno che non chieda pubblicamente alle istituzioni di cambiare il suo nome e dica di non avere più un padre”. “Non condivido l’idea di questi tour organizzati, – dice – sbagliano anche gli americani, potrebbero andare nei campi confiscati alla mafia e conoscere la fatica di chi lotta ogni giorno”.

“Ma come si fa a portare cittadini americani a parlare con il figlio di un mafioso che ha sulla coscienza, se non tutte, buona parte delle disgrazie dell’ Italia?”. Lo chiede in una lettera aperta Giovanna Maggiani Chelli, presidente Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili, inviata all’ambasciatore Usa in Italia, criticando la partecipazione di Angelo Provenzano a incontri con turisti americani in viaggio in Sicilia, organizzati da un tour operator di Boston. “Il figlio del capomafia – aggiunge – è un giovane in cerca di lavoro, come tanti, dice di voler stare lontano dalla mafia , non può certo mettersi a fare la vita da nababbo con i soldi del padre, altrimenti dovrebbe dire alle autorità italiane dove sono i capitali illeciti”.


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