Adesso le Sicilie sono davvero Due | Un viaggio nella rassegnazione - Live Sicilia

Adesso le Sicilie sono davvero Due | Un viaggio nella rassegnazione

Dal Fatto Quotidiano. I siciliani, il cui complesso di superiorità coincide con la più profonda e ovina delle rassegnazioni, sanno che un fatto come questo può accadere solo in Sicilia.

Adesso sì che sono Due le Sicilie, con l’autostrada spaccata a metà. Palermo è separata da Catania e occorrono quattro ore di macchina per coprire una distanza di soli 200 kilometri. A questo punto mi permetto di suggerire la SS121 perché più che negli anni ’50 è l’epoca di Goethe che torna nell’Isola dove il viaggiare è passatempo; e perciò fa d’uopo appoggiarsi anche alle regie trazzere – impercorribili d’inverno, per la nebbia e la neve – ma deliziose adesso, specie se sfiorando Piano Battaglia, inerpicandosi tra i sugheri ci si immerge nello struggente concerto delle Madonie dove neppure il tram di Sergio Mattarella, o la bicicletta di Graziano Delrio, possono arrivare.

Due, dunque, sono le Sicilie e due sono le reazioni: quella dei siciliani, rassegnati, e quella dei politici la cui esuberanza sparaminchiatara arriva a traviare perfino un ministro dell’Interno come Enzo Bianco, oggi sindaco di Catania (domani futuro presidente della Regione), che se ne esce con la sparata di attivare Ryanair e collegare l’Aeroporto Vincenzo Bellini con Punta Raisi.

I siciliani, il cui complesso di superiorità coincide con la più profonda e ovina delle rassegnazioni, sanno che un fatto come questo può accadere solo in Sicilia, altrimenti non se ne starebbero a fare slalom tra strade statali, provinciali e tratturi inseguendo le innumerevoli interruzioni; il viadotto Scorciavacche sullo scorrimento Palermo-Agrigento è collassato una settimana dopo l’inaugurazione; Corleone-Bisacquino interrotta in un tratto e saranno più di dieci anni che una frana – a cui si aggiungono i continui smottamenti – tiene bloccata la galleria sulla strada Enna-Piazza Armerina.

Questa della strada con la galleria tappata è una via fondamentale per il flusso turistico ma i siciliani – la cui sensibilità in tema di patrimonio culturale e artistico è doppiamente “ovina” – già sanno cosa ne verrà da questa deviazione, come da quel benedetto pilone inginocchiatosi per sempre all’altare dell’incuria: un disastro per il turismo, per l’economia e per quel minimo di dignità propria di una terra che forse, con Goethe, sarà facile da guardare – difficile da capire – ma destinata di certo all’irrilevanza e al disastro sociale.

Due Sicilie e due modi, dunque. Alla pazienza dei siciliani, in verità impegnati anche a riderne, per non piangere, fa da controcanto l’esibizione parolibera del sensazionalismo. Qualcuno ha ipotizzato la circumnavigazione dell’Isola. Altri – come al tempo del Postale in navigazione da Napoli a Palermo – attendono gli approvvigionamenti via mare ma la proposta del ponte aereo fatta da Enzo Bianco, non fosse altro per l’autorevolezza di chi andrà a breve a sostituire Rosario Crocetta, urge di un sommario calcolo. Eccolo. C’è da arrivare un’ora prima in aeroporto; mezz’ora per le pratiche d’imbarco; un quarto d’ora di volo effettivo; mezz’ora ancora tra atterraggio e sbarco, altri tre quarti d’ora, infine, dall’aeroporto Falcone-Borsellino per raggiungere il centro di Palermo. S’impiegherebbe tanto quanto con la macchina, solo per 180 passeggeri però e senza il piacere di un caffè e un cartoccio di ricotta a Polizzi.

Adesso sì che sono Due le Sicilie, con quell’autostrada fatta al ribasso, coi viadotti lunghi ed economici, in luogo delle più costose e durevoli gallerie. Due di Sicilie con quell’idea di farne una, nessuna e centomila con lo Stivale, ovviamente con il Ponte di Messina la cui probabile costruzione impegnerà gli esperti di mitologia più che d’ingegneria (rimasto com’è, il Ponte, nel limbo delle chimere, nella migliore delle ipotesi o, nelle antologie delle barzellette, per più facile destinazione). Con le famose ferrovie odorose di nafta che garantiscono le agili 6 ore di percorrenza tra una stazione e l’altra – dall’Elefante etneo alla città di Santa Rosalia – sempre più Due sono le Sicilie, anzi, Tre.

E’ quella che se ne sta in Parlamento, a Roma, a preparare il granaio elettorale a Matteo Renzi ­– coi maggiorenti del Pd che sono andati a trattare il salvataggio dal default commissariando di fatto, Crocetta, accuratamente tenuto lontano da palazzo Chigi – perché tra i siciliani, l’arte della pazienza tenera e ovina si affina anche in una variante bovina: calarsi le corna e mangiarsi quel po’ di pastura che resta ai margini delle clientele.


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