Csm, un dossier che scotta | "C'è sconcerto, ora trasparenza" - Live Sicilia

Csm, un dossier che scotta | “C’è sconcerto, ora trasparenza”

Il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini al palazzo di giustizia di Palermo

Consegnati al Consiglio superiore della magistratura i risultati dello screening sull'attività delle Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo. Il vicepresidente Legnini annuncia la massima severità. La Sezione deve continuare la sua attività regolarmente". GUARDA IL VIDEO

PALERMO - L'INCHIESTA SUI BENI SEQUESTRATI
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PALERMO – Al di là delle parole e delle audizioni ciò che conta sono i documenti che i magistrati del Csm si sono portati via da Palermo. A consegnarli nelle mani di Giovanni Legnini, vice presidente del Consiglio superiore della magistratura, è stato il presidente del Tribunale palermitano, Salvatore Di Vitale. Nel dossier ci sono i risultati, i primi ma non per questo poco corposi, dello screening sull’attività della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo. La sezione travolta dall’inchiesta della Procura di Caltanissetta e azzerata da Di Vitale che ha trasferito i magistrati che ne facevano parte.

Ci si è concentrati su alcune amministrazioni giudiziarie e le storture sono ora a conoscenza, carte alla mano, della delegazione del Csm di cui facevano parte, assieme a Legnini, la presidente della prima commissione Paola Balducci, un componente della stessa commissione Pierantonio Zanettin, il presidente della VI Commissione Piergiorgio Morosini, il segretario generale Paola Piraccini e il magistrato addetto alla segreteria, Silvia Giorgi.

La delegazione, accolta dal procuratore generale Roberto Scarpinato, ha ascoltato Di Vitale e il presidente della Corte d’appello, Gioacchino Natoli. Audizioni informali che presto saranno seguite da una convocazione ufficiale. Il riassunto della visita, prima che i magistrati si trasferiscano a Caltanissetta in treno, è nella parole di Legnini: “A noi interessa che la sezione Misure di prevenzione prosegua la sua attività regolarmente e che si salvaguardi tutto il buono che è stato fatto finora, che le autorità giudiziarie siano messe in condizione di fare accertamenti che chiariscano tutto quello che è accaduto e che la prima commissione e il plenum possano acquisire gli elementi per eventuali provvedimenti urgenti che riportino il prestigio sull’azione della magistratura”. Poi Legnini chiarisce che “quello dei beni confiscati e dell’affidamento degli incarichi è un grande tema che non mancheremo di affrontare. Era già in programma, a luglio avevamo già espresso un parere. Ci ha colpito la difficoltà di ricostruire la mappa precisa degli incarichi conferiti agli amministratori giudiziari. Ciò conferma che serve un’organizzazione trasparente”.

“Agiremo con rigore e tempestività – aggiunge -. Non voglio anticipare le proposte che farà la prima commissione, ma il presidente del Tribunale di Palermo ci ha trasmesso una forte preoccupazione derivante dal fatto che c’è sconcerto ed è necessaria serenità”. Legnini mantiene un profilo istituzionale: “Il Csm ha aperto tempestivamente una pratica subito dopo avere avuto notizia dell’inchiesta di Caltanissetta”. Perché non è stato fatto prima visto che di beni confiscati si parla ormai da tempo? “Il Csm si muove su atti di impulso precisi. È difficile immaginare che ci spossa muovere sulla base del sospetto e non avendo elementi concreti”. Eppure due anni fa la questione approdò pure in commissione antimafia, il prefetto Giuseppe Caruso la mise nero su bianco: “Com’è noto noi due anni fa non c’eravamo”, taglia corto Legnini. Gli accertamenti per l’eventuale provvedimento disciplinare nei confronti dei magistrati coinvolti nell’indagine seguono un doppio binario. Quelli di competenza della Procura generale della Cassazione, già avviati, e quelli della prima commissione che vanno avanti per accertare l’eventuale incompatibilità ambientale. Senza escludere, però, dice Legnini che “se sopraggiunge un’istanza istanze dai titolari delle azioni disciplinari, provvederemo di conseguenza. Noi siamo titolari di entrambe le funzioni”.

Lo sconcerto riferito da Di Vitale a Legnini non nasce solo da ciò che è finora emerso dalle indagini. Perché parallelamente ai pubblici ministeri di Caltanissetta il presidente del Tribunale ha voluto conoscere nel dettaglio l’attività delle Misure di prevenzione. Già mesi fa aveva chiesto i dati, arrivati parzialmente, e così in questi giorni si è mosso in autonomia. Il risultato è contenuto nel dossier consegnato da Di Vitale e su cui il presidente del Tribunale non ha alcuna intenzione di sbottonarsi: “Massimo riserbo”, dice. Lo stesso che ha imposto ai presidenti delle sezioni e ai dirigenti delle cancellerie. Sarà lui con “un comunicato stampa” a rendere note le notizie che interessano l’opinione pubblica “affinché non ci siano equivoci di sorta e notizie distorte”, ma sempre e solo compatibilmente con le “esigenze investigative ancora in corso”. Nel dossier, però, saranno finite anche le conoscenza di Gioacchino Natoli dal cui intervento, a giugno scorso, scaturì il primo passo indietro di Lorenzo Caramma, marito dell’ex presidente Saguto e consulente dell’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, il principe degli amministratori giudiziari.

Intanto in quella che è stata la sezione della Saguto si è voltato pagina. Non sono cambiati soltanto tutti i magistrati che ne facevano parte, ma anche il metodo di lavoro. Da ieri una circolare del neo presidente Mario Fontana vieta di nominare parenti e amici intimi di magistrati e cancellieri. Gli amministratori giudiziari “dovranno avvalersi solo dei collaboratori strettamente necessari all’espletamento dell’incarico e dovranno selezionarli solo in base alla competenza e alla affidabilità, anche etica, escludendo persone che abbiano legami di parentela o di intima amicizia con i magistrati o con il personale della cancelleria della sezione”. Un modello che potrebbe essere esteso anche ad altre sezioni del Tribunale, ma è ancora presto per dirlo. Per ora sotto osservazione ci sono le misure di prevenzione.


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