E per ultimo se ne andò Schifani | Angelino leader senza uomini - Live Sicilia

E per ultimo se ne andò Schifani | Angelino leader senza uomini

L'ex presidente del Senato verso Fi. Ieri riunione tra big Ncd. Metà dei fondatori è andata via.

PALERMO – Ieri sera si sono guardati in faccia. Per scoprire che la pattuglia si è assottigliata ancora. Lo “strappo” di Renato Schifani è qualcosa di più di uno screzio, di un “atto dovuto”. È l’ultima frattura di un partito, il Nuovo centro destra, che appare sempre più un vaso di cocci incollati. Restano le poltrone, quelle sì. A tenere tutto apparentemente in piedi. Col leader che sembra non riuscire più a governare questo soggetto politico sopraffatto dall’ambizione di creare un nuovo centrodestra senza staccarsi dal nuovo centrosinistra di Renzi.

Se ne sta andando, infatti, un altro dei fondatori del movimento. Schifani seguirà chi ha già deciso di abbandonare Alfano: Gaetano Quagliarello, Nunzia De Girolamo, Beppe Scopelliti hanno già salutato il politico agrigentino. Tra quelli che hanno “battezzato” Ncd, dopo lo strappo con Berlusconi sono rimasti solo in quattro: Maurizio Lupi, Beatrice Lorenzin, Fabrizio Cicchitto e, appunto, Angelino Alfano.

“Schifani? Se vuole andare, nessuno lo fermerà”, commentano però a mezza bocca alcuni big vicini ad Angelino. Il leader è infuriato, per quel gesto che indebolisce ancora di più il partito. E soprattutto a causa di quel dialogo che Schifani avrebbe portato avanti – ne sono convinti gli alfaniani – sottotraccia con Silvio Berlusconi. “Una sua partita personale, che non riguarda più il partito”, sussurra un deputato regionale Ncd, nemmeno tra i più affezionati al patto con Renzi.

E così, ieri sera si sono visti tutti. Tranne Schifani ovviamente. “Ci guarderemo in faccia e ci guarderemo dentro”, diceva Francesco Cascio qualche ora prima della riunione, in una giornata nella quale l’ex presidente dell’Ars ha parlato a lungo col leader Alfano. “Di sicuro Ncd deve interrogarsi su quali scelte compiere in vista di tre tornate elettorali che in Sicilia sono certamente concatenate: le amministrative di Palermo, le Regionali e infine le politiche. Dovremo capire – aggiunge Cascio – quali siano i progetti del partito”. Perché al momento Ncd interpreta il ruolo di “centrista” nel senso peggiore del termine: quello che rimanda più all’indecisione, al limbo. A cominciare dalla situazione siciliana. Almeno su questo, i deputati di Sala d’Ercole sembrano però quasi unanimi: bisogna uscire dal governo Crocetta. Una esperienza, quella vissuta attraverso la presenza in giunta del “tecnico d’area” Carlo Vermiglio, considerata fallimentare. “Dobbiamo chiederci una volta per tutte – ammette il sottosegretario Giuseppe Castiglione – se ci sono ancora i motivi per continuare a sostenere Crocetta. I risultati, dalla Sanità al precariato, passando per la programmazione europea, non sono soddisfacenti”.

E così, il primo “strappetto” dal Pd potrebbe giungere proprio dalla Sicilia. Per tutto il resto, si attenderà il referendum di ottobre. Ncd ufficialmente sosterrà il “sì”, ma poi prenderà atto del risultato. Se vincerà il “no”, cambierà tutto. E gli scenari potrebbero capovolgersi. È quella “maturazione del travaglio” cui ha accennato il leader siciliano di Forza Italia Gianfranco Micciché nell’intervista di ieri a Livesicilia. “Tra l’altro mi è giunta voce – rivela Micciché – di un sondaggio portato avanti dal big di Ncd Pino Firrarello: secondo questo sondaggio, nella Sicilia orientale il sostegno degli alfaniani al centrosinistra farebbe perdere al partito centrista il 70 per cento dei voti”. Insomma, la virata del Nuovo centrodestra verso il “vecchio” centrodestra sarebbe anche “conveniente”. “E bisogna ancora capire – rivela Francesco Cascio – se Renzi aprirà o meno alle nostre richieste di modifica della legge elettorale”. Perché l’Italicum, così com’è, farebbe molto male a un’Area popolare (Ncd con Udc) ancora legata a questo centrosinistra.

E allora che si fa? Una cosa è certa. Il progetto di Ncd, se non è fallito, è fortemente ridimensionato. Sia in seguito all’addio della metà dei fondatori, sia a causa di indagini, scandali e scandalicchi che hanno coinvolto ministri (Alfano compreso) e sottosegretari (Castiglione e Vicari inclusi). E chi ironizza sul numero delle poltrone che supererebbe quello degli effettivi elettori, oggi, rischia di non andare lontano.

Anche perché, dicevamo, gli alfaniani continuano a perdere pezzi. Schifani è l’ultimo. Ma non è l’ultimo arrivato. E la sua vicenda è la manifestazione evidente di una vera e propria scissione dell’atomo in atto nel laboratorio Ncd. Ma sulla vicenda, tra gli Ncd più vicini ad Alfano, si è scelta una via chiarissima: quella di non enfatizzare lo strappo. Di “snobbare” la rottura di Schifani. “In ogni fase nuova o importante – commenta ad esempio Castiglione – c’è sempre qualche fibrillazione. Ma vorrei ricordare che tutti i passaggi che ci hanno portato al punto in cui siamo oggi – aggiunge – sono stati condivisi dallo stesso Schifani che ha partecipato con entusiasmo. Adesso, se lui pensa di ricostruire il centrodestra, a mio parere commette un errore enorme: perché quel centrodestra non esiste più e non potrà più esistere”. Una lettura che stride con la lettera inviata da Schifani ai colleghi del Senato, nella quale fa riferimento ai numerosi dissensi sulla linea del partito, che l’ex presidente di Palazzo Madama avrebbe manifestato chiaramente. “Il fatto che il gruppo del Senato abbia subito eletto il nuovo presidente – sottolinea Cascio – vuol dire che il contraccolpo non è stato così forte. La scelta di Schifani, insomma, non credo sposti granché”.

Ma adesso a Schifani inizia a guardare seriamente Forza Italia. Anche se lo stesso Schifani precisa di non “aver mai manifestato l’intenzione di correre per la presidenza della Regione”. Non c’è un progetto, insomma. Una partita personale alla base di questo addio. Micciché però intanto ha già detto che l’ex presidente del Senato sarebbe il benvenuto tra gli azzurri. Il capogruppo all’Ars Marco Falcone ha commentato: “Con il presidente Schifani, uomo delle istituzioni, possiamo realizzare una piattaforma programmatica che sia seria alternativa al fallimento e al populismo del Pd di Crocetta e di Matteo Renzi. Occorre voltare pagina, per dare alla Sicilia, all’Italia intera, una occasione vera di riscatto”. Un ritorno in Forza Italia finora smentito dall’ex presidente del Senato. Ma fino a un certo punto. Perché Schifani in realtà ha deciso. “Sono cresciuto alla scuola di Silvio Berlusconi”, ha scritto nella sua “lettera d’addio” al gruppo Ncd di Palazzo Madama. Schifani si è riavvicinato al Cavaliere. “Lascio qualcosa che non c’è più”, ha chiosato. È ormai vicinissimo quindi l’ultimo addio a un Angelino sempre più solo. E spaesato. Al centro, sì. Ma al centro di nulla.


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