Boss e picciotti, giustizia lenta| Scarcerazione di massa - Live Sicilia

Boss e picciotti, giustizia lenta| Scarcerazione di massa

Il Palazzo di giustizia di Palermo

Il Riesame dà ragione ai legali: troppo tempo per motivare le condanne. Il ministero verifica

PALERMO – Il Tribunale del Riesame annulla l’ordinanza di congelamento dei termini di custodia cautelare. Il 17 febbraio prossimo quindici presunti mafiosi del clan di Bagheria, in provincia di Palermo, torneranno liberi, nonostante siano stati condannati in primo grado. È l’epilogo di una battaglia giudiziaria avviata nei mesi scorsi. L’ultima tappa, prima di quella odierna, era stata la decisione del presidente del Tribunale di sospendere i termini di custodia cautelare. Tutti nasce dal fatto che il giudice per l’udienza preliminare Sergio Ziino ha depositato le motivazioni della sentenza ad oltre un anno dalle condanne. La sentenza di primo grado fu emessa il 20 novembre 2015. Il giudice scriveva che il ritardo era dipeso dalla complessità dell’istruttoria dibattimentale. Ora il Riesame ha accolto il ricorso fra gli altri degli avvocati Rosanna Vella, Calogero Vella, Giovanni Rizzuti, Raffaele Bonsignore, Claudio Gallina Montana, Giovanni Mannino, Roberto Panepinto e Giuseppe La Barbera.

L'avvocato Rosanna Vella

Le indagini dei carabinieri sfociarono nel blitz Reset del 2014. Tra i vecchi boss sempre in auge, dopo avere scontato lunghe condanne, ci sarebbero stati Giuseppe Di Fiore e Nicolò Greco. Il primo sarebbe stato il braccio operativo del secondo, considerato la testa dell’acqua ma che nel frattempo è deceduto. Quando Di Fiore fu arrestato, nel 2005, nel doppiofondo del comodino di casa nascondeva la lista dei commercianti da mungere con il racket. Nel 2014 la storia si sarebbe ripetuta. Il pizzo lo hanno pagato 44 commercianti. Molti, seppure costretti dalle evidenze investigative, hanno ammesso di avere subito le angherie mafiose.

Dell’elenco dei condannati facevano parte anche Michele Modica, di Casteldaccia, considerato affiliato alla mafia canadese, che nel 2004 scampò alla morte in un agguato a Montreal, ed Emanuele Cecala, originario di Caccamo, già coinvolto nell’inchiesta sul tentato omicidio dell’anziano boss Pietro Lo Iacono. Il primo è stato condannato all’ergastolo e il secondo a trent’anni per l’omicidio di Antonio Canu freddato il 28 gennaio 2005 a Caccamo. Chiedeva il pizzo senza senza che nessuno lo avesse autorizzato.

La scarcerazione, però, riguarda solo le condanne fino a dieci anni. Per quelle superiori i termini scadranno a metà agosto quando l’avvio del processo d’appello avrà già bloccato il conteggio.

Ecco l’elenco dei condannati che lasceranno la cella: Salvatore Buglisi (3 anni e sei mesi), Giovanni Di Salvo (7 anni e 2 mesi), Carlo Guttadauro (5 anni e 4 mesi), Giovanni La Rosa (6 anni), Vincenzo Maccarrone (4 anni e 8 mesi), Fabio Messicati Vitale (3 anni e 6 mesi), Bartolomeo Militello (3 anni e 6 mesi), Carmelo Nasta (3 anni), Francesco Pretesti (6 anni e 10 mesi), Francesco Raspanti (6 anni), Paolo Salvatore Ribaudo (10 anni), Giovan Battista Rizzo (8 anni), Giovanni Salvatore Romano (6 anni e 4 mesi), Francesco Speciale (8 anni e 9 mesi), Francesco Terranova (6 anni e 8 mesi).

Ecco invece chi resta in carcere: Emanuele Cecala (30 anni), Giuseppe Di Fiore (10 anni e 8 mesi), Giovanni Pietro Flamia, detto “U’ Cardiddu” (10 anni e sei mesi), Atanasio Ugo Lonforte (10 anni e sei mesi), Nicolò Lipari (10 anni e 6 mesi), Pietro Lo Coco (10 anni e 6 mesi), Andrea Lombardo (10 anni e 6 mesi), Michele Modica (ergastolo), Giorgio Provenzano (10 ani e 6 mesi).

*Aggiornamento ore 15.14
Il ministero della Giustizia ha disposto tramite l’Ispettorato accertamenti preliminari sulla vicenda relativa a 14 mafiosi che quasi certamente saranno scarcerati. Il caso è scoppiato a Palermo dopo che il tribunale del Riesame ha bocciato il congelamento dei termini di custodia cautelare disposto dal gup per 14 mafiosi palermitani, tra cui un ergastolano.

Aggiornamento 19.35. 

“Mi pare giusto che si facciano tutti gli accertamenti necessari. Se il ministero me lo chiederà io darò tutte le spiegazioni sulle questioni che dipendono da me. Comunque parlare di scarcerazioni è prematuro. I termini non sono ancora scaduti”. Così il presidente del tribunale di Palermo ha commentato la decisione del Guardasigilli di avviare accertamenti sulla vicenda che potrebbe portare alla scarcerazione di 14 mafiosi per un ritardo nel deposito della sentenza di primo grado. “Gli atti del processo sono stati mandati alla corte d’appello – ha aggiunto Di Vitale – Saranno i giudici di secondo grado ora a valutare la questione”. Nonostante i termini di carcerazione non siano ancora scaduti (è questione di giorni), è assai difficile, però, che la corte possa fissare in tempo utile l’udienza che potrebbe congelarne il decorso. Il presidente del tribunale aveva autorizzato una proroga al gup, già in considerevole ritardo, per il deposito delle motivazioni della sentenza. Contro la proroga e il congelamento del termine hanno fatto ricorso i legali di 14 imputati, boss dei clan palermitani condannati. E il tribunale del Riesame ha dato loro ragione. Secondo quanto si apprende la Procura non avrebbe intenzione di fare ricorso in Cassazione contro la decisione del Riesame. (ANSA)


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