Palermo, la mafia torna a sparare| Ucciso il boss Giuseppe Dainotti - Live Sicilia

Palermo, la mafia torna a sparare| Ucciso il boss Giuseppe Dainotti

Il luogo dell'omicidio del boss Giuseppe Dainotti, nel quartiere Zisa di Palermo

Il capomafia di Porta Nuova freddato con un colpo alla testa. Era stato scarcerato nel 2014. FOTO

L'agguato alla Zisa
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PALERMO – Aveva 67 anni, venticinque dei quali trascorsi in cella. Due anni e mezzo fa la scarcerazione, oggi Giuseppe Dainotti è stato assassinato per le strade della Zisa. Un omicidio di mafia per le modalità e la storia della vittima.

I killer, forse due e forse in sella ad uno scooter, hanno colpito Dainotti alla testa, mentre percorreva in bicicletta via D’Ossuna. CLICCA QUI PER GUARDARE LA FOTOGALLERY.  “Ho sentito due colpi d’arma da fuoco. Erano le 7.50. Mi sembravano giochi d’artificio. Qui si sparano sempre i giochi d’artificio a qualunque ora – racconta una donna tunisina che abita nella strada dell’agguato -. Mi sono affacciata e ho visto un uomo a terra che perdeva sangue dalla testa. In strada non c’era nessuno”.

Il boss di Porta Nuova nel 2014 si era scrollato di dosso la pena all’ergastolo. Uomo di peso del clan di Porta Nuova, Dainotti è stato il factotum del boss Salvatore Cancemi. In cella c’era finito per il colpo miliardario al Monte dei Pegni di Palermo, ma soprattutto per la lupara bianca di Antonino Rizzuto, scomparso nel 1989. Nel 2000 entrò in vigore la legge Carotti che aveva disposto la sostituzione dell’ergastolo con la pena di trent’anni. Il 23 novembre quella legge, però, fu superata da un decreto legislativo che all’articolo 7 sanciva il ritorno al passato. E cioè al carcere a vita. Nel 2009 la Corte europea diede ragione a un imputato italiano e la Cassazione gli ridusse la pena. E così, in virtù della pioggia di ricorsi davanti ai supremi giudici, la Corte costituzionale intervenne stabilendo, una volta e per tutte, che l’articolo 7 del decreto legislativo del 2000 era incostituzionale. Da qui la scarcerazione di Dainotti, insieme con Giovanni Matranga, Francesco Mulė e Giulio Di Carlo.

Le indagini sul delitto sono ora affidate ai pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, ai poliziotti della Squadra mobile. Sul posto anche carabinieri del Nucleo investigativo che in passato hanno indagato sull’omicidio di Giuseppe Di Giacomo, reggente della famiglia di Palermo Centro e crivellato di colpi nel 2014.


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