Era con Dolce e Gabbana | L'alta moda lo consacra - Live Sicilia

Era con Dolce e Gabbana | L’alta moda lo consacra

La storia di Fabrizio Minardo, giovane stilista siciliano.

LE FOTO di Ragusa
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Sentirsi un numero all’interno di un colosso della moda come Dolce&Gabbana, scegliere di ritornare a casa dopo due anni di “esilio” e trasformare un piccolo evento di benvenuto nella sfilata del cuore. C’è tutto questo nella storia di Fabrizio Minardo, giovane stilista di 28 anni, che ieri sera, ha svelato la collezione “Nostos” al Palazzo Donnafugata, nell’anima barocca di Ragusa Ibla. Casa sua. Un evento che ha richiamato il pubblico delle grandi occasioni.

Minardo è un temerario, odia la routine, ama mettere alla prova – sempre e comunque – la sua enorme creatività. Lo ha fatto di fronte alle sue clienti “innamorate” e agli amici di una vita, gli unici – a suo dire – ad aver capito un passaggio per nulla banale come quello dalle fashion week milanesi a un piccolo atelier di Ragusa, in via degli Oleandri: “Ho solo comprato qualche nuovo macchinario, poi è rimasto tutto intatto rispetto a due anni fa, quando scelsi di andare via” spiega Fabrizio con una convinzione quasi innaturale, visto il peso di questa trasformazione. “Molti mi hanno dato del folle, ma, anche se è presto per fare bilanci, sono stracontento della mia scelta”.

Il giovane stilista, nel 2015, posta una foto su Instagram. L’attenzione di Stefano Gabbana è talmente forte, che in un paio di giorni lo convoca per un colloquio e decide di assumerlo in prova per tre mesi: “Ma alla fine del primo mese – racconta Minardo – c’era già un contratto a tempo indeterminato sul mio tavolo. Accettai pieno di entusiasmo. Il primo anno è stato bello, magnifico. Ma dal secondo ho cominciato a chiedermi: “Andrà sempre così?”. Era un lavoro gratificante, pieno di responsabilità e trasferte all’estero (Hong Kong, Tokyo e Pechino, ndr) per eventi d’alta moda. Ma cominciavo a sentirmi un numero. Il lato lavorativo prevaleva su quello creativo e non potevo più pensare abiti prettamente miei. Così a luglio ho firmato le dimissioni, sono partito per le mie ferie e non sono più tornato”. Un biglietto di sola andata per Ragusa. Dove da qualche mese Fabrizio ha riabbracciato la sua vita e rimesso in discussione sé stesso.

Ci parla di “Nostos”?

“E’ una parola che in greco vuol dire ritorno. Tutto è nato come una celebrazione del fatto che io sia tornato a casa. Ma l’evento si è trasformato in una vera e propria sfilata. Presento una collezione composta da 48 capi: 15 da giorno, 18 da sera, 15 da sposa. “Nostos” è anche un ritorno al bel vestire, all’abito della domenica che praticamente non si vede più. Oggi è tutto commerciale, spesso realizzato con tessuti scadenti. Vorrei riaffermare il buon gusto della qualità e dell’estetica”.

C’è un capo a cui tiene in modo particolare?

“Sì. E’ un abito da sposa realizzato con il pizzo locale, ricamato con il corallo di Sciacca. Al centro c’è un ex voto originale in argento. Ha un importante valore iconografico, trasmette passione”.

Qual è il marchio di fabbrica della sua moda?

“Per me ogni abito è un pezzo unico. Più che al prêt-à-porter, mi rifaccio all’alta moda. Le clienti vengono nella mia bottega e vedono il mio campionario. Da lì si sviluppano i disegni, si prendono le misure e si realizza l’abito. Le lavorazioni sono fatte a mano, i pizzi pure. Io mi occupo di disegno, modellistica e sartoria. Mi faccio aiutare da alcune ricamatrici locali. La mia è una moda artigianale”.

Il suo concetto di sposa?

“La sposa che chiede un abito su misura, tende ad allontanarsi dal commerciale. Vuole evitare che fra vent’anni, quando guarderà le foto di quella giornata, possa dire: “Ma come ero conciata?”. Ecco perché a me piacciono molto gli abiti classici, tradizionali. Non dico coperti, ma neanche con tutti gli spacchi e le scollature che si vedono oggi in giro. Sembrano tutto, tranne che abiti da sposa”.

La sua prima sfilata è arrivata a 14 anni: c’è qualcuno che l’ha ispirata in questo percorso?

“A qui tempi mi divertivo a realizzare degli abiti, seguendo quella passione naturale che mi ha accompagnato fino ai 18-19 anni. Una persona che organizzava un evento di moda, però, rimase colpita da alcuni capi e mi chiese se avevo intenzione di farli sfilare. E così è andata”.

Questa passione è tutta farina del suo sacco?

“Mia nonna e mia zia andavano molto di manualità. Ma io ho sempre avuto dentro questo fuoco per la creatività, specie per l’abbigliamento. Così dopo il diploma ho studiato all’istituto di moda Burgio, ho superato gli esami a Milano. Poi ho partecipato a dei concorsi, uno di quali mi aprì le porte dell’Accademia Koefia a Roma. Si trattava di “Kamò – Sicilia di Moda”, che si teneva all’interno della Fiera Emaia di Vittoria. Vincere a casa mia, di fronte a numerosi stilisti arrivati da ogni parte d’Italia, fu un enorme motivo d’orgoglio. E’ il riconoscimento a cui tengo di più, perché diede inizio alla mia carriera”.

Com’è stato il ritorno a casa dopo l’esperienza con D&G?

“E’ ancora presto per dare un giudizio. E’ necessario che a questa bella favola si aggiungano guadagni e fatturato. Ma la cosa bella è aver trovato mille porte aperte. Vicky e Costanza Di Quattro mi hanno “affidato” l’androne di casa loro per organizzare “Nostos”. Anche una persona super impegnata come Ada Nanè, che gira il mondo e si occupa di trucco e parrucco, ha scelto di sostenermi in questa sfilata senza nemmeno voler vedere i miei disegni. Questa fiducia è segno che qualcosa di buono ho fatto. E magari anche i ragusani provano un po’ di orgoglio nel rivedermi qui in mezzo a loro”.

Come immagina il futuro?

“Impegnativo. Sono realista e so che c’è molto da fare. E anche molto da educare. Per far capire alle persone che quando chiedono un abito su misura, non si può pretendere di averlo in cinque minuti. Bisogna cucirlo, provarlo, rifinirlo… Un punto a mio favore è che a Ragusa non ho molta concorrenza se non quella dei negozi. Fuori mi perderei in un bicchiere… Se scelgo di sacrificarmi per qualcosa, voglio farlo per me”.

Se qualcosa dovesse andar storto, valuta l’idea di rifare un’esperienza all’estero?

“La risposta è nì. Voglio stabilirmi qui. Non riesco a immaginare la mia carriera distante da Ragusa. Magari cambierò locali, se sarà il caso ci sposteremo in un atelier più grande. Ma la mia base rimarrà questa. Se le cose andranno come spero, potrei viaggiare un po’ per lavoro. Ma saranno soltanto delle parentesi. Dopo ogni fase della mia vita sono sempre tornato in Sicilia, non vedo perché adesso dovrei andar via”.

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