Terre nella morsa della mafia |Randazzo e il potere dei Rosta - Live Sicilia

Terre nella morsa della mafia |Randazzo e il potere dei Rosta

La mappa degli assetti dopo l'operazione eseguita dagli uomini della Dia.

RANDAZZO – Una terra dove da tempo è presente l’ombra della mafia. L’ultima conferma è arrivata dritta dalla Dia etnea e non lascia più alcun dubbio: il territorio rurale di Randazzo è stato controllato – almeno nell’ultimo decennio a questa parte (ma forse anche di più) – dalla mano della criminalità organizzata. Il dominio si è esteso attraverso alcune cellule attive direttamente collegate alla cosca catanese dei Laudani. La confisca dei beni, condotta lo scorso 30 dicembre dalla Direzione investigativa diretta da Renato Panvino, ha infatti portato di nuovo alla ribalta il nome di Francesco Rosta, 74 anni, – attualmente ai domiciliari – ritenuto da tempo a Randazzo uno degli elementi di spicco della famiglia mafiosa dei Ragaglia, articolazione riconducibile al clan dei “mussi i ficurinnia”. Nel dettaglio, il provvedimento emesso dal Tribunale di Catania ha colpito il cuore economico degli affari dei Rosta, interessando un patrimonio del valore complessivo di oltre 700 mila euro costituito dall’azienda Agricola Bovini dell’Etna S.a.s. di Rosta Giuseppe dedita all’attività di foraggio e allevamento di capi di bestiame; ma anche da tre immobili (appezzamenti di terreni di cui uno con annesso fabbricato), una autovettura di grossa cilindrata, conti correnti e altri rapporti finanziari”.

Già la relazione redatta nel 2008 dalla commissione bicamerale Antimafia e prima ancora dalla DIA etnea aveva tracciato la mappa degli assetti di Cosa Nostra individuando a Randazzo il gruppo costituito dalle famiglie dei Rosta, Ragaglia e Sangani. Sarebbe stato proprio Francesco Rosta negli anni ad aver “gestito” le terre, attraverso pratiche ormai “consolidate” e ben note fra la gente del luogo. Il fenomeno, per intenderci, è quello della mafia dei pascoli. Gli affari della criminalità qui non derivano, infatti, dallo smercio della droga, ma dall’acquisizione illecita dei terreni allo scopo di ricavarne i propri profitti personali. Al centro delle “contese” ci sono le distese aree rurali di cui gli esponenti della malavita locale hanno preso possesso imponendo le loro “leggi” a suon di prepotenze e intimidazioni, non lasciando tregua agli imprenditori del luogo e ai titolari degli appezzamenti di terreno. Il “sistema” mira ad attrarre i fondi della Comunità europea destinati agli agricoltori. Le più recenti indagini condotte dalle fiamme gialle e dei Ros hanno permesso di delineare un quadro delle truffe finora perpetrate. Dagli esiti sono venute a galla decine di terreni gestiti dal Comune o dalla Regione fittiziamente intestati a soggetti, anche defunti, e comunque collegati ad esponenti mafiosi. È così che negli anni i finanziamenti europei sarebbero finiti nelle mani della mafia con tutte le conseguenze che la Sicilia è ormai abituata a conoscere.

I SEGNI INDELEBILI DELLA MAFIA DEI PASCOLI. Non ci sono solo le frodi alla Comunità europea. A Randazzo si contano numerosi casi di imprenditori e privati i cui terreni sono stati oggetto di danneggiamenti da parte di ignoti. Ci sono poi le attività commerciali e proprietà private, fra cui vigneti e fondi agricoli, distrutti da incendi dolosi o improvvisamente vandalizzati. L’estate appena trascorsa, per esempio, è stata particolarmente funesta con numerosi roghi che hanno devastato il territorio. Il fiorente settore vitivinicolo è forse il più osteggiato da quelle parti.

Ma fra i simboli più tangibili della mafia dei pascoli senza dubbio quello costituito dall’installazione nei terreni delle numerose recinzioni abusive, ossia barriere rudimentali che di fatto limitano il transito a cittadini e forze dell’ordine. A questo si aggiungono i frequenti raid di greggi e mandrie al pascolo in aree private e le minacce e affronti personali da parte dei pastori locali agli imprenditori e proprietari. I vigneti sono, infatti, frequentemente presi di mira proprio perché “sottraggono” terreno al pascolo. Un fenomeno che finora ha messo in ginocchio il territorio e condizionato le enormi possibilità di sviluppo di cui è dotato.

Allo scorso mese di ottobre risale, intanto, l’avvio di una prima azione di ‘bonifica’ eseguita da parte dei Carabinieri in sinergia con il Comune e Forestali, nelle aree rurali del territorio comunale con lo scopo di rimuovere tali chiudende. Le operazioni sono state svolte nelle strade di campagna delle contrade Turano e Donna Bianca. Ma a poco sarebbe finora servito. Molti recinti sarebbero, infatti, nuovamente stati piazzati da ignoti. Si trarrebbe di ceppi mafiosi difficili da sradicare, insomma. Ecco perchè su questo punto le forze dell’Ordine intendono intensificare e potenziare i controlli per liberare le terre dalla morsa della mafia.

La recente operazione è, peraltro, solo l’ultimo in ordine dei tempo dei colpi inferti dalla DIA contro gli esponenti e promotori della cosiddetta della mafia dei pascoli, fenomeno che a Randazzo ha radici lontane. Il 23 settembre del 2016 la Dia di Catania in sinergia con la DDA diretta dal procuratore Carmelo Zuccaro aveva già emesso un provvedimento di sequestro di beni nei confronti di Francesco Rosta per un valore di circa 700.000,000 euro fra società, bestiami, immobili e auto. Nel 2014, il presunto boss era già stato arrestato nell’ambito dell’operazione di Polizia giudiziaria “Trinacium” con l’accusa di appartenere ad un’associazione a delinquere di stampo mafioso.

DA CATANIA FINO AI NEBRODI – Ma la mafia rurale non si è infiltrata solo Randazzo. Al contrario, si estende dalla piana di Catania fino ad arrivare sui Nebrodi. Nelle campagne catanesi il fenomeno è quello della “guardianìa” che, per quanto diverso, è altrettanto riconducibile agli interessi della cupola. Quest’ultima piaga si consuma sulla pelle dei titolari di aziende agricole ai quali viene imposta l’assunzione di guardiani, appartenenti al clan, che attraverso un controllo del territorio, assicurerebbero alle vittime –  dietro compenso economico – una protezione da furti e danneggiamenti, episodi che sarebbero però soliti verificarsi ogni qual volta i titolari delle aziende decidono di opporsi a queste richieste dal chiaro stampo “mafioso”.

 

 

 

 

 


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