Shampoo, piega e Cosa nostra | Il parrucchiere che divenne boss - Live Sicilia

Shampoo, piega e Cosa nostra | Il parrucchiere che divenne boss

Vincenzo Coniglio

La scalata nelle gerarchie mafiose fino alla condanna definitiva.

PALERMO – Fino al 2011 era un parrucchiere incensurato, proprietario di un’attività in corso Calatafimi. Poi, si scoprì che Vincenzo Coniglio era un personaggio di primo piano nel mandamento mafioso di Porta Nuova, il braccio destro di Tommaso Di Giovanni nella gestione dei soldi del clan. Per lui, e per altri 12 imputati,  la Cassazione ha reso definitiva la condanna a dodici anni di carcere.

Compare di Salvatore Pispicia, ex reggente di Porta Nuova nominato nel 2005 da Nino Rotolo dopo l’arresto di Nicola Ingarao, Coniglio era il cassiere di Porta Nuova. La prima volta che le cimici captarono il suo nome fu durante un  colloquio in carcere dell’8 febbraio 2010 tra il boss Tommaso Lo Presti e la moglie, Teresa Marino. La donna raccontava al marito che la festa di compleanno per un nipote era stata pagata da Coniglio: “… ieri quello… Enzo era là alla festa… il padrino… Enzo… il padrino gli ha fatto la festa… lo hanno fatto dire… il padrino del bambino… lo dicevano al microfono… gli sta pagando la festa…”.

Bastò imbottire di microspie la sala colloqui del carcere per scoprire che di Coniglio finivano spesso per parlare anche Salvo Pispicia e la moglie Anna Lo Presti. La donna non era tenera con il “signor crasto”, diceva toccandosi con la mano i capelli per indicare il parrucchiere, “che fino ad ora se li è presi lui perché allora mi ha anticipato soldi e ora se li sta scontando… mi sono fatta anticipare quest’estate io duemila euro… e io gli ho detto invece di darmeli te li tieni e ti sconti i duemila euro… che questo debito con lui non può finire più, non si sa quando lo finiamo questo debito…”.

Pispicia, al contrario della moglie, si fidava ciecamente di Coniglio, tanto da affidargli la gestione del suo patrimonio, e ne giustificava il comportamento: “… si vede che ti ha dato in più… o si vede che tu ci sei andata altre volte”. Coniglio aveva il delicato compito di occuparsi delle esigenze dei Lo Presti. Alla sorella di Tommaso, Silvana, pagava pure l’assicurazione della macchina (“mentre mi trovavo da Simona mi ha suonato Silvana… scendi che ti deve parlare Teresa… invece erano loro… hai capito?… però c’era anche Teresa… sai qual’era tutto il discorso?…che gli è scaduta l’assicurazione della macchina). Di Giovanni non si dava pace. Non riuscivano a farsi bastare un lauto stipendio: “… io vorrei sapere una cosa, hanno quasi duemila euro al mese… questi hanno sempre problemi… piangevano a mio fratello… si, cosi… in modo da farmi sentire in colpa a me… hai capito?”.

Il giorno del suo arresto i carabinieri del Nucleo investigativo scoprirono che in macchina e a casa Coniglio nascondeva degli appunti. Poi, arrivò il pentimento di Antonino Zarcone, boss di Bagheria molto legato ai mafiosi di Porta Nuova. “Allora, Salvatore Pispicia si lamentava con me, dopo questi arresti che ci sono stati – raccontava Zarcone – in quanto mi riferiva che aveva dato delle grosse somme di denaro a un certo parrucchiere che era stato tratto in arresto insieme al mio mandato di cattura. Che io non conosco poi neanche questo soggetto chi sia. Era stato tratto in arresto in quanto teneva grosse somme di denaro di Salvatore Pispicia e Salvatore si lamentava nei confronti di Tommaso Di Giovanni in quanto pensava che lui l’avrebbero coinvolte in storie di fatti di mafia e che l’avrebbero rovinato, in senso che Salvatore Pispicia – proseguiva – aveva perso tutto il suo capitale, perché sapeva che era stato sequestrato, con queste somme di denaro che aveva in gestione questo parrucchiere… perché non voleva assolutamente che questo parrucchiere venisse coinvolto in alcune vicende, che non sapeva neanche lui perché si trovava in questo blitz e perché era stato coinvolto”.

 


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