Boss, picciotti e prestanome | "La nuova mafia del Borgo Vecchio" - Live Sicilia

Boss, picciotti e prestanome | “La nuova mafia del Borgo Vecchio”

Un frame delle intercettazioni

Quattro mesi dopo il blitz dei carabinieri la Procura ha chiuso le indagini.

PALERMO – Dal capomafia alla titolare di un panificio. La Procura chiude le indagini sui nuovi boss e gregari della famiglia del Borgo Vecchio, mandamento di Porta Nuova. Sotto inchiesta ci sono ventuno persone e per tutte i pubblici ministeri chiederanno presto il rinvio a giudizio. A cominciare da Elio Ganci, l’uomo che avrebbe preso le redini del potere, subentrando ai fratelli Domenico e Giuseppe Tantillo.

Il blitz dei carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Palermo scattò all’alba del 10 novembre scorso. E venne fuori l’ennesima pagina di una città soggiogata dagli uomini del pizzo. I commercianti consegnavano i soldi a Giuseppe Tantillo, che nel frattempo è diventato collaboratore di giustizia. Richieste al ribasso – al massimo i commercianti pagavano 500 euro a Pasqua e Natale -, ma a tappeto. C’è chi ha denunciato, chi ha negato l’evidenza e ora rischia di essere incriminato per favoreggiamento.

Ganci ha fatto carriera. Nel 2008, raccontarono i pentiti, era “una persona interessata a riscuotere le estorsioni per conto del Borgo Vecchio, per cui lui teneva tutta la contabilità, i negozi che pagavano”. Poi, però, come avrebbero ricostruito le indagini coordinate dal procuratore Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Salvatore De Luca, e dai sostituti Caterina Malagoli e Francesca Mazzocco, sarebbero stati i Tantillo a spingere per la sua nomina.

Quando si seppe del pentimento di Francesco Chiarello i fratelli si resero conto di avere i giorni contati e proposero Ganci, scarcerato nel novembre 2015, per la successione. Il tutto con la regia di Paolo Calcagno, detenuto da tempo, reggente del mandamento di Porta Nuova che ingloba anche Borgo Vecchio. Prima di Ganci nel popolare rione comandava Franco Russo che era stato scelto da Salvatore Lo Piccolo, quando il boss di San Lorenzo era il numero uno dell’intera Cosa nostra palermitana. Gli equilibri, però, erano cambiati. E Russo, pure lui tornato in libertà, si era dovuto accontentare di un posto nelle retrovie dopo essere entrato in rotta di collisione con i Tantillo.

La famiglia mafiosa ha dato prova negli anni della capacità di riorganizzarsi dopo le operazioni. Pedro (luglio 2011), Hybris (dicembre 2011), Panta Rei 1 e 2 (dicembre 2015 e novembre 2016): il lavoro incessante non ha scoraggiato i boss. Al fianco di Ganci avrebbero lavorato Fabio Bonanno, Salvatore D’Amico, Luigi Miceli e Domenico Canfarotta. Si occupavano del sostegno economico ai familiari dei detenuti, delle estorsioni e del controllo della piazza dello spaccio.

Ecco tutti gli indagati (LA FOTOGALLERY): Fabio Bonanno, 33 anni, Domenico Canfarotta 39 anni, Cristian Cinà, 29 anni, Domenico Consiglio, 63 anni, Salvatore D’Amico, 52 anni, Marcello D’Amico, 44 anni, Elio Ganci, 53 anni, Giuseppe La Malfa, 46 anni, Nunzio La Torre, 31 anni, Gianluca Lo Coco, 30 anni, Luigi Miceli, 28 anni, Francesco Russo, 56 anni, Salvatore Russo, 33 anni, Antonino Siragusa, 47 anni, Massimiliano Tabbita, 42 anni, Domenico Tantillo, 45 anni e Antonino Tarallo, 44 anni, Claudia Badalamenti, 32 anni, Matteo Bonanno, 53 anni, Francesca Paola e Marco Verducci, di 26 e 30 anni.

I Verduci sarebbero i prestanome dei mafiosi in un negozio di detersivi in via Principe di Scordia e in un’agenzia di scommesse di corso Scinà. Badalamenti, invece, avrebbe schermato la vera proprietà dell’omonimo panificio di via Crispi, mentre Matteo Bonanno sarebbe il proprietario fittizio di un panificio in via Pasquale Calvi.


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