Arsenali e fibrillazioni tra clan| La mafia torna ad armarsi - Live Sicilia

Arsenali e fibrillazioni tra clan| La mafia torna ad armarsi

Revolver, pistole e fucili. I retroscena dopo i sequestri della polizia.

CATANIA – Volti sconosciuti o comunque pesci piccoli chiamati a custodire armi pericolose. Revolver, pistole semiautomatiche, fucili e anche la famigerata “penna-pistola”. Gli inquirenti tengono le bocche cucite ma il sospetto che dietro i sequestri di potenti arsenali possa esserci l’ombra della criminalità organizzata è fisiologico. La Squadra Mobile ha centrato un obiettivo: annientare la potenza armata dei gruppi criminali. Il solo modo è quello di scovare nascondigli e identificare coloro che sono stati scelti per sorvegliare le “riserve di fuoco”. Di solito insospettabili, pronti a scendere a patti con i delinquenti per denaro. In meno di un mese sono stati scoperti due arsenali: uno a Nesima e uno a Monte Po.

Per la mafia catanese è un momento caldissimo. I boss di un certo spessore criminale sono finiti dietro le sbarre. E a parte alcuni nomi, scarcerati da qualche mese, i clan stanno cercando di rimettere in fila i vertici. I blitz di questi ultimi mesi hanno creato profondi vuoti di potere all’interno di Cosa nostra. Antonio Tomaselli, delfino degli Ercolano, Marcello Magrì, reggente di Cosa nostra fino al 2016, Rosario Lombardo, manager della droga, Francesco Santapaola, figlio di “coluccio” e cugino di secondo grado di Nitto, Franco Amantea, boss di Paternò, Alfio Santangelo, padrino di Adrano, sono finiti dietro le sbarre uno dopo l’altro. Il clan Santapaola-Ercolano forse è quello che più di tutti è stato sventrato dalla base al vertice. Le altre cosche hanno cercato di approfittare di questi attimi di riassetto organizzativo per pianificare avanzate. E nei momenti di fibrillazioni le armi sono necessarie. Magari non per sparare, ma per far sentire l’odore di polvere da sparo e generare paura tra gli avversari. Lo ha fatto Andrea Nizza, ex capo militare di Librino, quando attorno a lui era stata fatta tabula rasa. Ma il narcotrafficante usava i suoi soldati per le incursioni armate e per “mostrare i muscoli” a Massimiliano Salvo, boss dei Cappello. Una storia che si è ripetuta con il fratello Salvatore, detto ‘mpapocchia, pestato a sangue dai “carusi” di Massimiliano “u carruzzeri” Salvo. E non c’è da dimenticare l’arresto di poche settimane fa di Saro Pitarà, boss dei Cursoti Milanesi. Ultimo superstite di una cosca annientata da diverse indagini.

Torniamo agli arsenali sequestrati. I nomi dei sorveglianti di pistole e fucili – come detto – non conducono a identificare un clan o un altro. Gli investigatori certamente hanno informazioni top secret che stanno battendo. Input segreti che hanno portato ad arrestare Francesco Giuffrida, già volto noto alle forze dell’ordine in realtà. In una casa fatiscente a Nesima in via Confalonieri gli agenti della Squadra Mobile hanno trovato sotto il letto ed all’interno dell’armadio, oltre mille munizioni, un fucile calibro 12, un revolver calibro 38, un revolver calibro 44, una pistola semiautomatica calibro 9, una pistola semiautomatica calibro 45 e una penna pistola di fattura artigianale calibro 22. La penna pistola è stata inventata proprio da un catanese: Guglielmo Ponari pochi mesi fa rientrato in carcere dopo diverse violazioni degli arresti domiciliari. Ponari si è conquistato l’appellativo di “artigiano delle armi dei clan” per le sue capacità di armaiolo. Il suo nome finì nel maxi blitz del 1984 di Torino contro il “clan dei catanesi”. Questa settimana invece i poliziotti della Squadra Mobile hanno fatto irruzione in un appartamento a Monte Po. In manette un altro pesce piccolo del crimine catanese, Terence Salvatore Lupo. Dentro un armadio è stato trovato un borsone con all’interno un revolver calibro 38; una pistola semiautomatica calibro 22, una pistola semiautomatica calibro 7,65, una pistola semiautomatica calibro 7,65. Insieme al piccolo arsenale anche due chili e mezzo di marijuana e 420 grammi di cocaina. Ancora una volta i sequestri portano a seguire la “pista” della droga e del controllo delle piazze di spaccio.


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