CATANIA – Rifiuti e corruzione, colpo di scena davanti al Gup, arrivano le prime richieste di patteggiamento, c’è l’accordo con la Procura e adesso la parola passa al Gup Giovanni Cariolo: 3 anni e 4 mesi di condanna per l’imprenditore Antonio Deodati e 4 anni di condanna per Orazio Fazio, funzionario comunale fedelissimo dell’ex sindaco Enzo Bianco.
L’UDIENZA – Si è arrivati alla prima udienza davanti al Gup in tempi record. Porte chiuse e poteri che scottano alla prima udienza della maxi operazione – eseguita dalla Dia di Renato Panvino – sul sistema di appalti e corruzione al Comune di Catania. Un’inchiesta coordinata dal procuratore Carmelo Zuccaro che ha visto in campo il gruppo specializzato nei reati sulla pubblica amministrazione, composto dall’aggiunto Sebastiano Ardita, dal sostituto Alessandra Tasciotti e coordinato dal sostituto procuratore Fabio Regolo.
Fazio e Deodati hanno chiesto il patteggiamento, Antonio Natoli, dipendente della Ipi srl e del consorzio Seneco, ha chiesto il rito abbreviato. Resta da valutare la posizione di Massimo Rosso, altro braccio destro di Enzo Bianco, finito nell’inchiesta con l’accusa di corruzione.
TURBATIVA – Orazio Fazio, Leonardo Musumeci, Antonio Deodati e Francesco Deodati sono accusati di turbativa d’asta in concorso. Leonardo Musumeci, dirigente comunale responsabile del procedimento della gara dei rifiuti, con una determina ha affidato, per 106 giorni, il servizio di spazzamento e raccolta dei rifiuti. Orazio Fazio è accusato nella qualità di direttore dell’esecuzione del contratto dei servizi di igiene urbana con il raggruppamento Ipi Srl – Oikos Spa e, dal 15 maggio del 2017, con il raggruppamento Senesi Spa – Eco. Car Srl. Francesco e Antonio Deodati, amministratore di diritto il primo e “di fatto”, secondo i magistrati, il secondo, della Eco.Car. Srl, tutti insieme sono accusati di aver redatto il bando di gara “prevedendo tempistica di partecipazione idonea ad escludere la partecipazione o comunque l’aggiudicazione di imprese concorrenti rispetto a quella del Deodati, già aggiudicatario del medesimo appalto con la Ipi-Oikos. La magistratura sostiene che gli indagati non avrebbero escluso la Eco.Car nonostante fosse “non in regola” con la documentazione e nonostante la società fosse riconducibile a un legale rappresentante già destinatario di una interdittiva antimafia confermata dal Consiglio di Stato nel 2016.
CORRUZIONE – La Procura di Catania indaga per corruzione Orazio Fazio, Antonio Deodati e Antonio Natoli, classe 1972, dipendente della Ipi srl, dal 2017 dipendente del consorzio Seneco – attuale affidatario in Rti del servizio di raccolta dei rifiuti. Orazio Fazio avrebbe ricevuto “denaro e altre utilità erogate da Antonio Deodati e Antonio Natoli”. Fazio avrebbe contribuito all’aggiudicazione in favore della Senesi-Ecocar dell’appalto “inducendo sorveglianti e dipendenti del Comune di Catania a non segnalare i disservizi del raggruppamento Ipi-Oikos e Senesi-Ecocar”. Il funzionario di fiducia di Bianco avrebbe fornito notizie riservate sulla procedura di gara indetta dal Comune di Catania e avrebbe messo “la propria funzione al servizio degli interessi delle imprese di Antonio Deodati, ricevendo le elargizioni erogate da Antonio Deodati e Antonio Natoli”.
Antonio Deodati, amministratore della Ipi e amministratore “di fatto” della EcoCar e la sua “longa manus” Antonio Natoli, avrebbero erogato a Fazio alcune “utilità”: 7mila euro per un viaggio a Barcellona, il finanziamento per un viaggio natalizio a Ortisei; 20mila euro per ristrutturare casa, un cellulare, un computer e l’assuzione di 5 soggetti.
Fazio conversa con un dipendente che un anno fa avrebbe dovuto redigere una relazione, in cui avrebbe dovuto segnalare un disservizio. Fazio però chiede apertamente il favore. “Non gli scriva “disservizio”, la prego. Mi scusi – non ci scriva disservizio”, quasi una supplica. E quando il dipendente manifesta le sue perplessità Fazio, in modo netto e cristallino, afferma che si sarebbe assunto ogni responsabilità. Ironizzando anche sull’ipotesi di arresto. “Arrestano me, non si preoccupi. Non ne ho rubato soldi io… ne lei e neanche io … Allora mi ascolti. Io alle nove vengono loro . . . io alle nove e mezza vengo io e ci faccio le foto. Stia tranquillo… vengo io alle nove e mezzo vengo io e ci faccio le foto. Stia tranquillo!”, parole quasi profetiche, pensando il giorno del blitz gli ufficiali della Dia si sono presentati a casa sua per ammanettarlo. E dopo le perquisizioni hanno trovato diversi soldi in contanti. Migliaia di euro.
In un’altra occasione, Fazio pare arrivare troppo in ritardo. “Non mi faccia partire il ‘disservizio’”, supplica ancora. Ma le carte sono già state redatte. “ Dottore Fazio oramai son fatte le cose… non posso fare più nulla!“ – A quel punto parte il sonoro rimprovero: “Ma lei deve chiamare me! Perché ci sono cose che non …vabbè…”. Il dipendente, messo alle strette, promette di avvertirlo. E lo liquida. “Non lo sapevo. La prossima volta la chiamo, tranquillo… non succede allora più, la prossima volta lo dico a lei e… sarà per la prossima volta. Buongiorno”.
A quel punto, per evitare problemi in futuro e anche dopo l’assegnazione della gara ponte Fazio gestiva le segnalazioni sui disservizi “nell’interesse – scrivono gli investigatori – pressoché esclusivo, della controparte”.
Le cimici della Dia sono piazzate anche nell’ufficio di Orazio Fazio. Il 25 luglio 2017 (gara ponte già espletata, ndr), il funzionario comunale arrestato discuteva di alcune problematiche con Natoli, uomo di fiducia di Antonio Deodati. I due, forse per non essere troppo notati, avrebbero concordato di effettuare poche segnalazioni.
Natoli: “La realtà è che qualcosa è giusto che passi perchè non può essere zero..qualche cosa poi l’amma a scrivere…la devi scrivere….al 99% è spazzamento…perchè sulla raccolta, anche se c’è un problema lo recuperiamo sempre nei tempi e nei modi previsti….”.
Fazio in un’altra intercettazione rivendicava il suo ruolo di dominus: “Poi non sono loro a decidere le penali, le penali le debbo fare io. Perché loro non sono nessuno!”
Ma non si fa niente per niente. Parlavamo di regali. Il 19 luglio 2017, Antonio Natoli parlando in auto con i cugini Antonio e Francesco Deodati, spiegava che Fazio aveva avanzato “l’ennesima richiesta – scrive il Gip – avente ad oggetto, questa volta, l’acquisto di uno smartphone Samsung Galaxy S8 e di un computer portatile HP da regalare al proprio nipote”. In passato invece avrebbe ricevuto almeno due vacanze che sarebbero costate 6000 euro (“Orazio adesso è andato in villeggiatura e ha rimesso una fattura di circa 6000 €uro, documento che ha Fabiola e che ciò è vergognoso”). E parlando di passato, secondo il Gip il riferimento è “agli interessi in gioco riguardanti il precedente Rti, comunque riconducibile al Deodati”.
Le cimici registrano la prenotazione. Un viaggio completo a Barcellona per 5 persone. Vitto e alloggio. Il conto di oltre 6 mila euro è pagato da “Villa Sofia Srl., società – che si legge negli atti della magistratura – con sede in Roma che si occupa della gestione di pubblici esercizi controllata per il 10% da Angelo Deodati e per il 90% dalla “Cavatras S.R.L.”, quest’ultima appartenente, in parti uguali, agli indagati Angelo Deodati e Antonio Deodati”.
FALSO – C’è anche un capo d’accusa per falso, che vede indagato Fazio con Salvatore Catanzaro, dipendente del Comune di Catania, sorvegliante nel settore dei rifiuti; insieme avrebbero omesso di attestare i disservizi addebitabili al raggruppamento che gestiva il settore dei rifiuti.
IL RAGIONIERE – Altro capo d’accusa per corruzione vede indagato Massimo Rosso, direttore della ragioneria del Comune e presidente del Cda della Srr, società per la regolamentazione del servzio di gestione dei rifiuti della provincia di Catania, avrebbe adeguato le tempistiche delle procedure di pagamento alle esigenze delle imprese, avrebbe anche fornito consigli “sulla più conveniente gestione del contratto in essere con il Comune di Catania pur essendo in conflitto di interessi”. E ancora, Massimo Rosso avrebbe fornito “notizie riservate sulla procedura di gara” e avrebbe messo la propria funzione “al servizio degli interessi delle imprese ricevendo elargizioni”.
Gli imprenditori avrebbero pagato il canone di locazione, 700 euro al mese, di un appartamento romano in cui alloggiavano le figlie di Rosso e avrebbero assunto a tempo indeterminato i fidanzati delle stesse ragazze. Torniamo all’appartamento romano occupato dalle due universitarie che ritorna più volte nelle intercettazioni. Ne parla anche Antonio Natoli, uomo di fiducia e “longa manus” dell’imprenditore. Il fedelissimo di Deodati conversa con altre due persone facendo pure qualche calcolo in termini di costi e benefici basato sulla durata degli studi universitari delle figlie del super dirigente Rosso.