"Il Pd sopravvive se unito | Ecco perché Faraone sbaglia" - Live Sicilia

“Il Pd sopravvive se unito | Ecco perché Faraone sbaglia”

Intervista a Baldo Gucciardi. Il dem si è schierato con Piccione. "I manager della Sanità? Molti nomi noti".

L'INTERVISTA
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5 min di lettura

PALERMO – Baldo Gucciardi è stato un big della corrente renziana in questi anni. Ma a questo giro, l’ex assessore alla Sanità, dem della prima ora ed esponente del cattolicesimo democratico che confluì nella Margherita prima e nel Pd poi, si è sganciato dall’area che fa capo a Davide Faraone. E al congresso regionale sosterrà Teresa Piccione. Una scelta che il politico trapanese spiega con la necessità per il Pd di tornare a parlare “alla testa e ai cuori” della gente, superando divisioni e polemiche.

Onorevole Gucciardi, alla riunione che ha formalizzato la discesa in campo di Faraone lei c’era. Cosa non l’ha convinta di quella decisione?

“Non mi ha convinto la contraddittorietà delle scelte che variavano di ora in ora. Fino a qualche minuto prima si pensava a una figura nuova, che tendesse all’unità, che è quello che avevamo concordato con Davide (Faraone, ndr), Peppino Lupo, Fausto Raciti. Nel momento in cui io non sono stato neppure avvisato di tutto questo, capisco che c’è in sottofondo una dis-unità. Il partito che deve affrontare il congresso della sopravvivenza non si può permettere di disorientare chi dovrebbe tornare a sperare nelle prospettive del Pd e nelle proposte che il Pd ha il dovere di fare se vuole tornare a essere interlocutore dei cittadini. E in questo momento non lo è affatto”.

Questo si vede anche nei sondaggi. Per non parlare dei risultati elettorali in Sicilia.

“Siamo spariti non solo dal cuore ma anche dalla testa dei cittadini. Dire rispetto ai problemi: ‘non siamo d’accordo con Salvini o con Di Maio’ non interessa un fico secco alla gente. Noi dobbiamo avere una politica diversa, alternativa”.

Ma questo lo dice anche Renzi. E lei è stato vicino alla corrente renziana in questi anni.

“Non esageriamo. Non ci sono i cervelli all’ammasso. Ci son livelli diversi di responsabilità. L’essere renziano no vuol dire molto, non mi sono mai convertito a questa sorta di logica di appartenenza. Che è un po’ quello che si ispira come tradizione del cattolicesimo democratico. Non la logica dell’appartenenza ma la logica dei comportamenti. Noi non siamo riusciti a convincere i cittadini a novembre e alle Politiche siamo andati persino indietro. Pur con Gentiloni e i nostri governi che avevano fatto qualcosa di buono, anzi, più che qualcosa. È evidente che si è spezzato quel filo di cui parlavo: siamo usciti fuori dalla testa dei cittadini”.

Perché la convince la candidatura di Teresa Piccione?

“Teresa è una che ha sempre lavorato per l’unità. Non mi pare che debba dimostrare qualcosa. Ognuno deve lavorare perché la propria proposta sia il più possibile unitaria. Voglio mutuare un vostro titolo che è drammatico, non possiamo arrivare al punto che ci vuole il gps per capire qual è la politica dei democratici. Dobbiamo dividerci su proposte, non su nomi Si era fatto pure il mio di nome e io ho sempre detto che ci voleva una soluzione terza che tendesse all’unità. Invece ci si divide. Immagino che le scelte fatte da Davide Faraone siano in buona fede, ma non sono le scelte giuste. Ci tengo a dire che anche oggi che siamo divisi il nostro dovere morale è lavorare per l’unità del Partito democratico”.

Ma il Pd siciliano a questo giro secondo lei rischia di autoannientarsi?

“È normale. Se vogliamo rientrare nella testa degli italiani non possiamo farlo proponendo scontri, polemiche, paludi. O impedendo che si facciano i congressi provinciali e comunali. Eppure la commissione regionale per il congresso pensa di fermare tutto e di celebrare solo il congresso regionale. Io non credo che sia questo che vuole la gente. Dobbiamo piuttosto provare a riaprire i circoli. Altrimenti sarà un problema anche aprire i gazebo dove far votare gli elettori. Se escludiamo i territori e continuiamo con questa politica verticistica, i territori si sentiranno sempre più abbandonati. I congressi comunali e provinciali sono prioritari. Proviamo a tornare a essere razionali”.

Non è che c’è il rischio che qualcuno abbia già deciso che da questo Pd prima o poi uscirà?

“Non posso crederci. Se Faraone ci mette la faccia, candidandosi alla segreteria regionale, non posso immaginare che la strategia sia quella di andare via. Che ci sia la tentazione di cambiare nome, di tentare di superare l’assenza di proposta, è noto, ma non si supera così. Un partito non è il suo nome. È ciò che c’è dentro le storie che rappresenta e il Pd rappresenta una sintesi di storie importanti. Che vanno al di là del destino politico di ognuno di noi”.

Il Pd è nato come il partito della sinistra riformista italiana. E’ possibile che non ci sia più voglia di parlare di sinistra?

“Il Pd è nato come sintesi tra Margherita e Ds. Nella Margherita c’erano i cattolici democratici, popolari, parte dell’esperienza socialista, i laici, gli ambientalisti. Rappresentavamo una parte centrale della politica di questo Paese. E vorrei ricordare che il Partito democratico è entrato nel Partito socialista europeo perché l’ha voluto Matteo Renzi. Non credo che ci sia un problema di chi vuole la sinistra, nella consapevolezza che parliamo di categorie politiche di un’altra era, di fine ottocento”.

Mettendo da parte il Pd, le chiedo come valuta, da ex assessore alla Sanità, le nomine dei manager e la rete ospedaliera. Che idea si è fatto delle mosse del nuovo governo?

“Per la rete ospedaliera aspettiamo il responso dei ministeri affiancanti. Per quanto riguarda le nomine, seppure con ritardo, era assolutamente indispensabile procedere. Io non le ho potute fare perché l’Ars approvò una legge che è stata dichiarata incostituzionale, contro il governo. Quella legge non ha consentito di fare le nomine come si dovrebbe”.

Che idea ha dei nuovi manager?

“Moltissimi sono più che conosciuti. Quanto a chi non conosco, immagino che avendo i requisiti ed essendo stato valutato da una commissione che ha fatto il suo lavoro sono certo con scrupolo, potrà contribuire a ripartire superando l’incertezza della temporaneità delle vecchie nomine che non era responsabilità del vecchio governo ma di chi votò una legge palesemente contro la Costituzione. Qualcuno allora pensò di fare opposizione facendo opposizione ai siciliani”.

 


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