Migranti torturati in Libia| Condannato a 24 anni - Live Sicilia

Migranti torturati in Libia| Condannato a 24 anni

Foto di archivio

I drammatici racconti dall'inferno dal campo di prigionia denominato "il ghetto di Alì"

PALERMO – Era l’ultimo dei tre imputati a dovere essere giudicato. Il nigeriano Gift Deji è stato condannato a 24 anni di carcere dalla Corte di assise di Agrigento. Assieme al connazionale John Ogais e al ghanese Sam Eric Ackom sarebbe responsabile delle torture subite dai migranti in un campo di prigionia in Libia.

Ogais e Ackom furono i primi imputati ad essere condannati all’ergastolo per avere ucciso, seviziato e violentato le vittime in un campo di prigionia. 

Ogais fu arrestato nel Cara “S.Anna” di Isola di Capo Rizzuto dai poliziotti delle squadre mobili di Agrigento e Crotone e dallo Sco, su richiesta del procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dei pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia Calogero Ferrara e Giorgia Spiri. era uno dei torturatori nella prigione di “Alì il Libico”, e cioè l’uomo che gestiva il campo dove venivano ammassati i migranti prima di imbarcarsi in uno dei tanti viaggi della speranza verso la Sicilia.

“Durante la mia permanenza all’interno di quel ‘ghetto’ da dove era impossibile uscire ho sentito che l’uomo che si faceva chiamare Rambo ha ucciso un migrante. So che mio cugino e altri hanno provato a scappare e che sono stati ripresi e ridotti in fin di vita, a causa delle sevizie cui sono stati poi sottoposti”: cominciava così il drammatico racconto di una delle vittime.

“Vi era un altro tale Rambo della Nigeria – confermò un altro testimone – sono stato torturato con i cavetti elettrici in tensione. Mi facevano mettere i piedi per terra dove precedentemente avevano versato dell’acqua. Poi azionavano la corrente elettrica per fare scaricare la tensione addosso a me. Subivo delle scariche elettriche violentissime. Questo avveniva circa due volte alla settimana. Alcune volte mi picchiavano, in varie parti del corpo, con dei tubi. Alcune volte mi legavano le braccia e poi mi appendevano in aria, per picchiarmi violentemente”.

“Una volta – proseguiva il drammatico racconto – ho avuto modo di vedere che il nigeriano, ha ucciso dopo averlo imbavagliato e torturato a lungo, un migrante suo connazionale che si trovava lì con noi”.

 

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