Gli eredi di Riina e Provenzano| Condanne e assoluzioni - Live Sicilia

Gli eredi di Riina e Provenzano| Condanne e assoluzioni

Carmelo Gariffo e Antonino Di Marco

La sentenza di appello ricalca il verdetto di primo grado.

PALERMO - IL PROCESSO
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PALERMO – Arriva qualche sconto di pena, ma la sentenza di appello ricalca il verdetto di primo grado. Il processo era quello che vedeva imputati gli eredi di Totò Riina alla guida del mandamento mafioso di Corleone. Compreso il nipote di Bernardo Provenzano. Il processo nasceva al blitz dei carabinieri denominato “Grande passo 4” che azzerò i clan mafiosi di una fetta della provincia palermitana.

Ecco le condanne inflitte dalla Corte di appello: 14 anni e 10 mesi (pena confermata) per Carmelo Gariffo, nipote di Provenzano che, scarcerato nel marzo del 2014, avrebbe cercato di tornare nel giro; 8 anni e 4 mesi per Paolo Masaracchia, considerato il capomafia di Palazzo Adriano (sconto di un anno e cinque mesi); 8 anni e 8 mesi (conferma) per l’allevatore Bernardo Saporito, che faceva anche da autista a Gariffo. Ed ancora: Antonino Di Marco (è passata la linea degli avvocati Antonio Di Lorenzo e Filippo Libero e la pena è scesa da 6 anni a un anno e 10 mesi in continuazione con una precedente condanna), Leoluca Lo Bue, figlio del capomafia Rosario, (9 anni, uno in meno del processo di primo grado), e Vito Filippello (8 anni, confermati).

Confermata l’assoluzione per Vincenzo Pellitteri (avvocati Di Lorenzo e Liberto.) Assolti anche i due omonimi Francesco Geraci di Corleone.

Gariffo in cella c’era già finito nel 2006. Faceva da postino allo Provenzano, smistava i pizzini e convocava appuntamenti del latitante che si rifugiava a Montagna dei Cavalli. Dopo avere scontato la pena Gariffo ha creduto di potersi riprendere il posto che spetta a chi porta un cognome come il suo. Solo che nel momento della sua scarcerazione il suo principale punto di riferimento, lo zio Binu, era detenuto e non poteva sponsorizzarne il ritorno al potere. Se avesse scalzato il nuovo capo mandamento Rosario Lo Bue senza autorizzazione “il primo mio zio – diceva Gariffo – mi avrebbe rotto le gambe lui stesso”. E allora gli toccò temporeggiare, cercando di trovare alleati e sfruttando il malcontento provocato dalla gestione della cassa da parte dei Lo Bue.

 


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