"Vito Ciancimino era mio padre | L'angoscia è la nostra condanna" - Live Sicilia

“Vito Ciancimino era mio padre | L’angoscia è la nostra condanna”

Parla Luciana Ciancimino. I sensi di colpa, le esclusioni. E un desiderio: una vita normale.

PALERMO– “Noi figli della mafia, innocenti, siamo condannati all’infelicità. E’ come avere un cancro morale, come essere segnati da una macchia indelebile. Non abbiamo colpa e siamo rimasti fregati”. Conosco Luciana Ciancimino da qualche anno. Avremmo dovuto scrivere insieme un libro, ma poi non se n’è fatto niente. Molte volte ho ascoltato il racconto di un dolore e di una storia che, comunque, non lasciano indifferenti. E, in conclusione, una domanda che rimbalza: la mafia è orribile, orribili sono i suoi accoliti e meritano una durissima condanna. Ma qual è la colpa di chi ha l’unico torto di indossare un cognome pesante? Di recente, il nome di don Vito Ciancimino è tornato alla ribalta per una vicenda di tombe e cimiteri. Sua figlia Luciana, a margine, si confessa in un’intervista. Che parla dei vivi.

Il nome di suo padre è risalito dall’oblio a filo della cronaca…

“Ed è stata un’angoscia incredibile. E’ un’angoscia incredibile ogni volta che capita. Quasi una maledizione”.

Perché?

“Perché si riparla, fatalmente, della famiglia, di noi figli. Io vorrei soltanto la normalità per me e per le persone che amo. Pace, silenzio e normalità. Le sembra chiedere troppo?”.

Suo padre era un mafioso.

“E io che c’entro. Io non ho fatto mai del male a nessuno. Anzi, nella mia vita ho fatto solo del bene. E voglio bene a molte persone che vogliono bene a me”.

E allora?

“E allora ci sono quelli che, appena saputo il cognome, ti escludono, non apertamente, sottilmente. Ti disprezzano, ti giudicano e ti odiano. E quest’odio te lo senti addosso. Sì, è un cancro che ti divora. Io ho paura…”.

Lei ha paura?

“…Di stringere la mano a qualcuno e presentarmi. Magari l’interlocutore prima ti sorrideva ed era disposto a considerarti solo un essere umano, a valutarti per quello che sei. Il cognome è una barriera. Lo pronunci e ti senti subito allontanata. Anche ai miei figli, che sono dei ragazzi, è capitato di subire episodi di discriminazione. E comunque si avverte nell’aria un clima di odio collettivo. Non va bene. Si può morire di odio”.

Lei ha sofferto molto?

“Io soffro, terribilmente, anche per sensi di colpa che in teoria non dovrei avere. Soffro. Ho un buco nero dentro. E credo che tutti i figli innocenti di mafia, per definirci così, ce l’abbiano”.

C’è chi vi critica con questa motivazione: siete figli del privilegio, di una ricchezza costruita sul sangue.

“Le assicuro che io non ho avuto mai niente in forza del mio cognome. Casomai ho perso moltissimo. Sono una persona perbene che tenta di condurre una vita dignitosa, a prezzo di grandi difficoltà”.

Rinnegherebbe suo padre?

“Mai”.

Perché?

“C’è un aspetto pubblico di Vito Ciancimino che non condivido e che condanno, anche se su certe cose ho le mie idee che tengo per me. La mafia è la mostruosità che ha divorato e divora la nostra terra. Da siciliana la combatto e la disprezzo. E combatto e disprezzo la mentalità mafiosa”.

Però?

“Quell’uomo era mio padre. L’ho amato. Mi ha amata. E’ così difficile da capire? Come si può rinnegare l’amore che ti ha salvato la vita? Non posso dimenticare l’amore per lui, che dura oltre la sua morte. Sarebbe, da figlia, un gesto di vigliaccheria. Io prego per lui. Io parlo con lui”.

E cosa gli dice.

“Che l’amore è infinito e che supera i nostri confini umani e le nostre piccolezze. Perfino i nostri errori più grandi”.

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