Il boss Bonura ai domiciliari | “Sta male, fine pena fra 9 mesi” - Live Sicilia

Il boss Bonura ai domiciliari | “Sta male, fine pena fra 9 mesi”

La scarcerazione del mafioso palermitano scandalizza. I legali: “Solo strumentalizzazioni”

PALERMO – Francesco Bonura, 78 anni, boss detenuto al 41 bis, lascia il carcere. Gli sono stati concessi gli arresti domiciliari. Il magistrato di Sorveglianza di Milano ha deciso il differimento della pena.

Un pericoloso capomafia, della zona dell’Uditore, torna a casa godendo di un improvviso beneficio dovuto all’emergenza Coronavirus che impone di arginare il sovraffollamento delle carceri: monta lo scandalo.

Durissime, ad esempio, le parole del magistrato Antonino Di Matteo, prima alla  Direzione nazionale antimafia, oggi al Csm ed ex pubblico ministero del processo palermitano sulla Trattativa Stato-mafia. Ed è al patto con fra boss e istituzioni che la sua memoria rimanda: “Una ulteriore grave offesa alla memoria delle vittime e all’impegno quotidiano di tanti umili servitori dello Stato. Lo Stato sembra aver dimenticato e archiviato per sempre la stagione delle stragi e della trattativa stato- mafia. Lo Stato sta dando l’impressione di essersi piegato alle logiche di ricatto che avevano ispirato le rivolte”.

“Una vergogna nazionale: Francesco Bonura, capomafia di Palermo, condannato a 23 anni, rinchiuso con il 41 bis, uomo di Provenzano – attacca Matteo Salvini – è uscito perché rischiava di ammalarsi ed è a casa, ai domiciliari con la moglie. Prima di lui Vincenzo Iasannazzo, condannato per ndrangheta, ritenuto boss di Lamezia Terme. E potrebbe uscire, tra gli altri, anche Nitto Santapaola. E’ una vergogna”.

Duro il commento anche del sindaco di Palermo Leoluca Orlando: “Al di là del comprensibile smarrimento che la notizia ha creato nei familiari delle vittime di mafia, non si può non sottolineare che il trasferimento ai domiciliari per il boss Francesco Bonura e per Giuseppe Sansone appare una palese contraddizione dei motivi stessi per cui sarebbe stato disposto. Nel momento in cui da mesi si sostiene che l’isolamento e la quarantena sono le forme migliori di prevenzione e tutela della salute, credo che proprio il regime di 41-bis sia paradossalmente la migliore forma di tutela della salute per i detenuti, per gli operatori carcerari e per i familiari dei detenuti. Esporre il boss ai rischi di contagio che derivano dal farlo andare in un ambiente non protetto credo sia un atto cui mi auguro che il Tribunale ponga immediatamente rimedio”.

Tecnicamente si chiama differimento della pena. Il giudice di Milano ha stabilito che Bonura, detenuto a Opera, può finire di scontare la condanna agli arresti domiciliari “anche tenuto conto dell’attuale emergenza sanitaria (quella per il Coronavirus) e del correlato rischio di contagio indubbiamente più elevato in un ambiente ad alta densità di popolazione come il carcere che espone a conseguenze particolarmente gravi i soggetti anziani ed affetti da serie patologie pregresse”.

Bonura mafioso lo è stato davvero. Lo arrestarono nel 2006 nel blitz Gotha. Faceva parte della Cosa Nostra disegnata da Bernardo Provenzano, di cui è stato fedele alleato.

Chi grida allo scandalo non tiene conto di alcune circostanze. Bonura è stato condannato a 18 anni e 8 mesi di carcere (non 23 come dice Salvin, ndr) e fra nove mesi avrebbe finito di scontare la sua pena. Il giudice ha “ragionevolmente escluso” il pericolo di fuga e il rischio di reiterazione del reato. Il perché non possa ragionevolmente né scappare, né commettere nuovi reati, lo spiegano i suoi legali, gli avvocati Giovanni Di Benedetto e Flavio Sinatra: “Abbiamo letto e sentito sulla vicenda affermazioni improprie e strumentali. Nel contesto della lunga carcerazione Bonura ha subito un cancro al colon, è stato operato in urgenza e sottoposto a cicli di chemioterapia; di recente i marker tumorali avevano registrato una allarmante impennata. Se a tutto ciò si aggiunge, come si deve, l’età ed i rischi a cui la popolazione carceraria, vieppiù a Milano, è esposta per il Coronavirus risulta palese la sussistenza di tutti i presupposti per la concessione della detenzione domiciliare in ossequio ai noti principi, di sponda anche comunitaria, sull’umanità che deve sottostare ad ogni trattamento carcerario. Del tutto errato è altresì il riferimento al recente decreto cosiddetto ‘Cura Italia’ che non si applica al caso di specie e che non ha nulla a che vedere con il differimento pena disposto per comprovate ragioni di salute e sulla base della previgente normativa. Ripetiamo: ogni vicenda va affrontata nel suo particolare altrimenti si rischia di scadere in perniciose e inopportune generalizzazioni che alterano la realtà”.


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