Bellia, lockdown e scomparsa| Sacerdote, studioso e giornalista - Live Sicilia

Bellia, lockdown e scomparsa| Sacerdote, studioso e giornalista

Intellettuale raffinato e predicatore infaticabile, è andato via nel silenzio del lockdown.

Don Giuseppe Bellia è andato via, il 12 marzo scorso, nel vuoto silenzio del lockdown, senza che la comunità potesse stringersi attorno nell’ultimo saluto delle esequie. Un vero e proprio cortocircuito per chi di funerali ne ha celebrati tanti in vita, assieme a matrimoni e battesimi. Come ogni prete, del resto. Ma ai tempi del Covid è successo anche questo, da Nord a Sud. Una tristezza che si somma alle tante altre incertezze di un momento che suscita e susciterà profondi interrogativi. Bellia non è una vittima del Covid, soffriva già da tempo di un male altrettanto caparbio. Un male che ha vinto, ma non lo ha vinto. Che non lo ha piegato moralmente, spiritualmente e intellettualmente. 

La ricerca

Un intellettuale, sì. Un biblista dal forte carisma, con cattedra presso la Pontificia facoltà teologica di Sicilia San Giovanni Evangelista di Palermo. E giornalista. Don Giuseppe ha lavorato fino alla fine. A inizio marzo, per un’ultimissima volta ha inviato a una vasta platea di cultori i testi per la lectio divina sulle letture domenicali. Ecco le parole che hanno accompagnato quegli allegati destinati alla meditazione: “Sale chi prega e chi ama, il cui io si placa nel silenzio, il cuore in pianti si fa puro e tetri pensieri si diradano”. Il senso va nella direzione della pacificazione interiore. L’ultimissima lezione ci dice questo ed è coerente con un’insegnamento infaticabile, ma allo stesso tempo severo, esigente, totalizzante.

Giuseppe Bellia ha firmato un’opera assai vasta. Parte di essa deve ancora essere raccolta e sistemata. Tra predicazione, divulgazione e ricerca scientifica, ha dedicato l’intera missione pastorale a sevizio della Parola, allo studio e all’interpretazione cioè della Bibbia cristiana. Suo maestro è stato Giuseppe Dossetti, il padre della Costituzione divenuto poi monaco. Tra i personaggi a cui ha dedicato studi monografici ci sono Dietrich Bonhoffer (il teologo e pastore evangelico che attentò alla vita di Adolf Hitler), padre Gabriele Maria Allegra e Charles de Foucauld. 

La predicazione no mafia

Tra fede e impegno civile, ha pensato a una chiesa diversa (più aperta alla profezia) e a una società meno egoista. Dopo anni in Toscana, torna a vivere in Sicilia mentre Cosa Nostra sferra il suo attacco finale alle istituzioni repubblicane. Nel martirio di padre Giuseppe Puglisi legge subito un messaggio indirizzato a tutto il clero siciliano e rientra nell’Isola. 

In occasione della beatificazione del prete di Brancaccio, parlando a LiveSicilia aveva espresso tutte le sue inquietudini. “Puglisi ha tentato di togliere quella manovalanza su cui l’ignoranza fa progredire i futuri uomini di mafia – spiegava – Uomini che, il più delle volte, come nel caso del pentito che lo ha ucciso, sono delle semplici marionette. L’opera di Padre Puglisi è stata quella appunto di seminare speranza. Perché tutte le volte che un uomo, ed in particolare un prete, può fare credere che una situazione di invivibilità può cambiare, lì c’è profezia”. Ma c’è un ma: “La celebrazione di padre Puglisi – insisteva Bellia – non mi pare abbia una seguito popolare degno di un martire. Oggettivamente la gente è indifferente”.

Il congedo

L’11 giugno, finito il lockdown, l’arcivescovo di Catania Salvatore Gristina ha presieduto la messa in memoria del presbitero etneo e lo ha fatto dall’altare della chiesa di Santa Maria della Mercede dove il biblista era parroco. Il laico Emiliano Luca, per anni suo collaboratore e amico, nel ricordarlo ha sottolineato una delle cifre caratteriali più evidenti: l’ironia. “Un giorno – racconta – gli scrivo un messaggio: Dove sei? Lui risponde: Sono dalle 7 al Policlinico. Gli chiedo a fare che? Lui risponde: A fare contenti i medici e ravvivare gli ambienti dell’Ospedale. Il giorno dopo – continua la testimonianza – gli suono per portargli la colazione, ma lui sta molto male, non riesce a camminare. Non mi risponde. Allora gli scrivo: Dove sei? E Lui mi risponde: In paradiso ma discendo. Questa allegrezza dello Spirito – spiega Luca – gli proveniva dalla Pace. La Pace, con la P maiuscola, che lui augurava a tutti, ogni volta che saluta e conclude un discorso”. Ecco, oltre ai libri, forse è questa l’ultima e più importante eredità. La Pace, appunto.   

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