Duplice omicidio tra gli agrumeti|Incidente probatorio verso rinvio - Live Sicilia

Duplice omicidio tra gli agrumeti|Incidente probatorio verso rinvio

Sono ancora tanti i punti oscuri nella dinamica di quella tragica notte di febbraio.

LENTINI – Si è alzato il muro del silenzio sul duplice omicidio avvenuto tra gli agrumeti di Lentini lo scorso 10 febbraio. Le indagini però, coordinate dalla Procura di Siracusa e condotte dalla Squadra Mobile aretusea, non si sono mai fermate. Restano ancora dei punti bui sulla ricostruzione di quella tragica notte d’inverno: quando Giuseppe Sallemi e Luciano Giammellaro, indagati e arrestati, avrebbero imbracciato il fucile e fatto fuoco. Massimo Casella è stato trovato dietro un casolare diroccato con le formiche sul volto, mentre il giovane Agatino Saraniti, di appena 19 anni, è stato rinvenuto quasi nudo in un canalone a qualche centinaia di metri di distanza. Era ricoperto di foglie secche.

Gaetano Signorelli è, invece, vivo per miracolo. È riuscito a fare una telefonata che ha portato delle persone da Librino fino ai campi della Piana. Aveva paura che lo trovassero e lo ammazzassero: per un po’ di tempo ha sentito i due guardiani gironzolare. Invece, dopo un’ora, ha sentito il suono del clacson dell’auto e una voce che lo chiamava. La salvezza.

È stata la sua testimonianza, ma anche le intercettazioni della Squadra Mobile di Siracusa a permettere di acciuffare il secondo complice. Luciano Giammellaro sin dall’inizio si è dichiarato innocente. Eppure il figlio del 70enne fermato, durante una conversazione captata dalla polizia, ammette “che c’è scappato il morto…anzi i morti”. Una prova di grande valenza per gli investigatori che mettendo insieme i pezzi del puzzle sono arrivati all’arresto di Giammallaro che si era rifugiato a casa di un parente per evitare l’arresto. Della sua presenza nell’agro di Lentini, c’è anche un’altra testimonianza che avrebbe raccolto l’angoscia dell’anziano guardiano a poche ore del delitto. Solo terrore però, nessun coinvolgimento diretto nelle fucilate.

Giuseppe Sallemi ha sempre confermato la prima versione fornita alla polizia sulla “legittima difesa” per aver “subito minacce” dai catanesi. La ricostruzione dei due però non collima con quanto ha raccontato il ferito: gli spari di Sallemi contro se stesso e Massimo Casella, e poi quell’inquietante inseguimento con Agatino che “pregava” il 70enne di non ucciderlo. Molte risposte potranno arrivare dalla perizia balistica che doveva essere depositata in questi giorni, ma i consulenti hanno chiesto alla Procura una proroga di qualche settimana per ultimare la relazione.


È fissata per domani, invece, l’udienza davanti al Gip per l’incidente probatorio. Ma il difensore di Giammellaro, l’avvocato Davide Giugno, ha chiesto un rinvio affinché il confronto tra le parti si svolga di presenza e non in video conferenza. E pare che la richiesta sarà accettata e quindi sarà programmata una nuova data, forse verso la fine di luglio.

Sono tante le contraddizioni che emergono nella ricostruzione di quanto è accaduto prima e dopo le fucilate. Molte dichiarazioni rilasciate a caldo, sono state ritrattate qualche giorno dopo. Come il fatto che Massimo Casella già conoscesse Giuseppe Sallemi e il furto delle arance fosse frutto di una sorta di “accordo” collaudato. Ma i testimoni, risentiti dagli inquirenti, questa parte del racconto non l’hanno più confermata. E tra le prime testimonianze acquisite è stato messo nero su bianco anche di una minaccia che sempre Casella avrebbe ricevuto una settimana prima del duplice omicidio. Dettagli anche questi smentiti in un secondo momento. Per i familiari di Massimo si deve scavare ancora. E non hanno intenzione di mollare, finché non avranno (totale) giustizia. 

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