Covid, migranti e ordinanze|Un agosto di caos - Live Sicilia

Covid, migranti e ordinanze|Un agosto di caos

L'ordinanza di Musumeci sulla chiusura degli hotspot e i conflitti con la Costituzione
SEMAFORO RUSSO
di
5 min di lettura

PALERMO – A volte mi domando se esiste un altro Paese in cui quotidianamente si assiste a un profluvio di dichiarazioni e interviste sui giornali, post e video sui social di politici, medici, scienziati, avvocati, professori, cantanti, attori, commercianti, imprenditori e ricconi vari sulla gestione dell’emergenza sanitaria più grave che il mondo abbia vissuto negli ultimi decenni come in Italia. In larga parte esternazioni contro il governo. Ovviamente senza che nessuno di costoro abbia mai avuto o abbia in atto la benché minima responsabilità sul come affrontarla, senza che nessuno di costoro si cimenti in proposte costruttive per indicare soluzioni a cui, per carità, può accadere, non si è pensato. Esternazioni a iosa per minare le fondamenta di un governo che già di grattacapi ne ha a vagonate, certamente in misura maggiore di un qualunque governo precedente in tempo di pace.

Non si tratta di affidarsi a occhi chiusi, pratica estranea a chi scrive, ma l’esecutivo guidato da Giuseppe Conte ha dovuto o deve, nello stesso istante si badi bene, affrontare in casa un’emergenza sanitaria planetaria devastante, i suoi andamenti difficilmente calcolabili, il tracollo economico da essa derivante, la fatica di reperire risorse a livello europeo per risollevarsi, i timori per la riapertura delle scuole, indispensabile ma densa di incognite, gli sbarchi autonomi dei migranti non risolvibili con bombe a mano e mitragliatrici, tanto meno con gli insicuri “decreti sicurezza” di salviniana memoria, il martellamento continuo di governatori e sindaci che invece di dare una mano vogliono lucrare consensi assecondando interessi economici parziali o il ventre degli elettori, una marea di fake news sotto la regia di populisti, estremisti di destra e sovranisti e, infine, pure le trovate pseudo giuridiche di azzeccagarbugli che inondano le Procure della Repubblica con esposti contro premier e ministri accusandoli di atroci delitti, rigorosamente campati in aria. Evidentemente va di moda e le mode, si sa, vanno e vengono. Qui, però, non si tratta di collezioni sartoriali o scarpe, no, qui è in gioco l’immagine e la sostanza delle istituzioni democratiche del nostro Paese.

A tal proposito il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci, dimenticando nella foga pro leghista le più elementari regole di collaborazione tra istituzioni nazionali e regionali, ha proclamato con una ordinanza giuridicamente colabrodo la chiusura in Sicilia di hotspot e centri di accoglienza, decretando che l’Isola non può trasformarsi nel campo profughi d’Italia. Provocando uno scontro senza precedenti con lo Stato. Applausi da Salvini, l’invocazione del simpatico sindaco di Messina a guidare una “sommossa” – magari una marcia su Roma, perché no – e scontata stroncatura del Viminale. Ancora viene richiamato da qualcuno, in modo semplicistico, l’art. 31, 1°comma, dello Statuto della Regione Siciliana che assegna al presidente della Regione il compito di mantenere l’ordine pubblico a mezzo della Polizia di Stato. Non è la sede per un approfondimento ma a prescindere dalla mancanza delle norme attuative e del pieno coordinamento (allineamento) tra Statuto e Costituzione, rimandato in sede di conversione in norma costituzionale dello Statuto stesso (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.2), tale abnorme disposizione si rivela inapplicabile, in collisione con la necessaria unitarietà dell’ordinamento giuridico statale in materia di ordine pubblico. Si violerebbero parecchi articoli della Costituzione, primi tra tutti il principio di uguaglianza e il rapporto tra autorità giudiziaria (potere dello Stato) e polizia giudiziaria ai sensi dell’art. 109. Vedremo gli sviluppi augurandoci un abbassamento dei toni.

Prima di Musumeci, due sindaci (di Trapani e Augusta) hanno vietato, con ordinanze, lo sbarco di 250 migranti dalla nave quarantena “Aurelia”. La prossima mossa sarà dell’amministratore del mio condominio che farà deliberare il divieto di ingresso nello stabile a gente di colore; chissà, potrebbero essere migranti positivi al Covid-19. Al di là delle amare battute siamo davvero alla frutta. La sensazione è di caos totale. Ogni regione, ogni comune vuole fare di testa propria, spesso per nascondere carenze e inefficienze. Ora, non è a causa della mia “avversione” verso le forme spinte di regionalismo e le autonomie speciali in un contesto normativo, l’attuale, stravagante, fonte di contrasti e sballate ripartizioni di competenze (diverso era il disegno originario di Luigi Sturzo), ma continuo a pensare che la gestione di una pandemia essere unica (con le dovute diversificazioni applicative territoriali), in mano agli organi centrali dello Stato (Consiglio dei ministri, Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero della Salute e dell’Interno) e della UE. La Costituzione lo consente (art.32 – tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività –  combinato con l’art.120 – potere sostitutivo del governo nazionale nei confronti di regioni e comuni nei casi elencati nel medesimo articolo), a parte i poteri centrali in caso di emergenza sanitaria formalmente dichiarata (è qui che Musumeci rischia uno scivolone arrogandosi in questo momento eccezionale, non ordinario, poteri esclusivi in materia sanitaria e pure nei casi di sovrapposizione con urgenze legate al flusso migratorio di competenza statale). Regioni e comuni con il proliferare di ordinanze contraddittorie o illegittime stanno creando solo smarrimento tra i cittadini, anche perché non di rado motivate da ragioni propagandistiche ed elettorali.

Non c’è allora da registrare solo irresponsabilità di parecchi italiani rispetto alle disattese precauzioni anti contagio, altro che migranti, insieme a manifestazioni razziste che nulla hanno a che vedere con le necessarie soluzioni da adottare in materia di sbarchi, dobbiamo anche prendere atto dell’ostilità dannosa di alcuni sindaci e governatori e di una necessaria rivisitazione dell’impianto costituzionale – Titolo V – voluto per accontentare ieri la Lega secessionista di Bossi creando oggi, in concreto, un immenso pasticcio nei rapporti tra lo Stato e le regioni.


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