Colpo ai Santapaola-Ercolano Mafia, 21 arresti in tutta Italia

Colpo ai Santapaola-Ercolano|Cosa nostra, 21 arresti VIDEO

Operazione dei carabinieri. Tra gli arrestati il boss La Motta e il suo fedele Antonio Marano, coinvolti nel brutale omicidio di Riposto.
BLITZ A CATANIA
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4 min di lettura

CATANIA – L’hanno chiamato Iddu, così come il nome in codice con cui i sodali chiamavano il capo clan Benito La Motta, il blitz antimafia scattato questa mattina all’alba. I carabinieri, oltre 100 in campo, hanno eseguito a Catania, Milano e Lecce – su delega della Dda di Catania – 21 arresti. È stato messo un freno agli affari del clan Brunetto, in particolare del gruppo di Riposto. (Le foto)

Colpo alla famiglia di Cosa nostra

Tutti gli indagati, destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip, sarebbero affiliati o vicini alla famiglia catanese di Cosa nostra. Le accuse sono, a vario titolo, di associazione mafiosa finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione e lesioni pluriaggravate.

In manette il boss

Un’inchiesta complessa e delicata che ha permesso di scardinare il potere criminale della pericolosa cosca Santapaola-Ercolano. L’indagato chiave è Benedetto La Motta, ritenuto il ‘capo’ del clan Brunetto a Riposto, centro della fascia ionica e storicamente fortino dei referenti giarresi della famiglia catanese di Cosa nostra.

Il killer delle carceri

Tra i fedelissimi di La Motta, il sanguinario 76enne Antonino Marano, conosciuto ai più come il killer delle carceri. Da qualche mese, l’anziano killer è finito nuovamente dietro le sbarre per detenzione di armi e poi gli è arrivata l’ordinanza di custodia cautelare per essere uno degli assassini del giovane Dario Chiappone, brutalmente ucciso nel 2016. Sarebbe stato assoldato proprio da La Motta – contattato dal mandante – per ammazzarlo. Il boss, infatti, è finito in carcere con l’accusa di omicidio poco tempo fa. Tra gli indagati anche Agatino Tuccio, già condannato in primo grado per lo stesso delitto di sangue.

La droga

La droga resta la prima porta di guadagno per le organizzazioni criminali. E anche in questa inchiesta emerge la capacità di costruire piazze di spaccio (di cocaina, hashish e mariujana) in grado di far arrivare soldi facili alle casse del clan e allo stesso tempo radicale il controllo mafioso su intere zone della città. Nel corso dell’indagine – come emerge dal video diffuso dai carabinieri – sono stati sequestrati ingenti quantitativi di marijuana. Le telecamere degli investigatori hanno anche immortalato il recupero a mare di un quantitativo di droga andato perso, forse, durante un trasporto.

Come funzionava la piazza di spaccio

Le piazze di spaccio sarebbero state attive 24 ore su 24 ed erano organizzate con turni e pusher. Gli incassi sarebbero stati di migliaia di euro al giorno. Gli uomini di fiducia dei vertici si sarebbero occupati del reclutamento degli spacciatori, equipaggiandoli di cellulari e moto elettriche. Lo stipendio dei pusher sarebbe stato di 250 euro a settimana.

Le infiltrazioni mafiose

L’operazione antimafia ha avuto due precise direttive di risultato investigativo: da una parte contrastare il potere di controllo del territorio attraverso violenza, intimidazione e presenza ‘militare’ con le piazze di spaccio e dall’altra quello di fermare il flusso, sempre più forte, di infiltrazioni nel tessuto economico e imprenditoriale. Per quest’ultimo aspetto i Carabinieri, sotto il coordinamento della Procura di Catania, hanno impiegato componenti investigative altamente specializzate proprio in questo settore d’inchiesta.

Il ruolo delle donne

Questa indagine, inoltre, attesta ancora una volta il ruolo strategico delle donne all’interno dei clan mafiosi. Capaci di affiancare i ‘mariti’ e i ‘familiari’ negli affari illeciti. E in alcuni casi anche di farne le veci. In manette, infatti, sono finite anche alcune signore.

La moglie del boss

Quando Benedetto La Motta finisce nel 2017 nuovamente in carcere, a prendere il suo posto sarebbe stata la moglie Grazia Messina la quale fino a quando il marito è rimasto dietro le sbarre avrebbe ricevuto i proventi delle estorsioni. Ma il suo carisma criminale emerge quando ordina il pestaggio di un rapinatore che avrebbe commesso l’errore di mettere a segno un colpo a un esercizio commerciale che pagava il pizzo al clan e quindi aveva la protezione della cosca Brunetto. Nelle intercettazioni, in suo nome in codice era Idda o la zia.

Le estorsioni

Sono state documentate cinque estorsioni e un’altra tentata. Un episodio particolare che proviene dall’analisi delle intercettazioni è quello di un commerciante sottoposto a pizzo, che quando viene a sapere dell’arresto dell’esattore decide di consegnare il pizzo direttamente alla moglie di La Motta. Questa scelta è commentata dai sodali, che la ritengono inopportuna in quanto metteva a rischio il vertice della cosca.

I nomi degli arrestati:

Giovanni Bonaccorso, Adbelmajid Boualloucha, Giuseppe Campo, Ornella Cartia, Giancarlo Leonardo Cucè, Paolo Castorina, Benedetto La Motta, Andrea La Spina, Cateno Mancuso, Massimiliano Mancuso, Antonino Marano, Salvatore Marletta, Grazia Messina, Davide Patanè, Liborio Previti, Giovanni Russo, Andrea Sapienza, Tuccio Agatino, Gaetano Zammataro.

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