Le sonate di Lonquich e Altstaedt|E Beethoven risplende - Live Sicilia

Le sonate di Lonquich e Altstaedt|E Beethoven risplende

Una nuova interpretazione delle sonate per violoncello e pianoforte.

Le cinque sonate di Beethoven per violoncello e pianoforte hanno una importanza fondamentale nella storia della musica da camera e nello sviluppo delle sonate per violoncello e pianoforte. Beethoven instaura , per la prima volta , un rapporto assolutamente paritetico tra i due strumenti, emancipando di fatto il violoncello dalla sua funzione tradizionale di accompagnamento come avveniva per esempio nei trii di Mozart, Haydn, o Clementi. Questo mirabile viaggio inizia con il vigore espressivo, talvolta straripante e disordinato, delle due sonate op.5 , per giungere alla straordinaria modernità delle due sonate dell’op. 102 che sono un vero e proprio ponte verso il futuro, un luminoso portale verso un’altra dimensione dei suoni e dello spirito.

Tanti grandi artisti, da Rostropovich e Richter, da Casals e Serkin, da Fournier e Kempff hanno affrontato questi capolavori unici ed affascinanti, ma Alexander Lonquich (nella foto) e Nicolas Altstaedt riescono ancora a stupirci e a dire qualcosa di nuovo pervenendo a una dialettica tra i due strumenti che raggiunge livelli di equilibrio sonoro e di tale intensità tra le parti, da rapirci in un viaggio senza tempo e senza fine. Basta ascoltare , per esempio, l’inizio dell’op. 69, composta da Beethoven nel 1808, per essere profondamente toccati dal canto di calda e luminosa bellezza di Lonquich che preannuncia l’ingresso del torrenziale e appassionato suono di Altstaedt, cosicché la sonata ci ricorda un lungo, ininterrotto, radioso, dialogo dialogo tra lo spirito e la natura. Oppure l’adagio con molto sentimento ed affetto della sonata op. 102 n. 2, brano assolutamente straordinario in cui l’atmosfera inizialmente sommessa e rarefatta si scioglie e si sublima in una divina cantilena che conduce al meraviglioso Finale, un vertiginoso allegro fugato che conclude la sonata , di tale inusitata modernità che non fu compreso dai contemporanei di Beethoven e per molto tempo ancora.

Qui Lonquich e Altstaedt pervengono a una dialettica intensamente drammatizzata e ricca di pathos, ma capace di guidarci passo passo in quell’intricata selva che è il contrappunto dell’ultimo Beethoven verso una nuova e luminosa comprensione. Insomma una registrazione eccezionale, non il solito prodotto discografico per tutte le stagioni, ma il frutto di un grande talento e di quell’amore per la passione e la cultura, di quella consapevolezza, che oggi via via stiamo perdendo. Non perdiamolo di vista

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