Gli infermieri morti, quelli in prima linea: "I miei colleghi piangono"

Gli infermieri morti, quelli in prima linea: “I miei colleghi piangono”

Gli infermieri, come chi è in prima linea, stanno pagando un prezzo crudele alla pandemia. I contagi secondo il sindacato.
LA PANDEMIA IN SICILIA
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PALERMO- Gli infermieri, come tutti quelli che operano nella prima linea di una pandemia, stanno pagando un prezzo crudele. Ieri abbiamo raccontato due storie listate a lutto, la vicenda di Raffaele e di Gianni.
“Raccomando a tutti di avere rispetto per coloro che tutelano la vostra salute”. Questo scriveva su Facebook Raffaele Logiudice, infermiere professionale morto dopo la positività al Covid, a 55 anni. Lui prestava servizio nella casa di riposo “Santissimo Salvatore” di Altarello, a Palermo. Gianni Russo, invece,  è morto a Vittoria, oggi ‘zona rossa’. Aveva 58 anni e lavorava nel reparto di Terapia intensiva dell’ospedale “Guzzardi”.

Il dolore per un collega

Claudio Trovato, un collega del Nursind, uno dei sindacati di categoria, ha scritto su Facebook: “La provincia di Ragusa non era immune al contagio e quando si parlava di decessi di infermieri le voci e notizie avevano un’eco devastante. Oggi è successo anche nella nostra comunità iblea. Le mie più sentite condoglianze alla famiglia del collega di Vittoria deceduto stamattina. L’attenzione dei colleghi iblei è sempre alta e nessuno, dico nessuno, si è tirato mai indietro nonostante le carenze dei DPI quei dispositivi che salvano e proteggono vite”. È un post che, a prescindere dalle logiche sindacali, esprime uno stato d’animo diffuso tra i lavoratori, presi tra il coraggio e lo sconforto di chi è partito per il fronte, con tutto ciò che comporta.

“Quegli infermieri in lacrime”

“Noi infermieri – dice Salvatore Vaccaro, vice segretario nazionale del Nursindabbiamo un elevatissimo livello di contatto nelle strutture e questo ci mette a rischio. Sono molto preoccupato per l’arrivo dell’inverno, quando al Covid si mischierà l’influenza tradizionale. Siamo decimati dall’infezione, con una percentuale del quindici per cento, in Sicilia, sull’intera categoria, a volte anche di più. Forse nei reparti diciamo normali il pericolo è maggiore, perché il positivo, nonostante i controlli attenti, può scappare sempre. Ho avuto le ultime notizie da una cardiologia dove è accaduto appunto questo. C’è una maggiore esposizione, perché non ci sono i livelli di protezione di un reparto dedicato al Coronavirus. Sento ogni giorno al telefono molti colleghi. Tantissimi piangono, sono distrutti”. Vedere morire e avere paura di morire: in guerra, purtroppo, è così.


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