Isolamento e “fame d’aria”: i pericoli della sindrome post Covid - Live Sicilia

Isolamento e “fame d’aria”: i pericoli della sindrome post Covid

Le ripercussioni psicologiche della pandemia non vanno sottovalutate. Ecco i campanelli d’allarme. La fotografia della psicoterapeuta Laura Monteleone.

CATANIA – Il covid-19 è un nemico invisibile. Un nemico sconosciuto che stiamo affrontando con molte incognite. La pandemia e anche il tipo di malattia hanno ripercussioni nello stile di vita e nelle relazioni umane e sociali. Una nuova realtà che ha (e sta avendo) delle ripercussioni a livello psicologico che non vanno assolutamente sottovalutate. Non è la paura a rappresentare un pericolo della mente, ma la “degenerazione della paura”.

“La degenerazione della paura”

“La nostra psiche ha delle risorse che si attivano quando percepisce delle situazioni che mettono in pericolo la persona”, spiega la psicoterapeuta catanese Laura Monteleone. “La paura è un meccanismo emotivo difensivo nelle emozioni che mette in protezione. Quello che deve preoccupare è la degenerazione della paura: l’angoscia – chiarisce – o quello che chiameremmo attacco di panico, che invece bloccano l’attivazione alla protezione. Quando subentra l’angoscia infatti, si rimane bloccati e immobilizzati”. 

Pandemia, ritardo nell’attivazione del supporto psicologico

La psicoterapeuta e psicologa giuridica catanese Laura Monteleone è consapevole del “ritardo” con cui purtroppo si sono attivati da parte delle istituzioni “gli strumenti di supporto psicologico” nell’intervento sanitario della pandemia sia per gli operatori sanitari che per la popolazione. “Quello che stiamo osservando in questa seconda ondata di pandemia ed è più preoccupante dal punto di vista psicologico è il disorientamento”. Nella prima fase infatti davanti a una malattia sconosciuta sono state seguite le regole, oggi la situazione è mutata. “Mentre prima c’era questa attivazione della paura davanti a un virus sconosciuto e abbiamo obbedito a queste regole, oggi invece sta avvenendo che il virus si è diffuso in modo più acuto portando senso di disorientamento e angoscia che possono sfociare in attacchi di panico e isolamento sociale”. Quest’ultimo, inoltre, è “un fenomeno che stiamo osservando soprattutto negli adolescenti”.

“Un trauma collettivo”

Le ripercussioni sono diverse e specifiche anche in base “al trauma” che si vive. “Chi ha vissuto una situazione di ricovero anche prolungato e in rianimazione – analizza Monteleone – quando rientra a casa e lentamente riprende i ritmi della vita quotidiana potrebbe avvertire una serie di sintomi anche di tipo psicosomatico che si stanno definendo “da sindrome post covid”: ansia, una sorta di ipocondria per la paura di riammalarsi e altri disturbi che, a prima vista possono sembrare sconnessi dalla psiche, ma invece sono strettamente collegati come dolori articolari e formicolii. In alcuni soggetti, che non hanno vissuto il ricovero ma stanno vivendo l’isolamento, la quarantena sta determinando anche sintomatologie di tipo depressivo. Questo virus – argomenta la psicoterapeuta – ha come conseguenze l’isolamento e il ‘confinamento’ del contatto fisico con gli altri”. 

Quello che “stiamo vivendo è un trauma collettivo. Stiamo affrontando un nemico invisibile e la nostra azione difensiva attiva la necessità di limitare i rapporti ma – ricorda Monteleone – l’uomo è un animale sociale. La situazione sta già mettendo un’impronta sulla nostra psiche e su come saremo quando usciremo dalla pandemia”.

I medici in trincea

Un’analisi a parte merita quanto stanno vivendo i medici in trincea. “Il personale sanitario – analizza la psicoterapeuta – vive una situazione di stress che perdura nel tempo. Un’iper-esposizione determina una maggiore fragilità dal punto di vista emotivo. Fortunatamente si è pensato, anche se un po’ in ritardo, a garantire un supporto psicologico sia agli operatori sanitari ma anche alla popolazione”. 

I campanelli d’allarme

Quali sono i campanelli d’allarme da non prendere sottogamba? “Penso a un pensiero persistente – spiega la psicoterapeuta – da cui si è quasi “risucchiati”. Un pensiero “pervasivo che riesce a coprire le altre emozioni”. Ma attenzione anche ad “altri sintomi come la mancanza di sonno” che è dovuta anche all’iper attenzione con gli strumenti tecnologici. “In questo momento chiedere un supporto di tipo psicologico è veramente funzionale – osserva la psicoterapeuta – anche per una ripresa della vita quotidiana e relazionale”. 

Il senso di ‘onnipotenza’ negli adolescenti

Fondamentale è osservare i comportamenti degli adolescenti che sicuramente sono “psichicamente più addestrati” a relazionarsi con gli altri in modo virtuale. Ma l’isolamento e l’esclusione possono portare nell’adolescente a una sorta di “onnipotenza nella gestione della relazione”. E molti segnali d’allarme sono stati notati dagli insegnanti durante la dad: “I ragazzi vivono una realtà alterata e scollata”. La preoccupazione non deve nascere dalla quantità di tempo che vivono chiusi in camera, ma dalla capacità “a mantenere alto l’interesse a comunicare con un linguaggio aperto e libero con gli altri interlocutori con cui vivono in casa. Se si nota una chiusura nelle emozioni è bene segnalare e anche chiedere un supporto, perché ciò potrebbe incidere nella loro capacità di relazionarsi con gli altri al termine della pandemia”. 

Le ripercussioni nei casi di ‘affido condiviso’

In tema di minori e giovanissimi, il lockdown ha creato non pochi problemi a quei figli che vivono la separazione di due genitori. Laura Monteleone è una psicologa giuridica e sta osservando come “l’isolamento ha creato diversi problemi nei casi di separazione soprattutto con l’affido condiviso. In alcune famiglie è stato difficile per il minore mantenere i rapporti con il genitore con cui non vive nella stessa casa”. Ma con il perdurare la pandemia la “giurisprudenza si è attivata. L’ausilio dei mezzi social ha dato la possibilità di mantenere il rapporto con il genitore con un cui il minore non coabita proprio a salvaguardia del mantenimento affettivo. Alcuni minori hanno patito la rottura di questo rapporto determinando diverse fragilità”. Un altro punto di osservazione in questa pandemia che ci ha reso “prigionieri”. 

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