Viaggio all'inferno del Covid-19 - Live Sicilia

Viaggio all’inferno del Covid-19

"Le reazioni al virus sono cambiate". Parla Carmelo Iacobello, che dirige il reparto di Malattie infettive del Cannizzaro

CATANIA – “Tra poco dobbiamo amputare l’arto a un paziente malato di coronavirus, una trombosi improvvisa gli ha devastato tutto. Infarti ed emorragie accadono sempre più spesso. Il virus è cambiato. Sono cambiate le reazioni nel corpo delle persone”.

Poco dopo le quattordici, nel reparto di Malattie infettive dell’ospedale Cannizzaro, diretto da Carmelo Iacobello, la giornata sembra appena iniziata. Lui è uno dei più quotati infettivologi in Italia, fa parte, insieme a Matteo Bassetti, del team dei 12 esperti che studiano, per conto dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari, l’appropriatezza dei ricoveri.

Sessantaquattro anni, un gentiluomo con il camice bianco. Il suo studio è al centro del corridoio del reparto covid, diviso in due da una linea gialla per motivi di sicurezza. Pochi minuti, perché dall’inizio della seconda ondata, in ogni istante può cambiare tutto. E in una città che ha contato quasi 600 morti per covid in due mesi, aprire le porte degli ultimi istanti di quelle vite strappate, è come entrare all’inferno. Per questo, gli occhi di Iacobello sono quasi spenti. “Ma noi – chiede – siamo sicuri che possiamo raccontare quello che accade ai malati di coronavirus?

Viaggio all’inferno

Da un lato centinaia e centinaia di guariti, anche dopo settimane di terapia intensiva. Dall’altro la verità, su chi non ce la fa. “Ci sono pazienti che sembrano migliorare, in alcuni casi, mentre stiamo per dimetterli, all’improvviso vengono stroncati da infarti devastanti”. Iacobello si confronta costantemente con i colleghi di tutta Italia: “Non c’è una spiegazione scientifica – spiega – sono aumentati i quadri delle emorragie”. In pratica il virus alterna due fasi, sempre più frequentemente: “Prima ci sono delle trombosi, che comportano un consumo di determinanti biologici della coagulazione – spiega l’infettivologo del Cannizzaro – è chiaro che questo consumo comporta una riduzione di piastrine e sostanze che servono alla coagulazione”. Subito dopo, “si passa dalla ipercoagulazione alle emorragie, soprattutto gastriche e muscolari dei muscoli paravertebrali”.

La trombosi “può comportare la necessità di amputare arti, ischemie cerebrali, ischemie degli arti inferiori e se ti salvi dalla trombosi rischi di avere problemi emorragici. Ogni volta c’è qualcosa di nuovo”.

Conseguenze neurologiche

Iacobello ha un timore, ovvero “che il virus danneggi lentamente il sistema neurologico”. Il professore catanese teme che, tra qualche anno, “possano esserci”, tra coloro che hanno avuto il covid in forma grave, “casi di sclerosi multipla e altri problemi neurologici”. “Non si contano i giovani che hanno problemi di memoria dopo il covid, con una modalità che ricorda la demenza senile – continua Iacobello – ci sono colleghi che raccontano di parestesie agli arti inferiori”.

L’aspetto umano

Tra gli operatori sanitari che vivono in prima linea contro il coronavirus, non c’è solo la consapevolezza di “avere le armi spuntate”. A pesare è anche il cambiamento del rapporto medico paziente.

“Eravamo abituati a visitarli a viso aperto, avevamo un colloquio non drogato dalla presenza di maschere, prima anche una carezza poteva essere importante per ottenere un migliore risultato. Questi atteggiamenti umani servivano a contribuire al migliore risultato della terapia. Adesso i pazienti vedono un soggetto completamente coperto, con un dispositivo che non consente alcuna umanizzazione”.

E ancora: “Il paziente viene estraniato dal rapporto con la famiglia e questo stato di isolamento ne peggiora l’aspetto psicologico. Molti anziani vanno in uno stato di pseudodemenza o in un quadro di depressione grave che ne peggiora l’aspetto psichico e fisico”.

I vaccini

“Le vaccinazioni servono per curare i soggetti sani. Iacobello lo ripete più volte. “Sta succedendo che, di fatto, noi stiamo sbilanciando la ricerca di soluzioni solo a favore dei vaccini, che è un argomento estremamente importante. I vaccini servono a prevenire i contagi e la malattia. In realtà, in attesa del vaccino, siamo in una situazione difficile da gestire e da marzo non abbiamo armi terapeutiche per garantire una reale azione contro il virus”.

Cosa serve

Iacobello non ha dubbi. “A noi servono gli antivirali diretti, farmaci che possano bloccare la progressione del virus”. Il coronavirus è caratterizzato da due fasi, nella prima il virus si replica, nella seconda scatta una tempesta citochinica, “durante la quale il virus accende nell’organismo una sorta di fuoco amico che produce effetti devastanti come risposta antinfiammatoria”. Questo problema può essere evitato, secondo l’infettivologo, “riuscendo ad avere un’azione antivirale o capace di calmierale la risposta esagerata citochinica”. Secondo il direttore di Malattie infettive del Cannizzaro, “la ricerca è stata troppo spinta verso il vaccino e poco sui farmaci antivirali”.

Medici “colpevoli”

Poi la triste ammissione: “Non siamo in grado, in questo momento, di curare in maniera efficace i pazienti che hanno una elevata mortalità”. La scelta della terapia resta responsabilità del medico che risponde anche dal punto di vista legale. E in un momento in cui il virus comporta conseguenze spesso imprevedibili sul malato, stanno lievitando le richieste di risarcimento danni, le denunce, le aggressioni. Così, nell’inferno delle corsie, dove si lotta per la vita, gli “eroi” della prima ondata rischiano di diventare, soltanto, “colpevoli”. Colpevoli per le conseguenze di un virus ancora non studiato fino in fondo. Colpevoli di provarci ogni istante. Poi, alle 14.15, è già troppo tardi. Bisogna amputare quell’arto distrutto dalla trombosi. Il professore Iacobello si stringe la mascherina e torna in corsia.


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