Mafia e droga: il 'francese', la cocaina e la lettera strappata - Live Sicilia

Mafia e droga: il ‘francese’, la cocaina e la lettera strappata

I retroscena del blitz sul "paracco" di Palma di Montechiaro e i rapporti con i boss di Palermo

È il 26 aprile 2017. Salvatore Troia giunge con la sua Fiat Panda sotto l’abitazione di Giuseppe Blando, in via Priolo a Palma di Montechiaro. Prima inizia a fischiettare, poi suona due volte il clacson. L’audio è disturbato. Si sente Troia dire: “… va bene Pi (Pippo, ovvero Giuseppe Blando) allora restiamo così…”.

Secondo i pubblici ministeri di Palermo e i carabinieri di Agrigento, quell’incontro fu uno dei tanti in cui si trattò la compravendita di cocaina. Troia, 60 anni, di Villabate, popoloso centro alle porte di Palermo, sarebbe stato il referente per la droga dei paraccari di Palma di Montechiaro, arrestati nella notte.

Le trasferte per la droga

Le intercettazioni hanno ricostruito le trasferte fatte da Troia da solo o in compagnia di suoi uomini a cui spiegava come evitare di dare nell’occhio: “… qua ci sono i limiti di velocità, vedi eh… devi rispettare sempre i limiti di velocità… devi cercare sempre di non farti fermare… devi cercare sempre di non farti fermare… perché pure che… pure che… tu sei in regola ti fermano e scrivono… a tale orario abbiamo fermato questa macchina a tale punto con questo di sopra… e scrivono, hai capito?… poi ti fermano un’altra volta… e com’è che questo due volte…”.

Il conteggio dei soldi

Una volta fu intercettato mentre conteggiava del denaro che Blando gli avrebbe consegnato dentro un sacchetto: “Minchia, il sacchetto mi stavano mangiando… quindici… quindici… dieci… quindici… dieci… quindici… quindici…”. Ancora più esplicito è l’oggetto di una successiva conversazione in cui Troia diceva: “… me ne hai dati 12”. E Blando aggiungeva: “… e io te ne devo dare ancora 9.500 euro… se non ricordo male… scritte ce l’ho pure”. Ancora Troia faceva il punto: 19500… della vecchia… 22500 ne hai dati 12 e ne rimanevano 10500… poi te ne ho dato uno… restavano 20500… me ne hai dati 9000… rimangono 11500… giusto?”.

La condanna per mafia

Ma chi è Salvatore Troia? Il suo nome faceva parte dell’inchiesta sulla nuova mafia di Palermo e provincia, scoperto nel maggio 2018 dai carabinieri di Palermo, e in primo grado è stato di recente condannato a nove anni.

Già due anni prima, nel 2016, fu monitorato a bordo di una Fiat 500 giunta a Terrasini. “Portati la macchina… ti vai a fare un giro… gli ho detto io… alle due… due e mezza”, spiegava Troia al suo autista, fermi sul lungomare che prende il nome da Peppino Impastato. L’appuntamento era con Antonino Messicati Vitale, che allora era ancora un uomo libero. Sarebbe stato arrestato un anno dopo per scontare una condanna a 12 anni.
Messicati Vitale e Troia si appartarono sulla scogliera a strapiombo sul mare. I carabinieri si erano appostati a poca distanza.

La lettera strappata sugli scogli

Quando si concluse il faccia a faccia i militari recuperarono 102 piccoli pezzi di carta di colore bianco e 16 di una busta gialla. Era una lettera strappata: “Mi non ti abbastò u carceri vo cumannari adesso? U piombo abbrucia ci pianzi a to patri nello ottantadue quannu u vulevanu ammazzari? Scappo a casa e unnisciu chiu, o su cumpagnu ammazzaru sopra il balcone, miscinu povero mandala. Tu voi fari a fini con non fici to patri? Vattinni di nuovo in francia, ti stiamo avvisando, qua fai fetuuuu. Ricci e to cumpagni ca non si miscanu… Ti ricordi i pizzini di papa Bennardu ce sempre lui stai attento tu e to cumpagni”.

Troia era stato minacciato ed era corso a riferirlo a Messicati Vitale.
I riferimenti erano chiari. Il padre di Salvatore Troia, Gaspare, oggi deceduto, era amico di Giuseppe Caruso, assassinato nel 1981. Subito dopo il delitto Troia senior si era allontanato per paura di subire la stessa sorte. A Villabate circolò la voce, non riscontrata, che fosse stato ferito davanti alla propria abitazione. Il Mandalà a cui fa riferimento la lettera è Pietro Mandalà, ucciso nel 1986, mentre si trovava affacciato al balcone di casa.
I carabinieri hanno ricostruito che il comportamento di Troia aveva creato malumori a Viillabate. “Voleva comandare”, ha detto il pentito Salvatore Sollima, ed era entrato in rotta di collisione con il nuovo capomafia, Francesco Colletti. Alla fine Troia fu costretto a fare un passo indietro.

I crediti con la gang dello Sperone

Non è finita. Il boss di Villabate, e oggi pentito, Francesco Colletti, nel 2017 raccontava delle difficoltà incontrate da Salvatore Troia. Il francese era creditore di una grossa somma di denaro per la “cosa” venduta allo “Sperone” e prima o poi per mettere a posto le cose avrebbe chiesto l’aiuto del capomafia: “… ora gli rubano qualche centomila euro e poi voglio vedere che sa fare, lo sai cosa sa fare? Venire da me sistemargli la cosa…”


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