Mafia e appalti dei rifiuti: Gorgòni, le condanne in Appello - Live Sicilia

Mafia e appalti dei rifiuti: Gorgòni, le condanne in Appello

Il processo abbreviato: pene ridotte rispetto al primo grado. I NOMI

CATANIA – Si è chiuso il secondo capitolo del processo, stralcio abbreviato, frutto della maxi inchiesta della Dia di Catania che nel 2016 ha scoperchiato un sistema di corruzione e mafia collegato agli appalti dei rifiuti nei comuni di Aci Catena, Trecastagni e Misterbianco. Sullo sfondo i i clan Cappello e Laudani. 

La sentenza d’appello

È arrivata la sentenza della terza sezione penale della Corte d’Appello di Catania che ha riformato le pene dei sei imputati che hanno optato per il rito alternativo. Condannati a 8 anni e 4 mesi, Salvatore Carambia e Vincenzo Papaserio, 6 anni e 8 mesi, invece, i gemelli Fabio e Luca Santoro, 7 anni a Raffaele Scalia e 8 anni a Pietro Garozzo. A rappresentare l’accusa è stata la pg Iole Boscarino. 

Il business dei rifiuti: l’inchiesta Gorgoni

Nell’operazione sono stati coinvolti anche funzionari comunali, dirigenti e colletti bianchi che stanno affrontando il processo ordinario ancora al primo grado di giudizio. Al centro del dibattimento il business dei rifiuti che sarebbe stato “inquinato” dalle mani della criminalità organizzata. La figura chiave sarebbe stato Vincenzo Guglielmino, amministratore della E.F. Servizi Ecologici, defunto da diversi anni. Sarebbe stato lui la ‘cerniera’ tra gli enti pubblici e il clan Cappello per potersi accaparrare gli affidamenti diretti. 

Il ruolo dei sei imputati secondo l’accusa

I sei imputati condannati in abbreviato avrebbero avuto ognuno un ruolo ben determinato secondo l’accusa. Scalia avrebbe fatto da “mediatore” con il “re dei rifiuti” Guglielmino. Carambia, invece, ritenuto dagli inquirenti molto vicino al boss dei Cappello Massimiliano Salvo avrebbe partecipato a diverse riunioni volte ad appianare tensioni relative all’appalto nel comune di Aci Catena. Garozzo avrebbe avuto un compito di primo piano: collegamento tra clan e istituzioni pubbliche. Messaggero, invece, Vincenzo Papaserio che gestiva l’autorimessa al viale Rapisardi di Catania, dove i gemelli Santoro avrebbero incontrato più volte il boss Salvo, ‘u carruzzeri. 

Ai fratelli Santoro (Fabio, difeso dall’avvocato Salvo Cannata) e Scalia (assistito dall’avvocato Salvo Pace) sono state concesse le attenuanti generiche anche in considerazione dell’ammissione degli addebbiti. Per Papaserio (assistito dai penalisti Tommaso Manduca e Davide Giugno) e Garozzo (difeso da Giugno) la Corte ha escluso l’aggravante del sesto comma dell’articolo 416 bis del codice penale. Le motivazioni saranno depositate tra 90 giorni. A quel punto le difese – quasi certamente – presenteranno ricorso per Cassazione. 

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