Passato e presente di Cosa Nostra: vecchi boss e mister X

Passato e presente di Cosa Nostra: vecchi boss e mister X

Ecco i nomi su cui si concentrano gli investigatori

PALERMO – Le retate si susseguono. Per sopravvivere la mafia ha bisogno di trovare sempre nuovi capi ed è nell’elenco degli scarcerati che l’organizzazione potrebbe pescare per tentare di ricompattare i ranghi.

Non è un caso che le informative degli investigatori sono zeppe di gente in libertà che si muove parecchio. L’ultima fotografia arriva dall’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia sul mandamento di Tommaso Natale.

“Due comandanti, uno è Salvo Genova”

Ci sono dei nomi, in particolare, su cui ci si concentra per il peso del loro passato e per i segnali del presente. Uno di questi è Salvo Genova che è stato reggente del mandamento di Resuttana contiguo a quello di Tommaso Natale.

Il suo nome viene fuori nella vicenda dell’estorsione subita dai titolari di un’impresa che ha realizzato una palazzina in via San Lorenzo. Per la riscossione del pizzo, denunciata dall’imprenditore, erano arrivati ai ferri corti Giuseppe Cusimano e Francesco Adelfio. Quest’ultimo era andato su tutte le furie quando, un anno fa, si accorse che un’impresa stava seguendo i lavori di scavo nel cantiere senza autorizzazione. Erano state disattese le indicazioni di Giulio Caporrimo. Adelfio intervenne e fermò l’escavatore.

L’imprenditore aveva pure reagito, non escludendo di fare intervenire qualcuno in sua difesa. Agli atti, però, c’è la sua denuncia.

Il boss in cantiere

Ad un certo punto in cantiere si presentarono Cusimano, Adelfio e Salvo Genova. Cusimano era molto nervoso, affrontò a muso duro Adelfio, mettendogli una mano in faccia. Che ci faceva Genova? Forse la sua presenza era semplicemente dovuta al fatto che gli imprenditori fossero parenti del boss Vincenzo Graziano, a cui Genova è da sempre legato.

O forse la sua presenza era dovuta ad altro come emergeva dalle parole intercettate dell’imprenditore che stava facendo gli scavi ed era stato bloccato. Aveva avuto un confronto con Cusimano, accusato di essere il nuovo capo della famiglia dello Zen, e aveva saputo che due soggetti “qualificati” , due “comandanti” avevano scombinato i piani di Francesco Palumeri, il boss scelto come vice del capo mandamento di Tommaso Natale Calogero Lo Piccolo. Uno dei due “comandanti” sarebbe proprio Genova.

L’anziano boss

Altro nome storico è quello di Michele Micalizzi che, secondo Caporrimo, se ne andava in giro senza autorizzazione. Micalizzi è un boss della vecchia mafia che ha saldato il conto con lo Stato. Con lui discuteva Tommaso Inzerillo nel 2017 uno degli scappati della guerra di mafia. Gli spiegava che si era attivato affinché anche al cugino Francesco Inzerillo, per lui era già avvenuto, venisse perdonata la sua appartenenza alla mafia perdente, schiacciata dai corleonesi negli anni Ottanta. Tommaso si era rivolto ai boss che comandavamo su Palermo per superare il diktat di quel “cornutone” di Nino Rotolo, boss ergastolano di Pagliarelli, il principale oppositore al rientro degli scappati caldeggiato da Salvatore Lo Piccolo, boss di San Lorenzo.

Tommaso Inzerillo spiegava a Michele Micalizzi: “… il divieto… e intanto, come ti stavo dicendo, è una situazione di mio cugino siamo tutti bloccati, siamo… ho un impegno con Settimo e io, quando ci andiamo poi vediamo, per cercare di rattoppare, ora vediamo, ora con questa morte”. L’uomo del dialogo era Settimo Mineo, il boss di Pagliarelli che ha presieduto la nuova commissione. La “morte” che aveva cambiato il corso delle cose era quella di Totò Riina.

Il misterioso “Pietro” e la cupola

Volti noti e gente ancora da identificare. Ce n’è uno in particolare su cui si concentrano le indagini per il peso che gli attribuiva Caporrimo: “… ma questa commissione pure come l’hanno fatta? Non per lo zio Pietro ci mancherebbe… chi è… la fanno tre mandamenti? Quanti erano tre? Non si capisce e come fanno a decidere? Ma che sono pazzi?… se ci devono ridurre come stiddari”. “Pietro”, dunque, è un personaggio talmente influente da avere avuto un ruolo nella commissione provinciale di Cosa Nostra, quella che si è riunita nel maggio 2018 dopo decenni di inattività dovuta all’arresto dell’ultimo capo dei capi, Totò Riina.


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