Da Balestrate alla trincea Covid: vi racconto un anno di pandemia - Live Sicilia

Da Balestrate alla trincea Covid: vi racconto un anno di pandemia

La storia di Giovanni Provenzano: appena laureato in Scienze infermieristiche iniziò la sua carriera al San Matteo di Pavia, dove tutto cominciò

PALERMO – Era fine febbraio 2020 e ancora non sapevamo cosa ci aspettava e che da lì a poco il mondo si sarebbe fermato per la pandemia da coronavirus. È in quel periodo che Giovanni Provenzano, infermiere siciliano neolaureato, si preparava in fretta per scendere in campo al Policlinico San Matteo di Pavia. Proprio lì, nell’ospedale dove è stato ricoverato il paziente 1, Mattia Maestri, il primo italiano cui fu diagnosticato il Covid-19 un anno fa.

In Italia si iniziavano a registrare i primi contagi legati al virus. Niente baci e strette di mano ma bisognava mantenere la distanza di sicurezza. Nel frattempo che ci erano date le prime raccomandazioni, le sessioni di laurea di Infermieristica con urgenza venivano anticipate. E il ventitreenne di Balestrate si apprestava a laurearsi con un mese d’anticipo, dopo solo dieci giorni prestava già servizio nel reparto Malattie Infettive, poi trasformato in Terapia intensiva. Aveva risposto a uno dei primi reclutamenti lanciati dal Governo per l’assunzione del personale sanitario.

“È passato quasi un anno dalla laurea ma sembra un’eternità – commenta Giovanni che ha iniziato la sua carriera all’inizio della pandemia – essere infermiere ti cambia. Cambia il modo di vedere la gente, di vivere la sofferenza. Dai turni massacranti, dalle persone che ogni giorno vediamo passare in quei reparti in cui c’è tanta sofferenza, troppa. Non siamo macchine, guai se qualcuno ti dice il contrario. Siamo persone – continua – ragazzi con delle storie e dei sentimenti”. È il bilancio dei suoi primi dodici mesi di carriera.

A distanza di un anno il bilancio in Italia è di oltre 96 mila vittime. È tra il 21 e il 22 febbraio dell’anno scorso che si registravano i primi contagi legati al Covid nel mondo. Nel giro di poco tempo l’emergenza investe anche il nostro Paese con i focolai maggiori nel Lodigiano e in Veneto. “È stata un’esperienza forte e traumatica perché siamo stati buttati a capofitto in una realtà che non conosceva nessuno”, dice Giovanni impegnato in corsia durante la prima ondata del virus e quando ancora si navigava a vista in un mare in tempesta.

“Dopo la mia prima notte di servizio – racconta – quando sono tornato a casa, ero incredulo, stordito e non nascondo che ho pianto. Mi chiedevo cosa stesse succedendo”. In quelle prime ore di lavoro il ragazzo ricorda di aver assistito a scene apocalittiche: “In reparto non c’erano più posti letto. Nel giro di poco tempo due pazienti sono deceduti, un altro ha avuto un arresto cardiaco e sedici pazienti venivano intubati”.

“Non ho vissuto un’esperienza lavorativa semplice – aggiunge Giovanni – anche se adesso non sono più in un reparto Covid è come se lo fossi, perché in qualche modo lo spettro del virus aleggia sempre”. A giugno il giovane infermiere ha terminato il suo contratto trimestrale al Policlinico San Matteo e subito dopo inizia a lavorare all’Istituto Europeo di Oncologia ma anche questa esperienza professionale, dopo sei mesi, volge al termine. Ma Giovanni non si ferma, ha sostenuto dei concorsi pubblici per trovare un impiego che gli dia stabilità, perché fino al momento ha firmato soltanto contratti precari di pochi mesi e in ospedali diversi. “Mesi fa ho inviato il mio curriculum anche all’Ismet di Palermo, però mi è stato proposto un contratto trimestrale, sono stato costretto a rifiutare perché non posso ritornare in Sicilia per tre mesi e poi ritrovarmi nuovamente senza un lavoro, quindi – termina – ho deciso di restare al Nord e trovarlo qui, magari nel settore pubblico”.

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