Microspie in carcere: "il boss voleva riorganizzare il clan" - Live Sicilia

Microspie in carcere: “il boss voleva riorganizzare il clan”

L'inchiesta Report ha colpito la cosca Laudani. Le foto e le intercettazioni del Gico della Guardia di Finanza di Catania.
DAL MENSILE S
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CATANIA – Quando il vecchio patriarca mafioso Iano Laudani è deceduto, la cosca catanese ha cominciato a vedere le fondamenta cedere. Anche perché un anno prima l’inchiesta Viceré aveva inferto un colpo mortale alla famiglia mafiosa. Anche di “sangue”.

Attorno a Orazio Scuto ‘u vitraru’ però stava iniziando un’opera di riorganizzazione che però è stata spenta grazie alla delicata e articolata inchiesta (denominata Report) del Gico della Guardia di Finanza di Catania. Nell’informativa di oltre 1300 pagine – pubblicati in esclusiva sul Mensile S in edicola – sono sintetizzati mesi e mesi di indagini che hanno permesso anche di monitorare le “comunicazioni” che il boss mandava all’esterno durante la sua detenzione al carcere di Caltanissetta. L’intuito dei finanzieri ha permesso di poter scovare all’interno di barrette di cioccolato e pacchi dei succhi di frutta le epistole con le direttive al clan. Le indagini hanno permesso di documentare gli affari illeciti del gruppo criminale, operativo nella zona acese ed etnea. Affari illeciti che si sarebbero allargati dal traffico di droga al mondo delle aste giudiziarie.  

Scuto e la ‘squadra’ al vertice 

Orazio Scuto sarebbe diventato l’uomo di riferimento del clan Laudani. Un  boss di “vecchia militanza” che nonostante la detenzione avrebbe avuto la capacità di muoversi e comandare. Il nome giusto, insomma. Anche perché le nuove leve non erano ben viste dagli “anziani affiliati”: lamentele arrivavano per lo spreco di denaro sporco che veniva sottratto alla cassa comune. E quindi mancavano i fondi per mantenere i detenuti. Un codice mafioso a cui nessuno si sarebbe dovuto sottrarre. Soprattutto se agiva e “spendeva” il nome della “famiglia Laudani”. Attorno a Scuto avrebbero agito una serie di “gregari” di fiducia. Come Litterio “Rino” Messina (un po’ l’alter ego del boss), Girolamo “Lucio” Brancato, Giacomo “Rocky il pugile” Caggegi e Francesco Gallipoli.

I pizzini dal carcere 

Orazio Scuto, dunque, nonostante la condizione di “recluso” è riuscito a “impartire i suoi ordini attraverso dei pizzini o delle missive che ha fatto uscire dal carcere tramite la collaborazione dei familiari che sono andati a fargli visita e i quali, a loro volta, hanno consegnato le direttive a Rino Messina”, annotano gli investigatori. Era l’11 maggio 2018 quando il boss discutendo con la figlia Valentina e ad un certo punto l’ha invitata “ad attirare la sua attenzione su una busta bianca contenente vari generi alimentari ed, in particolare, su una scatola di barrette di cioccolato Kinder”. Un particolare che non è sfuggito ai finanzieri che infatti al termine del colloquio in carcere hanno deciso di effettuare un controllo di polizia giudiziaria sulla macchina della figlia. 

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