Vaccini, niente panico ma i fatti si raccontano - Live Sicilia

Vaccini, niente panico ma i fatti si raccontano

Giusto fare chiarezza. Sbagliato sarebbe buttar via l'occasione per uscire dall'incubo.
IL COMMENTO
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3 min di lettura

Credo che valga la pena soffermarsi brevemente su un paio di reazioni diffuse alle notizie relative ai decessi del militare e del poliziotto siciliani che avevano ricevuto il vaccino. Notizie raccontate per Livesicilia dal nostro cronista Antonio Condorelli, con rigore e precisione.

Abbiamo raccontato dei fatti. Due persone, apparentemente in buona salute, sono morte. Avevano ricevuto il vaccino. Uno è morto poche ore dopo, l’altro è stato male per giorni fino al decesso. Punto. Una correlazione tra i due eventi, lo abbiamo spiegato sin dall’inizio, non è possibile da affermare allo stato. E di vero cuore di auguriamo che non ci sia. Come non c’è stata, secondo l’indagine della procura di Trapani, per il maresciallo dei carabinieri morto nei giorni scorsi o per l’insegnante di Napoli deceduta quattro giorni dopo la vaccinazione, stando all’inchiesta della procura partenopea.

Sì, noi ci auguriamo che anche questi altri casi siano solo tragiche fatalità che col vaccino non c’entrano, perché crediamo nel vaccino come grande opportunità per uscire dall’incubo troppo lungo della pandemia e crediamo che sia giusto fidarsi della scienza. E anche dei numeri. Quelli ufficiali forniti dall’Aifa proprio questa settimana dicono che gli effetti avversi registrati incidono su una percentuale degna di nota ma comunque bassa dei vaccinati. Anche guardando solo ad AstraZeneca, in Sicilia, fa sapere la Regione, sono state somministrate 95mila dosi e i casi sotto osservazione di cui si parla sono meno delle dita di una mano.

Ma, dicevamo da principio, tocca registrare un paio di reazioni che meritano due parole. La prima, attesa, scontata quasi, è quella del popolo dei no-vax, alla carica dopo queste tragiche notizie, con poca prudenza , dando per scontato che la morte “dopo il vaccino” sia una morte “per il vaccino”. No, non funziona così. Ma questo era un qualcosa da mettere in conto ed è solo l’ultima puntata di una lunga, lunghissima serie.

L’altra reazione diffusa è quella annusata in giro per i muri dei social network di quanti se la prendono con i media perché danno  notizie “allarmistiche” che possono essere strumentalizzate o fraintese. Ecco, questo è un concetto scivoloso e molto pericoloso. Perché se si ragiona così, stabilendo che ci sono notizie che si possono dare e notizie che non si possono dare perché qualcuno può strumentalizzarle o qualcun altro fraintenderle, si spalancano le porte a una censura preventiva che può cassare qualsiasi tipo di informazione. Perché non esiste una sola notizia che non corra il rischio di essere travisata, manipolata, strumentalizzata, asservita ai fini di questo o quel gruppo organizzato. O che corre il rischio di non essere compresa, tanto più in un Paese in cui la percentuale di persone che ha difficoltà a comprendere un testo scritto è drammaticamente alta.

Ritenere che la cura a questa patologia sia silenziare l’informazione, evitando del tutto di raccontare un fatto, è un’idea molto, molto scivolosa. E nemmeno può essere ricevibile un’obiezione del tipo “aspettiamo l’autopsia prima di dare la notizia” (ho letto qualcosa del genere sui suddetti social), perché a questo punto dovremmo attendere una sentenza definitiva prima di dare notizia dell’esistenza di un processo (quanti ne finiscono con niente? Parecchi) o magari, perdonate la semplicità della metafora, in una telecronaca evitare di dar conto del ricorso al Var fin quando l’arbitro non fischia il rigore.

La cura migliore è un’altra, a modesto avviso di chi scrive. Sforzarsi di raccontare un fatto per quello che è, informando con precisione e spiegandolo nel modo più chiaro possibile. Come abbiamo cercato di fare in questo caso, spiegando sin da principio che non si può dire che qualcuno in Sicilia è morto per il vaccino. Le procure di Catania e Siracusa vogliono fare chiarezza, e fanno bene, ma ci è parsa significativa – e ne abbiamo dato notizia – la scelta dei magistrati di rendere noto che essi stessi in prima persona hanno scelto di ricevere il vaccino.  

Non è insomma il momento del panico. Ma è quello di togliersi un dubbio, con rispetto per la salute di tanti e per il dolore di chi ha perso all’improvviso una persona cara. E’ giusto che vada così. Con buona pace dei “no-vax”. E dei “no-news”.

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