Il tentato omicidio dello Zen, l'indagato va ai domiciliari

Il tentato omicidio dello Zen: l’indagato va ai domiciliari

Lo ha deciso il giudice per le indagini preliminari

PALERMO – Va agli arresti domiciliari Giacomo Cusimano, accusato di avere tentato di uccidere a colpi di pistola Emanuele Cipriano martedì mattina in via Nedo Nadi, allo Zen.

Lo ha deciso il giudice per le indagini preliminari Simone Alecci, davanti al quale ieri l’indagato, assistito dall’avvocato Giulio Bonanno, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Non ci conoscono le motivazioni del provvedimento.

Cipriano avrebbe rischiato di morire per un debito di dieci euro. Le ultime parole pronunciate dalla vittima prima che perdesse conoscenza e i messaggi vocali sono gli elementi chiave dell’inchiesta che ha portato al fermo di Giacomo Cusimano per il tentato omicidio di Emanuele Cipriano.

Martedì mattina Cusimano, 31 anni, avrebbe fatto fuoco fra i padiglioni dello Zen 2 contro Cipriano, di un anno più giovane di lui. Si conoscono da bambini e si frequentano da sempre. Alle 11:30 arriva una telefonata al 112 e il caso passa alla squadra mobile.

Quando arrivano gli agenti trovano la vittima dentro una Wolskwagen Polo. Fa in tempo a dire ai poliziotti, intervenuti all’angolo fra le vie Costante Girardengo e Nedo Nadi, che “un mio amico mi ha sparato, Giacomo Cusimano, abita in via Egeria 17… ca nfaccio a machina (di fronte alla macchina) “.

Quindi la corsa in ospedale, a Villa Sofia, dove gli hanno salvato la vita con un delicato intervento chirurgico.

La madre di Cipriano racconta di avere sentito le urla che provenivano dal garage. Si è affacciata e ha visto il figlio che gridava: “‘Giacomo aiutami’, anche io ho urlato… non mi ha ascoltato…. ha indossato il casco ed è scappato”. La madre si è spostata a casa di Giacomo, che abita a poche centinaia di metri, dove c’era una ragazza, forse la moglie di Cipriano, che “mi ha detto che non le interessava quello che le chiedevo”.

I “falchi” della squadra mobile rintracciano Cusimano due ore dopo a pochi passi da via Libertà. Il movente del delitto, secondo il pubblico ministero Andrea Fusco che ha disposto il fermo, sarebbe un debito di dieci euro. Agli atti del fascicolo ci sono i messaggi audio WhatsApp che i due si sono scambiati la sera prima del tentato omicidio.

I toni erano pesanti e offensivi. Litigavano per i dieci euro e per un appuntamento mancato. Un debito la cui origine non si conosce. I fratelli di Cipriano ieri hanno allontanato ogni sospetto sul possibile ruolo della vittima del tentato omicidio in loschi giri di droga: “Emanuele è una persona perbene”.


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