C’erano frequentemente anomalie durante l’ascolto delle telefonate intercettate. Ne ha parlato nel corso dell’udienza del processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio, che si celebra a Caltanissetta, Carmela Sammataro, sovrintendente capo della Squadra Mobile di Palermo, sentita come teste.
L’avvocato Giuseppe Panepinto, legale di uno degli imputati, si è soffermato in particolare sul periodo in cui il falso pentito Vincenzo Scarantino si trovava a San Bartolomeo a Mare, in località protetta, e la sovrintendente si occupava di ascoltare le telefonate dello stesso Scarantino e della moglie. “Succedeva di continuo. A volte uscivano numeri anomali – ha spiegato – altre volte l’apparato non stampava. E quindi chiamavamo spesso i tecnici della Sip che venivano a risolvere quelli che noi chiamavamo guasti tecnici. Con gli strumenti di oggi non succede, ma allora era quasi una costante. Magari i problemi erano di linea e non proprio dell’apparato”.
La teste, che ha fatto parte del gruppo Falcone-Borsellino, gruppo costituito per fare luci sulle stragi, ha anche svolto servizio a Jesolo dove Scarantino si trovava con la sua famiglia. “Non ricordo se ho visto magistrati andare in casa di Scarantino. Il mio non è un no, ma è un non ricordo”, ha spiegato. Poi la teste ha aggiunto: “A me Scarantino non ha mai detto di avere accusato persone innocenti della strage, e che io sappia non l’ha detto nemmeno ad altri colleghi”. Imputati del processo sono i poliziotti Fabrizio Mattei, Mario Bò, e Michele Ribaudo. L’accusa è di calunnia aggravata dall’aver favorito Cosa Nostra. Secondo l’accusa i tre poliziotti avrebbero indotto il falso pentito Vincenzo Scarantino a rendere false dichiarazioni sottoponendolo a minacce, maltrattamenti e pressioni psicologiche. (ANSA).