Cosa nostra, summit e tensioni: boss e capi militari alla sbarra - Live Sicilia

Cosa nostra, summit e tensioni: boss e capi militari alla sbarra

A Bicocca si svolge il processo d'appello Chaos. La prima parte della requisitoria del pg: "Confermare condanne"
MAFIA, CATANIA
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CATANIA – Antonio Tomaselli non ama girarci intorno. Quando c’è da farsi sentire Cosa nostra non guarda neanche i cognomi. Il boss, delfino degli Ercolano, cita l’omicidio di Angelo Santapaola durante un incontro in cui si discute di alcune tensioni scoppiate con i Mazzei. Le fibrillazioni sarebbero causate da uno scontro tra Alfio Davide Coco, ritenuto il referente del gruppo della Stazione, ed un’esponente di una ‘corrente’ dei ‘carcagnusi (i Mazzei, appunto), Mario Pappalardo (detto ‘patatina).

Quest’ultimo sarebbe stato bersaglio di un’azione armata. A cui però sarebbe riuscito a sfuggire. Per evitare una guerra il reggente del clan Santapaola-Ercolano organizza un summit che è seguito in diretta dal Ros. È il 2017. Nello stesso anno scatta il blitz Chaos che mette in gattabuia il gotha di Cosa nostra catanese. E un pezzo di vertice anche dei Mazzei. Un’inchiesta poderosa che smembra pezzo per pezzo l’organigramma della famiglia mafiosa, che sotto la ‘direzione criminale’ di Antonio Tomaselli si organizza dopo il colpo micidiale inflitto con i fermi – nella primavera del 2016 – dell’operazione Kronos. 

I pezzi da novanta di Cosa nostra finiscono alla sbarra. Il processo abbreviato Chaos termina con una serie di condanne, alcune pesantissime. Nelle settimane scorse si apre, davanti alla terza sezione della Corte d’Appello di Catania, l’appello frutto dei ricorsi della difesa. A Bicocca comincia la prima parte della requisitoria affidata al sostituto procuratore generale Angelo Busacca. Il magistrato analizza la posizione di Alfio Davide Coco, chiedendo la conferma della condanna a 15 anni del gup.

Il pg illustra alla Corte d’Appello di Catania il quadro probatorio sul tentato omicidio, che sarebbe confermato anche dalle dichiarazioni dello stesso Pappalardo riscontrate dalle intercettazioni in carcere. Una linea che è confutata dalla difesa nei motivi d’appello che non riterrebbe veritiere le esternazioni dell’imputato. E che metterebbe in dubbio il tentato omicidio, ridimensionandolo a minaccia con arma. 

Un’ampia parte della requisitoria è dedicata anche alla figura di Luca Marino, indicato come il capo della squadra di San Giovanni Galermo, ci cui farebbero parte anche Roberto Marino, Giovanni La Mattina, Francesco Motta, Salvatore Fiore (Turi Ciuri), Arturo Mirenda, Antonio Mangano. Analizzata la posizione di Rocco Biancoviso, uomo di Cosa nostra a Scordia (nella piana di Catania). E poi sviscerati i passi salienti della sentenza in riferimento al clan Nardo di Lentini, di cui farebbero parte Francesco Caltabiano, Fabrizio Iachininoto, Cirino Rizzo e Salvatore Catania.

Busacca chiede – per tutti – la conferma delle pene comminate al termine del processo di primo grado: Marino, 14 anni 10 mesi e 20 giorni, La Mattina, 8 anni, Fiore, 5 anni, 13 anni e 8 mesi, Mangano, 10 anni 1 mese 10 giorni, Biancoviso, 12 anni e 2 mesi, Caltabiano, 14 anni e 8 mesi, Iachininoto, 11 anni 1 mese e 10 giorni, Rizzo, 9 anni e 4 mesi, Catania, 12 anni. 

Nell’aula bunker di Bicocca il prossimo 4 maggio si svolgerà la seconda parte della requisitoria affidata alla pg Iole Boscarino, che analizzerà le posizioni di Tomaselli, detta penna bianca, dei suoi uomini più fidati, degli esponenti del gruppo di Giarre e degli affiliati al clan Mazzei. E, quindi, si tornerà a parlare di quelle tensioni tra Mario Pappalardo e Coco spente proprio dal blitz Chaos.   


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