Orlando-Pd, accordo fatto in vista delle Comunali del 2022 - Live Sicilia

Orlando-Pd, accordo fatto in vista delle Comunali del 2022

Matrimonio in vista tra il sindaco e i dem di Enrico Letta

PALERMO – Le parti si sentono ormai da settimane, le trattative procedono serrate, i dettagli sarebbero ancora da definire ma il dado è ormai tratto: Leoluca Orlando è pronto a tornare nel Partito Democratico. E a tornare dalla porta principale, grazie a un accordo politico da siglare con Enrico Letta in vista delle Comunali del 2022. Al momento non c’è una data fissata, ma il nuovo matrimonio fra il sindaco di Palermo e i dem si dovrebbe celebrare a brevissimo, forse entro giugno, gettando le basi di una strategia studiata per vincere le prossime elezioni.

Non è un mistero che fra Orlando e Letta ci sia un antico rapporto che risale ai tempi della Democrazia cristiana e l’elezione dell’ex premier a segretario del Pd ha convinto il sindaco a riavvicinarsi ai dem: nello scorso aprile la partecipazione alla direzione nazionale, poi il tweet con cui Letta ha rilanciato la protesta dell’Anci isolana presieduta proprio dal Professore e, dietro le quinte, un dialogo avviato grazie ai buoni rapporti con l’ex ministro Giuseppe Provenzano e con il segretario regionale Anthony Barbagallo.

Un rapporto, quello fra il Professore e il Pd, fatto di alti e bassi, quasi di odio e amore: nel 2012 la rottura alle primarie, nel 2017 l’accordo con i partiti per la rielezione fino all’adesione formale nel 2018, quando a guidare i democratici era Matteo Renzi e Fabio Giambrone si ritrovò capolista alle Politiche mancando l’elezione per un soffio. Un feeling, quello con l’ex rottamatore, continuato nel tempo a scapito proprio del Pd: perché se Orlando aveva in tasca la tessera del partito, in giunta sedevano gli uomini di Italia Viva e non i dem, con il sindaco ospite d’onore alla scuola politica di Davide Faraone. Ma le cose cambiano in fretta e nei mesi scorsi c’è stato il cambio di rotta: addio ai renziani, cacciati in malo modo da Palazzo delle Aquile dopo l’ennesimo scontro, e porte aperte al Pd di Letta che ha preferito comunque restare fuori dalla giunta. Del resto è noto che il Professore non gradisca troppo il rapporto con i vertici locali del partito, sempre un po’ burrascoso, puntando invece a quelli regionali e nazionali.

L’accordo, come detto, non è stato ancora definito nei dettagli ma quel che pare certo è che il ritorno di Orlando non sarà “solitario”: a seguire il sindaco ci sarebbe il vice Fabio Giambrone, ma della partita potrebbero essere anche alcuni assessori come Sergio Marino e Giovanna Marano; più difficile che il Professore riesca a portarsi dietro anche qualche consigliere comunale. L’adesione nell’immediato avrebbe un effetto positivo per tutti: il Partito Democratico potrebbe dire di governare la quinta città d’Italia e il Professore troverebbe sponda romana nella sua ricerca di una soluzione al problema del bilancio.

Il comune di Palermo, infatti, non può approvare il preventivo 2021 perché all’appello mancano un centinaio di milioni e il dissesto è praticamente dietro l’angolo: se il governo nazionale non allenterà i vincoli contabili degli enti locali, Palazzo delle Aquile si ritroverà alla vigilia delle elezioni con le armi spuntate e i servizi ridotti all’osso. Una pessima uscita di scena per un sindaco che le sta provando tutte, dalla Tari in bolletta alle proteste dell’Anci, ma che sa bene di aver bisogno della copertura di un grande partito per ottenere dei provvedimenti ad hoc sulla scorta di quanto si sta facendo per la Capitale o per Napoli.

Il patto Orlando-Pd, però, avrebbe conseguenze soprattutto sul 2022. Il Professore ha deciso di impegnarsi in prima persona, non è ancora chiaro se come padre nobile del centrosinistra o come possibile candidato a Sala delle Lapidi (anche se il Pd spinge per la seconda ipotesi), ma quel che è certo è che, contrariamente a quanto annunciato in un primo momento, sarà della partita. L’accordo con Letta prevede la rinuncia a una lista personale, puntando semmai a rimpolpare quella del Pd che si ritroverebbe di colpo ad avere un appeal sin qui insperato e a fare da traino a una coalizione con la sinistra, il M5s e qualche pezzo dei moderati che, anche in caso di sconfitta, incasserebbe una buona quota di eletti. “Se il sindaco si candidasse in prima persona toglierebbe voti un po’ a tutti” è il ragionamento a taccuini chiusi di uno dei dirigenti del centrosinistra, ma comunque il Professore garantirebbe un valore aggiunto a una coalizione che al momento non è data per favorita e il Pd, in particolare, con Orlando capolista potrebbe puntare con facilità alla doppia cifra superando possibili conflitti interni e avrebbe l’imbarazzo della scelta per i candidati.

L’altra incognita è il ruolo del fedelissimo Fabio Giambrone che da mesi “studia” da candidato sindaco: il vice di Orlando è tornato prepotentemente in scena, presenziando a cerimonie e inaugurazioni e riprendendosi un ruolo più politico in giunta, ma per aspirare alla fascia tricolore dovrebbe mettere d’accordo anche la sinistra di Giusto Catania e i grillini. Impresa non facile, ma di certo non impossibile e comunque, in ogni caso, potrebbe candidarsi nella lista del Pd tra i favoriti.  

“La presenza di Leoluca Orlando, di Fabio Giambrone e di tanti altri protagonisti nel Partito Democratico credo che sia un fatto positivo ed auspicabile – dice Antonio Rubino, componente della segreteria regionale dem e vicino a Matteo Orfini – Una scelta naturale e coerente con i presupposti su cui è nato il Pd, augurandomi che all’interno del mio partito non prevalgano tatticismi e calcoli di convenienza. Io credo che il Pd a Palermo abbia bisogno di uscire dalle secche su cui è arenato e la presenza del sindaco può aiutarlo certamente”.

E il futuro di Orlando? Se anche dovesse guidare una lista ed essere eletto, nessuno crede che rimarrebbe a Sala delle Lapidi nei panni del semplice consigliere comunale. Chi conosce il Professore sa che non ha alcuna intenzione di ritirarsi a vita privata e il rapporto con Letta potrebbe aprire scenari fin qui inediti: la nomina alla Corte Costituzionale, di cui si parla da anni, non si è mai concretizzata e l’avvento di Draghi aveva chiuso alcune porte che invece ai tempi di Conte sembravano essersi aperte. L’accordo col Pd gli consentirebbe però di tornare in pista, mettendo a frutto anni di esperienza amministrativa ed eccellenti rapporti internazionali, utili a iniziare una nuova avventura lontana da Palermo con cui chiudere in bellezza una lunga carriera.


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