"Hotel venduto dalla Regione a prezzi stracciati": dirigenti condannati

“Hotel venduto dalla Regione a prezzi stracciati”: dirigenti condannati

Sentenza a Palermo, il conto è salatissimo
CORTE DEI CONTI
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PALERMO – Il conto è salatissimo. La Regione avrebbe venduto ad un prezzo inferiore al valore di mercato il Florio Park Hotel di Cinisi. La colpa, secondo la Corte dei Conti, ricaderebbe su Mariano Pisciotta e Dania Ciaceri, che all’epoca dei fatti erano dirigente generale della Ragioneria generale dell’assessorato all’Economia e dirigente del servizio Patrimonio.

Dovranno pagare alla Regione rispettivamente un milione e due milioni di euro. La sentenza del collegio presieduto da Vincenzo Lo Presti è di primo grado, dunque non definitiva. Assolta la funzionaria Ninfa Cangemi. “Noi abbiamo ritenuto che nel suo ruolo era estranea, non ha commesso nessuna violazione di legge, ha solamente trattato una pratica che per lei era perfettamente regolare – spiega il legale di Cangemi, l’avvocato Giuseppe Pipitone -. Non c’era nessuno accordo fraudolento, nessuna premeditazione. Cangemi ha sempre lavorato con onestà e correttezza e dopo anni di processi, sofferenze, di ansie, sottoposta al giudizio delle persone ha dimostrato la sua estraneità ai fatti”

Nel 2012 la Regione siciliana al verde fece cassa vendendo il Florio Park hotel di contrada Magaggiari, un tempo di proprietà dell’Ente minerario siciliano. Un albergo 4 stelle, vicino all’aeroporto Falcone e Borsellino, in provincia di Palermo acquisito dalla Regione dall’Espi, ente pubblico in liquidazione.

Il procedimento nasceva dalla segnalazione dei finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria. La Regione, che aveva valutato il bene circa 14 milioni di euro, lo aveva venduto alla metà della cifra alla Albatur, che era subentrata alla società cooperativa Coretur, la quale lo aveva gestito in concessione per trent’anni. Per altro la Albatur, si legge nella motivazione, non aveva presentato la sua offerta nei tempi previsti dalla gara pubblica che era andata deserta.

Secondo la Procura contabile, guidata da Gianluca Albo, il prezzo di vendita era diminuito tenendo conto (legittimamente) dei soldi già investiti dalla società per la ristrutturazione e (illegittimamente, secondo l’accusa) delle migliorie future.

Il collegio ha accolto la ricostruzione dell’accusa, ritenendo che la Regione “ha venduto ad un prezzo inferiore a quello di mercato ed ha riconosciuto all’acquirente una riduzione del prezzo congruito priva di causa e di alcune legittima giustificazione per opere mai realizzate. L’errore in cui sono incorsi funzionari regionali appare per quanto detto grossolano e ingiustificabile, tale da fondare un rimprovero in termini di colpa grave atteso che usando la diligenza del funzionario medio non poteva sfuggire che, una volta ceduta la proprietà del bene, ogni futura miglioria da realizzare sull’immobile dismesso non può essere imputata e neppure in minima parte sostenuta dal vecchio proprietario che non può goderne o avvantaggiarsene”.

Secondo i due dirigenti, invece, tutte le procedure sarebbero state rispettate e l’errore si anniderebbe nel caos che negli anni ha accompagnato la storia del Florio. che per ultimo è stato rilevato da una società totalmente estranea alal vicenda. La sentenza di condanna sarà appellata.

La sentenza riaccende i riflettori sulla dismissione di una una grossa fetta del patrimonio della Regione siciliana.


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