L'arresto per droga, ma le offese "non erano rivolte ai finanzieri"

Arrestato per droga: le offese “non erano rivolte ai finanzieri”

Francesco Gelfo ha esultato su Facebook e TikTok quando è finito ai domiciliari

PALERMO – Francesco Gelfo si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al giudice che lo ha mandato in carcere per le parole scritte su Facebook e TikTok. Si è trattato di un aggravamento della misura cautelare per il trentaduenne residente nel rione Zen 2 di Palermo a cui inizialmente erano stati concessi gli arresti domiciliari.

Il post di Gelfo

Gelfo ha scelto di non rispondere al giudice, ma la sua linea difensiva sarebbe quella che le frasi offensive scritte sui social non erano rivolte alle forze del’ordine. Chi erano i destinatari? Al momento è impossibile saperlo, ma a questo punto è scontato ipotizzare che si sia rivolto ad altre persone del quartiere.

Qualcuno che aveva gioito per il suo arresto? Il suo legale, l’avvocato Riccardo Bellotta, non vuole rilasciare dichiarazioni, si limita a far sapere di avere già presentato un ricorso al Tribunale del Riesame contro le accuse della prima ordinanza di custodia cautelare (quella dei domiciliari) e a cui presto seguirà un secondo ricorso contro l’aggravamento della misura.

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Gelfo è accusato di spacciare droga. A poche ore dall’esecuzione dell’ordinanza da parte dei finanzieri ha esultato sui social scrivendo: “Me l’avete sucato. Sono a casa con gli arresti domiciliari… la galera è di passaggio sempre a testa alta”. Secondo il giudice, in questa maniera, avrebbe voluto “riaffermare la propria caratura criminale”.

Le frasi di Gelfo, secondo il Gip Walter Turturici, “oltre che un evidente oltraggio alla autorità giudiziaria” sono state “anche un messaggio ad una platea indistinta fra cui il tale di nome Enrico non identificato”. Gelfo ha mostrato una “condotta smaccatamente aggressiva”, una “arroganza non comune”.

Gelfo è ritenuto “un grossista della droga che opera nella piazza dello Zen 2”. Potrebbe avere avuto un peso la parentela acquisita con il cognato di Giuseppe Cusimano, considerato l’ultimo reggente della famiglia mafiosa del quartiere. I finanzieri hanno monitorato i suoi contatti con Francesco Alamia e Antonino Velardi che da lui si rifornivano per alimentare la piazza dello spaccio che avrebbero gestito a Carini. I pubblici ministeri di Palermo contestano a Gelfo la detenzione e la cessione di 500 grammi di hashish ad un prezzo di 800 euro. Ma nelle carte giudiziarie si fa riferimento ad altri episodi e a quantità più rilevanti.

“Un chilo devo dare quello, un chilo e mezzo a quell’altro”, diceva Gelfo. Assieme a lui si muoveva un uomo di cui si conosce soltanto il nome “Enrico”.


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