La ditta di San Giuseppe Jato e il pizzo al "capomafia di Ballarò"

La ditta di San Giuseppe Jato, il pizzo del “capomafia di Ballarò”

Emergono contatti fra i boss della provincia e quelli di Palermo Centro

PALERMO – Il pizzo lo devono pagare tutti. Anche le imprese “mafiose” quando svolgono lavori lontano dal loro territorio. Alla regola non si sarebbe sottratto neppure Giuseppe Antonio Bommarito, figlio di Giuseppe, entrambi coinvolti nel blitz che ieri ha colpito la famiglia mafiosa di San Giuseppe Jato. Ed è da San Giuseppe Jato che l’impresa Bommarito si era spostata per realizzare alcuni appartamenti in via Pantelleria, nel centro storico di Palermo.

Ad occuparsi della messa a posto sarebbe stato Luigi Marino che nel dicembre 2018 è stato arrestato. Il costruttore Giuseppe Piraino lo ha filmato con il cellulare mentre Marino gli chiedeva il pizzo e ha consegnato il video ai carabinieri.

Secondo i pubblici ministeri, Marino sarebbe stato l’emissario di Massimo Mulè, capo della famiglia mafiosa di Palermo Centro. Mulè era stato arrestato nel blitz che azzerò nel 2018 il tentativo di riorganizzazione della mafia palermitana. Mulè guiderebbe la famiglia mafiosa del rione Ballarò. I pentiti hanno detto che il posto di comando, una volta finiti di scontare i sei anni di carcere per una precedente condanna, gli spettava di diritto. Il Riesame, adeguandosi a quanto stabilito dalla Cassazione, stabilì invece che non c’erano fatti nuovi rispetto a quelli per i quali Mulè, oggi a piede libero, è già stato condannato per mafia. Senza attualità non si poteva emettere una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere. Che il sia lui il capo, però, la Procura continua a sostenerlo e ha chiesto la sua condanna.

Gli uomini di San Giuseppe Jato non avrebbero incontrato direttamente Mulè. A fare da tramite sarebbe stato Salvatore Napoli. L’8 dicembre 2018 Calogero Bommarito, fratello di Giuseppe Antonio, spiegava a Giusto Arnone, anch’egli coinvolto nel blitz, che “Luigi Marino… mi è venuto a trovare là… per sistemare una cosa… aspettava a me il giovedì… Non lì’hai visto che gli hanno fatto il video quello…. l’imprenditore”. Il riferimento è alla denuncia di Piraino che aveva portato all’arresto, quattro giorni prima, di Marino. L’incontro per la messa a posto fra Bommarito e Marino era saltato per causa di forza maggiore.

Bommarito faceva riferimento a Mulè: “Il Massimo era con mio padre (Mulè e Giuseppe Bommarito furono arrestati insieme nel blitz Perseo)”. Sarebbe stato quest’ultimo il destinatario del “regalo”, e cioè i soldi della messa a posto del cantiere di via Pantelleria.

Della vicenda parlava anche Giuseppe Alfano, altro personaggio solo citato nelle indagini. Si lamentava della mancata consegna dei soldi da parte dei Bommarito: “… si devono arricampare perché quelli di devono fare il Natale… mi ha chiamato e domani mattina viene da te al cantiere”. Una seria di dicembre Calogero Bommarito incontrò Alfano allo svincolo di Giacalone dello scorrimento veloce per Sciacca. Qui gli avrebbe consegnato 250 euro.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI