Palermo 2022, ressa di candidati ma i partiti guardano a Roma

Palermo 2022, ressa di candidati ma i partiti guardano a Roma

Tutti i nomi in corsa #LivePalermo2022
VERSO LE ELEZIONI
di
7 min di lettura

PALERMO – La lunga corsa per Palermo 2022 è appena entrata nel vivo, ma la confusione regna ancora sovrana. Nonostante gli annunci dei leader nazionali sui candidati a sindaco da scegliere nel giro di poche settimane, sia nel centrodestra che nel centrosinistra al momento si prende tempo: riunioni, vertici, iniziative solitarie, trattative più o meno palesi, candidature vere e meno vere. Il punto è che le prossime elezioni per Palazzo delle Aquile saranno diverse da tutte le precedenti, con almeno tre variabili di non poco conto che alimentano l’incertezza.

Palermo, test nazionale

La prima riguarda l’interesse dei big nazionali. Archiviata l’epoca del civismo, in cui i partiti non presentavano nemmeno il simbolo pur di prendere qualche voto in più, i politici di razza sono tornati tutti in campo e iniziano a compilare liste e a far calcoli. Il punto è che i candidati a sindaco delle coalizioni difficilmente saranno scelti in città: l’esito delle Comunali, ma soprattutto le performance dei singoli partiti, incideranno profondamente sugli equilibri nazionali in vista delle Regionali e poi delle Politiche. Un filotto che impone scelte ponderate e rischia di ingigantire eventuali passi falsi, costringendo tutti a soppesare le decisioni con maggior prudenza del solito anche alla luce del risultato delle Amministrative in grandi città come Roma, Napoli e Milano. L’anno prossimo Palermo sarà la più importante città chiamata alle urne e i leader nazionali, da Salvini a Meloni, passando per Renzi e Letta, non hanno alcuna intenzione di iniziare la lunga stagione elettorale con una sconfitta.

Il voto al Quirinale

La seconda è rappresentata dall’elezione del Capo dello Stato. Sergio Mattarella ha già fatto intendere di non essere disposto a concedere il bis, il che obbliga i partiti a dover scegliere un successore, una partita che si intreccia inevitabilmente con il destino del governo Draghi e gli impegni presi con l’Europa per il Pnrr. Del resto sette anni fa la decisione di puntare sul palermitano Mattarella portò alla rottura del Patto del Nazareno fra il Pd renziano e Silvio Berlusconi, cambiando profondamente lo scenario di quel momento. Nessuno può escludere che l’anno prossimo si ripeta lo stesso copione, ossia uno stravolgimento del quadro politico che inevitabilmente finirebbe con incidere anche sulle Amministrative.

Quattro poltrone che scottano

Infine c’è una terza variabile, più “locale” ma non per questo meno dirompente. Il partito che conquisterà Palazzo delle Aquile non potrà accampare pretese sulla presidenza della Regione o su quella dell’Ars, ma nemmeno sulla scelta del prossimo sindaco di Catania nel 2023. Quattro poltrone di peso che inevitabilmente, all’interno delle coalizioni, dovranno essere divise per non scontentare nessuno. Se nel centrosinistra il puzzle sembra più semplice, è a destra che si registrano le maggiori frizioni: Musumeci non ha ancora deciso se buttarsi fra le braccia della Lega o di Fratelli d’Italia, il che escluderebbe il partito prescelto dalla corsa a sindaco di Palermo, e non è neanche detto che sia Musumeci il candidato alla presidenza. Ad oggi Fratelli d’Italia esprime il sindaco del capoluogo etneo e difficilmente gli alleati lascerebbero anche la poltrona più importante di piazza Pretoria, così come non è un mistero che Forza Italia punti alla riconferma di Gianfranco Micciché alla guida dell’Assemblea regionale. Niente di strano, quindi, che siano i centristi a sentirsi in pole position per Palermo.

I nomi a sinistra

Adesso andiamo ai nomi e partiamo dal centrosinistra. Le indiscrezioni giornalistiche fioccano, ma il vero tema è che al momento il M5s non ha ancora un responsabile delle trattative con gli alleati scelto da Giuseppe Conte: non è un caso che al primo vertice col Pd, convocato per lunedì, si presenteranno consiglieri e parlamentari grillini. Una pattuglia numerosa e variegata, divisa fra chi crede nel dialogo con il dem Leoluca Orlando e chi invece vorrebbe una netta discontinuità col passato, anche alla luce delle varie emergenze in città che rischiano di oscurare l’aurea dell’attuale sindaco. La protesta sul piano triennale al momento vede dem e grillini compatti, ma il vero banco di prova si avrà col pre-dissesto: se il M5s, formalmente all’opposizione del Professore, voterà il piano della giunta allora si sancirà formalmente l’alleanza mettendo a tacere i mal di pancia dei pentastellati che invece vorrebbero mantenere le distanze dal primo cittadino in carica.

Nel Pd sembra scoppiata la pace sulle primarie: tutti le vogliono o, almeno, nessuno le rifiuta apertamente, anche se non si è ancora capito se saranno interne o di coalizione. Del resto Letta le ha imposte nelle varie città al voto e a Napoli, per evitarle, si è fatto ricorso al nome di un ex ministro che ha messo tutti d’accordo; non è un caso che per Palermo circolino i nomi di Piero Grasso, Caterina Chinnici e Bernardo Mattarella, magari con la stessa intenzione. Il Partito Democratico rimane diviso fra più anime: c’è Carmelo Miceli che è già sceso in campo, c’è Antonello Cracolici che molti vedrebbero come candidato unitario, ci sono gli orfiniani che potrebbero puntare su Mariangela Di Gangi che raccoglierebbe consensi trasversali a sinistra. Il punto è capire se perseguire o meno il “campo largo” di cui molti parlano, ma che nessuno ha ancora definito.

Il rebus Orlando

Il vero nodo da sciogliere è semmai quello di Leoluca Orlando: l’accordo con i dem, sancito da Enrico Letta in persona, prevede che il sindaco sia il padre nobile della coalizione e la solida base su cui costruire le fortune del Pd. Il punto è che il sindaco al momento non gode della popolarità dei tempi migliori e le vicessitudini di bilancio e pre-dissesto non giocano a suo favore. “Bisogna capire se sarà della partita e con che ruolo – dice un dirigente dem – Certamente un brutto risultato a Palermo pregiudicherebbe qualsiasi velleità regionale o nazionale”. Orlando però ha ancora un peso e, fin quando non si esprimerà, tutto il centrosinistra rischia di girare a vuoto. Il Professore ha partecipato alla riunione dei maggiorenti del Pd di qualche giorno fa, ma ha anche insistito sull’importanza delle liste civiche: un segnale che ha suscitato più di una perplessità fra gli interlocutori.

Centrodestra, uno alla volta per carità

Non va meglio a destra dove di candidati ce ne sono anche troppi: Francesco Cascio, Francesco Greco, Francesca Donato, Saverio Romano, Roberto Lagalla, Francesco Scoma, Totò Lentini, Alessandro Aricò, Carolina Varchi ma anche Marianna Caronia che, insieme a Igor Gelarda, sta preparando una convention programmatica. La confusione è ancora tanta e a molti sembra improbabile che si arrivi a un candidato unitario già il mese prossimo, non fosse altro che per i veti incrociati che indeboliscono anche i nomi considerati più credibili. Le primarie sono più uno spauracchio che una concreta possibilità, visto che farebbero saltare anche gli equilibri per la Regione, e i partiti devono fare i conti anche con le spaccature interne: l’esclusione di Cuffaro dalla prima riunione di coalizione, in realtà molto interlocutoria, ha fatto emergere le divergenze fra il leader leghista Nino Minardo e il recordman di preferenze Luca Sammartino, con conseguenze imprevedibili sugli equilibri di tutta l’Isola. La Caronia sta già scaldando i motori e un pezzo del partito la appoggerebbe, provocando però una frattura fra i salviniani. “La veritè è che molti nel centrodestra si sentono la vittoria in tasca – dice un dirigente di partito dietro anonimato – Rischiamo invece di dare un vantaggio al centrosinistra che potrebbe approfittarne”.

Il centro solitario

E Italia Viva? L’addio di Tamajo, approdato a Forza Italia, non sembra aver fiaccato le speranze di Renzi di giocare un ruolo da protagonista a Palermo. L’intesa con Micciché è ancora in piedi e lo schema dell’ex premier prevedrebbe anzitutto un’intesa con gli azzurri sul sindaco; se così non fosse, però, Iv non potrebbe allearsi con il Pd (con cui è ai ferri corti) e a quel punto l’unica via sarebbe la corsa solitaria con +Europa di Fabrizio Ferrandelli ma anche la nuova Dc di Totò Cuffaro, che al momento parla anche col centrodestra e a Palermo punta a superare il 5%. Un buon risultato a Palermo di Iv rafforzerebbe Renzi, impegnato a garantire un futuro politico al suo partito.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI