Debiti, accantonamenti, spese legali: tutti i numeri del dissesto - Live Sicilia

Debiti, accantonamenti, spese legali: tutti i numeri del dissesto

Il default del Comune è sempre più concreto, scontro nell’Amministrazione

PALERMO – Quasi mezzo miliardo di euro: a tanto ammonta il dissesto del comune di Palermo. Una cifra enorme, messa nera su bianco nella delibera che la Ragioneria generale ha presentato due settimane fa mandando in tilt l’Amministrazione guidata da Leoluca Orlando. Uno scontro senza precedenti, quello fra gli uffici contabili e la giunta, culminato con la decisione di non firmare l’atto e la scelta del gruppo Oso di fare propria la delibera chiedendone la trattazione urgente.

Non si può certo dire che siano giorni facili dalle parti di Palazzo delle Aquile. Mentre la città si divideva sul tram e sulle grandi opere pubbliche, mentre imperversava la polemica per le delibere che vorrebbero tagliare le agevolazioni della Tari e Sala delle Lapidi attendeva il piano di riequilibrio, il vero scontro politico correva sotto traccia e assumeva i contorni di un default che il sindaco e i suoi assessori cercano in tutti i modi di evitare, seppur al momento con scarsi risultati.

La doccia fredda degli uffici

E’ il 15 novembre quando una nota della Ragioneria generale arriva al sindaco, al vicesindaco, all’assessore al Bilancio, al direttore generale e al collegio dei Revisori dei conti ed è una missiva dirompente: gli uffici di via Roma mettono nero su bianco che il pre-dissesto, la procedura voluta da Orlando in persona lo scorso 20 luglio per evitare il dissesto (provocando malumori negli stessi uffici), è in realtà impraticabile. O almeno lo è per Palermo, viste la decisione della Corte dei Conti del 3 novembre sul caso di Isola delle Femmine; un caso che fa “scuola” e manda in frantumi il piano del Professore di un default “pilotato” e gestito dall’attuale amministrazione.

E dire che fino a quel momento niente lascia presagire il peggio: la giunta ha voluto il pre-dissesto, il consiglio comunale a settembre lo ha votato, gli uffici (sotto la guida del direttore generale) sono al lavoro per la redazione del piano di riequilibrio da approvare entro fine anno e aleggia anche un certo ottimismo, grazie all’emendamento romano che dovrebbe far piovere su Palermo 75 milioni di euro sonanti. I contatti con la Capitale sono frenetici e si prova anche ad allargare i cordoni della borsa sfruttando il malcontento degli altri comuni siciliani, almeno fino alla doccia fredda: tutto inutile, tutto lavoro sprecato perché il pre-dissesto a Palermo non si può applicare. L’unica strada è il dissesto e non ci sono margini di scelta.

Tutti i numeri del dissesto

Le cifre sono impietose. I “fattori di squilibrio” accertati dagli uffici, per il 2021, ammontano a 438,4 milioni di euro di cui 85,4 per il fondo rischi spese legali, 25,7 per i nuovi debiti fuori bilancio, 18,9 per la mancata approvazione delle tariffe Tari, 72 milioni di fondo crediti di dubbia esigibilità, 48,6 milioni di anticipazione di tesoreria non restituita nel 2020 e 187 milioni di cassa vincolata non ricostituita. A questi si devono aggiungere altri 60 milioni dal 2022 per ulteriori accantonamenti al fondo crediti di dubbia esigibilità e le stime, per gli anni successivi, sono addirittura peggiori. Gli unici correttivi sarebbero i tesoretti delle partecipate (42,2 milioni) e la privatizzazione della Gesap (23 milioni), troppo poco.

La decisione dei magistrati contabili del 3 novembre sul caso di Isola delle Femmine rende le cose, se possibile, ancora più complicate. La Corte fa una differenza tra il dissesto funzionale, cioè quando un Comune non può più garantire i servizi indispensabili, e quello finanziario dovuto ai debiti. Il punto è che solo il dissesto finanziario può portare alla procedura di pre-dissesto e quindi al riequilibrio pluriennale, mentre il dissesto funzionale (quello in cui rientra Palermo) può sfociare solo nella dichiarazione di dissesto (dissesto auto-conclamato) che è “obbligatoria per l’ente”, non lasciando alcun margine di discrezionalità.

Lo scontro al vertice

La nota della Ragioneria è tanto chiara quanto lapidaria e non concede spazio all’interpretazione; due giorni dopo arriva anche la bozza di delibera da sottoporre al consiglio comunale per la dichiarazione del dissesto. La notizia non trapela, ma provoca subito i primi scossoni: si susseguono riunioni e incontri per cercare una via d’uscita rispetto a una nota che spiazza l’amministrazione attiva. Il sindaco chiede al direttore generale, a cui spetta il coordinamento dei lavori sul piano di riequilibrio, di fare le sue valutazioni sulla nota della Ragioneria (che arriveranno solo dopo gli “accertamenti in corso sul redigendo piano”) e il 22 novembre l’assessore Sergio Marino firma una lettera con cui annuncia la decisione di non avallare la delibera sul dissesto: prima bisognerebbe revocare quelle sul pre-dissesto e coinvolgere il consiglio comunale quando sarà pronto il piano, cioè fra qualche settimana.

Consiglio in subbuglio

Tutto resta confinato ai piani alti del Comune, fin quando le note non arrivano al consiglio comunale provocando la levata di scudi delle opposizioni, amplificata dal silenzio della maggioranza. “Il re è finalmente nudo”, dicono Igor Gelarda e Marianna Caronia della Lega, “il Comune è fallito per la scellerata gestione della ‘banda’ Orlando” aggiunge la compagna di partito Sabrina Figuccia. “Il sindaco venga subito in Aula e dica alla città come stanno le cose, la voragine nei conti è senza fondo” attacca il capogruppo di Iv Dario Chinnici, mentre quello di Fratelli d’Italia Francesco Scarpinato punta il dito contro “un’amministrazione incapace di gestire i soldi dei cittadini, la città è ridotta in macerie e a pagarne il prezzo saranno i palermitani”.

La mossa dirompente però è di Ugo Forello e Giulia Argiroffi che presentano una delibera di iniziativa consiliare che riprende quella fermata dalla giunta: insomma, quello che è uscito dalla porta rientrerà dalla finestra e l’effetto sarà quello di un terremoto. “Da più di due settimane sapevano della proposta di deliberazione sul dissesto e hanno volutamente nascosto la circostanza al consiglio – dicono Forello e Argiroffi – inficiando ancor di più la discussione sul piano triennale delle opere pubbliche, sul tram e sul piano di riequilibrio pluriennale”.

La situazione adesso è delicata, anzi delicatissima. Da Roma potrebbero arrivare 75 milioni che però non servirebbero a molto, o almeno non basterebbero a colmare tutti i buchi, e il dibattito in consiglio sul piano di riequilibrio rischia di non poter nemmeno iniziare visto che l’Aula potrebbe ritrovarsi a parlare direttamente del dissesto mettendo sotto accusa una giunta senza più una maggioranza. Ma a emergere è anche uno scontro senza precedenti fra gli uffici, con quelli contabili che insistono sul dissesto senza alcun margine di discussione e il direttore generale che invece sembra voler insistere sul piano di riequilibrio; in mezzo una politica cittadina che si prepara alle elezioni ma adesso deve fare i conti con un default che significherebbe tasse al massimo e aumento delle tariffe per asili e impianti sportivi. Non certo il miglior viatico per la campagna elettorale.


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