Irpef e tagli: quanto costerà a Palermo il patto con Draghi - Live Sicilia

Irpef e tagli: quanto costerà a Palermo il patto con Draghi

Per salvare il Comune, Roma darà 400 milioni. Ecco a che prezzo

PALERMO – Il nome è altisonante: accordo per  il ripiano del disavanzo e per il rilancio degli  investimenti; il contenuto assai più semplice da spiegare, ossia tasse più alte e revisione della spesa in cambio di quasi mezzo miliardo di euro in 20 anni. La data segnata in rosso sul calendario del comune di Palermo non è quella del 31 gennaio, termine ultimo per l’approvazione del piano di riequilibrio che consente di evitare il dissesto attivando il pre-dissesto, bensì quella del 15 febbraio.

Sarà entro la metà del mese prossimo, infatti, che Palazzo delle Aquile dovrà siglare con il Governo nazionale (in questo momento in verità assorbito più dalle vicende quirinalizie) guidato da Mario Draghi, un accordo per sistemare i conti della quinta città d’Italia. Il provvedimento, comunemente conosciuto come ‘salva Napoli’, in realtà riguarda anche Torino, Reggio Calabria e per l’appunto Palermo e vale in totale quasi 2,7 miliardi di euro destinati alle città metropolitane con un disavanzo pro capite superiore a 700 euro.

Un assegno non in bianco

Un assegno che per Palermo dovrebbe ammontare a 435 milioni di euro, spicciolo più spicciolo meno, erogati dal 2022 al 2042 in base a un decreto del ministero dell’Interno da adottare entro marzo. Assegno che però non è in bianco: la contropartita è un accordo da siglare con Roma con cui il Comune si impegna ad adottare alcune delle misure elencate nell’ultima legge di Bilancio. In primis un aumento dell’Irpef che potrà andare ben oltre il limite dell’8 per mille, arrivando addirittura quasi a raddoppiare, ma anche una stretta sulle partecipate e sulla spesa del personale e una messa a reddito del patrimonio comunale.

Gli uffici: “Fare presto”

Il punto è che l’accordo va siglato entro il 15 febbraio e, vista l’entità delle risorse, influenzerà inevitabilmente sia il bilancio previsionale 2021-2023, che ormai sarà un consuntivo di fatto, sia il piano di riequilibrio visto che le misure previste dal patto con Roma, scrive la Ragioneria generale in una nota di qualche giorno fa, “devono necessariamente confluire nel provvedimento amministrativo finalizzato al risanamento finanziario dell’Ente”. Per questo, secondo gli uffici, bisogna fare presto: “Non v’è chi non veda che vadano senza indugio assunte iniziative di impulso presso le competenti articolazioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri, affinché siano immediatamente attivate le procedure necessarie e propedeutiche alla definizione delle misure da inserire nell’Accordo con lo Stato ed alla formale comunicazione dei contributi annuali trasferiti dallo Stato”.

Quanto aumenterà l’Irpef?

I contributi dovranno essere vincolati al ripiano del disavanzo e il pagamento dei debiti avrà la priorità, ma la legge specifica che il Comune dovrà mettere sul piatto ogni anno almeno un quarto di risorse proprie. Secondo una stima contenuta nel piano di riequilibrio, che già contempla l’ipotesi del ‘salva Napoli’, a Palermo arriverebbero 24,5 milioni di euro nel 2022; 47,4 milioni sia nel 2023 che nel 2024; 39,2 milioni nel 2025 e 16,3 milioni l’anno dal 2026 al 2042.

La principale contropartita è l’aumento Irpef che dai 51,7 milioni del 2021 dovrebbe passare a 85 nel 2022 (aliquota all’1,4), 79,4 milioni nel 2023, 53 milioni nel 2024, 51,7 nel 2025 per poi risalire a 74 milioni nel 2026, 76,4 milioni dal 2027 al 2034 (aliquota all’1,28) e attestarsi a 56,4 milioni dal 2035 al 2042.

Tutte le misure

Il sindaco Leoluca Orlando, nella conferenza stampa di presentazione del piano di riequilibrio, ha assicurato che ci saranno tutti i margini per una trattativa con Roma che consenta di limitare i danni, ma al momento non c’è nulla di certo. L’unica cosa concreta è l’elenco delle possibili misure che potrebbero abbattersi sui palermitani per salvare i conti comunali. Il raddoppio dell’Irpef, come già detto, ma anche un’addizionale comunale su chi arriva e chi parte con la nave; l’incremento dei canoni di locazione e concessione degli immobili pubblici; l’affidamento a terzi della riscossione coattiva dei crediti con un ampio margine; rateizzazioni dei crediti da tributi; riduzione del 2% delle spese istituzionali e di gestione. E ancora razionalizzazione delle partecipazioni societarie, incremento della qualità dei servizi, riorganizzazione e snellimento della struttura amministrativa con taglio degli uffici dirigenziali e delle dotazioni organiche, potenziamento degli uffici per il Pnrr, riordino degli uffici amministrativi, contenimento della spesa del personale in servizio (incluse le risorse per il salario accessorio), taglio degli affitti, aumento degli investimenti.

Il tutto secondo un cronoprogramma che preveda fasi intermedie ogni sei mesi e, solo per il 2022, obiettivi annuali, che sarà controllato dal ministero dell’Interno e dall’Agenzia delle Entrate i quali, in caso di inadempimento, segnaleranno il tutto alla Corte dei Conti e a Palazzo Chigi per la sospensione dei trasferimenti.

Piano in alto mare

Insomma, il patto con Roma non sarà indolore e le misure si sommeranno a quelle già individuate nel piano di riequilibrio che, per inciso, è ancora in alto mare. Sala delle Lapidi dovrebbe affrontarlo in settimana, ma le delibere che il consiglio dovrebbe approvare a corredo, a parte la riattivazione delle norme contro l’evasione, non hanno ancora visto la luce. L’approvazione delle tariffe Tari 2021 è stata ripudiata dai Revisori dei conti e si aspetta che l’Aula discuta le altre di peso. E infine un’altra brutta notizia: a meno di sorprese, il Comune non è riuscito a raggiungere tutti gli obiettivi sulla riduzione dei debiti commerciali, il che vorrebbe dire (qualora confermato) che dovrà accantonare, a titolo di sanzione, 13,7 milioni di euro.

“ll piano di riequilibrio che dovrebbe avere lo stesso contenuto dell’accordo con il governo non va bene e dovrebbe essere, in gran parte, riscritto – dice Ugo Forello di Oso – e questo non perché non siano già stati calati nello stesso le recentissime modifiche legislative, ma perché è inadeguato. Da una parte fa riferimento a cifre errate o inattendibili, dal recupero dei 19 milioni della Tari 2021, impossibile, alle previsioni degli incassi dei tributi, sconfessati dallo stesso ufficio di riferimento; dall’altra non presenta alcuna soluzione concreta ai problemi del dissesto funzionale e del controllo analogo delle partecipate che sono state una delle fondamentali cause della crisi del Comune. Purtroppo il tempo stringe, la campagna elettorale è già iniziata, ciascuno sembra preoccuparsi del proprio tornaconto elettorale e la possibilità di riformare la macchina amministrativa comunale  appare sempre più una chimera”.

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