“Ha fallito malamente la burocrazia regionale decapitata dall’Ars”. La regina Regione è nuda; i suoi uffici, spogliati e mai rimpinguati di competenze tecniche preziose, giù verso una débacle storica, che è costata la bocciatura di trentuno progetti milionari che avrebbero potuto imprimere la svolta alla filiera agricola siciliana attraverso la modernizzazione dei sistemi di irrigazione. Tuccio D’Urso, già dirigente generale dell’Energia – oggi in quiescenza – si toglie prima un sassolino dalla scarpa via social. Poi, a voce, è gragnuola. Lui non lo nasconde, avrebbe voluto esserci ancora, lì, “a dare una mano a far bene i progetti, a tracciare strategie e fissare priorità”. Bersaglio, “forze politiche che si fanno i dispetti a vicenda dentro un parlamento, l’Ars, castrato dalla loro miopia” anche attraverso “votazioni contrassegnate da voti falsi e non registrati che hanno impedito – scrive su Facebook prima di ripeterlo al cronista – a decine di dirigenti di grande esperienza e qualità di continuare a lavorare, io tra quelli. Quello che è successo all’agricoltura è solo il primo atto di una lunga tragedia”.
La versione di D’Urso: ce l’ha col governo? Con la classe politica?
“Con il governo mai e poi mai, e per considerazioni oggettive. Un governo capace di potenziare la capacità progettuale come l’attuale, non c’è mai stato. A far male al funzionamento degli uffici è la dialettica spesso malsana, in aula, fra maggioranza e occasionali opposizioni. Ma cambiamo direzione, le mie non sono considerazioni e amarezze di carattere politico che possano essere strumentalizzate”.
Perché dunque questo epic fail della progettazione sul Pnrr?
“In estrema sintesi e risalendo nella gerarchia delle responsabilità, è colpa dell’Ars. L’Assemblea ha sbarrato per ben due volte la strada alle istanze di dirigenti nel pieno delle proprie energie ed esperienza che volevano continuare a lavorare. Come me. E lo ha fatto con votazioni viziate da voti anche falsi o non registrati. La verità è che sono venuti a mancare dirigenti in grado di gestire meglio la situazione. Oggi potremmo averne nei ranghi venti-trenta in più, di grandissima affidabilità”.
Per inciso, le opere previste avrebbero fatto bene anche alle situazioni di dissesto idrogeologico?
“In generale, ovviamente sì. Una efficiente irrigazione con aumento della capacità idrica frena i processi di desertificazione, significa più piante d’alto fusto, dà valore a un’agricoltura che di credito in queste ore ne ha perduto molto, proprio mentre la domanda di made in Sicily di qualità cresce esponenzialmente. Un suicidio”.
Il j’accuse all’Ars: dov’è l’errore strategico?
“Userò un’immagine chiara: i partiti si comportano come il marito che per far dispetto alla moglie si taglia gli… zebedei. Eppure la linea tracciata dal governo nazionale, da Draghi, è chiara e condizione essenziale per portare a casa più investimenti possibile. Per affrontare questo Moloch, il grande impegno della progettazione del Pnrr, ha creato una autentica burocrazia parallela, insistendo sulle nuove strutture. Questo da un lato la dice lunga sulla considerazione delle condizioni della burocrazia esistente e, dall’altro, del ponderoso impegno dato dall’importo ingentissimo dei soldi a disposizione. Ha fatto di più: ha autorizzato le Regioni, con il decreto legge poi convertito nella legge 108 del 2021, a utilizzare le proprie società in house per occuparsi di tutta la programmazione, pianificazione e attuazione di tutte le risorse aggiuntive disponibili, incluse le risorse comunitarie, sia in scadenza che successive. Lo dicono gli articoli 9 e 10 della legge. A quel punto sarebbe dovuta essere la Regione a saper approfittare di questa straordinaria opportunità. Invece…”.
Invece?
“Invece le società in house che la Regione ha, alcune poderose e importanti, non sono state chiamate ad agire. Parlo di Irfis, Sicilia Digitale, di Sas che società in house sta per diventarlo, assumendo compiti istituzionali e capacità di progettazione superiori al passato. Vi sono confluite professionalità che possono ben ambire a diventare classe dirigente ben formata. La Regione ha bisogno di un forte supporto tecnico che analizzi e attui le progettualità già esistenti coniugandovi le ingentissime risorse che stanno per arrivare in Sicilia”.
Cosa ha inceppato il meccanismo?
“Lo ripeto volentieri: con due scellerate votazioni, l’anno scorso l’Ars ha decapitato la burocrazia regionale respingendo norme quasi profetiche – il Pnrr non si sapeva ancora cosa fosse – che avrebbero consentito a una ventina, oggi trentina, di dirigenti andati in pensione di rientrare. Poteva trattarsi di un reclutamento a tempo determinato per gestire questa fase”.
E i giovani?
“Ci arrivo. Questa gente di esperienza e di grande capacità progettuale a questo sarebbe dovuta servire, ad allenare e formare i più giovani. Quella parte del parlamento regionale che ha ostacolato tutto questo, si è assunta una responsabilità enorme”.
Torniamo in dettaglio ai consorzi di bonifica e al flop dei progetti.
“Tutti ne conosciamo lo stato. Poco personale, carte e documenti a volte introvabili. In situazioni simili, cosa vuole che si produca nel giro di due settimane se non progetti a forte rischio di incompletezza? Se il ministero ha rilevato carenze nell’indicazione dei requisiti, siamo autorizzati a pensare che alcune delle relazioni non siano state fatte con completezza per oggettive difficoltà. È mancata la burocrazia regionale”.
Lei pare pessimista anche sulle sorti della programmazione futura, se non si cambia marcia…
“Lo confermo. Citando l’assessore Armao, nei prossimi anni arriverà in Sicilia un flusso di danaro mai visto nemmeno con il binocolo all’incontrario: cinquanta miliardi di euro fra Pnrr, risorse complementari, programmazione residuale 2014/20, programmazione 2021/27, Fsc. Dico tutto questo con una punta di amarezza, ma c’è solo da imparare la lezione e guardare davvero alle indicazioni di Draghi, che si è chiaramente stufato di commissioni e organismi inutili, avocando di fatto al controllo dello Stato molte delle materie di competenza concorrente con le Regioni, a partire dall’energia. Non è evidentemente un problema di cabina di regia ma di forze in campo. E noi ancora non abbiamo schierato quelle giuste per intercettare tutti quesi soldi”.