PALERMO- Le lacrime di un arcivescovo uniscono il dolore del distacco terreno e la speranza della resurrezione celeste. Piange monsignor Lorefice che tutti chiamano ‘Don Corrado’, per la vicinanza umana che esprime in ogni occasione.
Piange e interrompe più volte l’omelia, l’arcivescovo, mentre celebra i funerali di don Maurizio Francoforte, parroco di Brancaccio. Gli viene porto il fazzolettino di carta. Il tempo di asciugare le lacrime e si riprende.
E sembra perfino bello vedere piangere un uomo di Dio, nel senso che va spiegato. E’ bello perché avvertiamo una autentica condivisione, una vera prossimità, una concreta solidarietà. Se anche chi crede fermamente nella resurrezione soffre, vuol dire che l’angoscia dell’addio ha un linguaggio universale e fraterno.
Una chiesa stracolma
La chiesa di via Decollati, nella Missione ‘Speranza e Carità’, è affollatissima.. All’ingresso c’è la tomba del suo fondatore, colui che attraversava Palermo e il mondo con saio, calzari e uno sguardo luminoso.
E ancora risplendono gli occhi indimenticabili di Fratel Biagio Conte, dalla parete in cui è stata ricavato l’ultimo domicilio conosciuto. E sorride, come lo ricordavamo, come se ci fosse nell’aria una benedizione intoccata.
Piangono ‘le ragazze e i ragazzi di Maurizio’ che – come racconta don Nino, nella sua preziosa memoria – ha, pure lui, sorriso fino all’ultimo al suo destino. Maurizio che chiamava Gesù “me frate” e che diceva; “All’appuntamento più importante della mia vita, non posso arrivare scunzato“, alludendo ai paramenti con cui sarebbe stato rivestito. Maurizio che ha accanto il bastone donato da Biagio di cui era molto amico.
Le parole dell’arcivescovo
Le parole dell’arcivescovo sono un balsamo: ” I suoi occhi si sono chiusi anche alla sua amata Comunità parrocchiale San Gaetano, alla comunità diocesana che ha servito con amore viscerale e alla quale, nel suo testamento spirituale, a me indirizzato il 17 dicembre, si rivolge con queste parole: ‘Esprimo il sentimento di gratitudine e di amore per questa mia Chiesa e il mio desiderio per lei è di vederla volare alto; l’amore che nutro per la Chiesa lo posso ricondurre tutto ad un semplice gesto, quando deposte le mie mani nelle mani del mio vescovo, alla domanda: prometti a me e ai miei successori filiale rispetto e obbedienza?, risposi: sì, lo prometto, una promessa che si traduce nella voglia di una totale donazione'”.
“‘Nel restituirti la mia stola – monsignor Lorefice cita ancora il testamento di don Maurizio a lui rivolto – rinnovo quel gesto anche adesso, portando con me questa amata Chiesa con l’impegno di intercedere per lei perché possa essere sempre di più testimone di Cristo su questo nostro territorio. Infine, chiedo a Dio attraverso le tue mani di custodirmi e benedirmi, come io ti custodisco e ti benedico come pastore, amico e fratello'”.
Il ricordo di Fratel Biagio
“Don Maurizio – ricorda l’arcivescovo – ha vissuto il suo ministero avendo tatuato nel cuore il martirio di Padre Pino Puglisi, del suo amato amico e confratello prete 3P. Come non ricordare la visita di Papa Francesco a Brancaccio sulle orme del Beato Puglisi? La gioia traboccante di don Maurizio nell’accoglierlo sulla soglia della chiesa di San Gaetano? Felice. Estasiato. Brancaccio non più periferia, al centro della città, della chiesa, del mondo intero”.
Brancaccio è qui, con la sua forza di volontà, con il suo spirito indomito. Palermo è qui. Le lacrime di un arcivescovo sono il suggello della speranza, per consolare il cuore, pure nella separazione. Come è consolazione Fratel Biagio che, dall’immagine sul muro, osserva l’addio terreno del suo amico Maurizio. Fra cielo e terra, appoggiati a un bastone, il cammino continua.