PALERMO – Dieci anni di carcere sono stati inflitti all’ultimo presunto capomafia di Belmonte Mezzagno, Salvatore Francesco Tumminia. Stessa pena per l’imprenditore edile Giuseppe Benigno, che scampò ai killer 2 dicembre del 2019. Due anni per Giovan Battista Bisconti: era imputato di favoreggiamento perché avrebbe negato di avere subito richieste estorsive. (LEGGI: “Tenta di scagionare il boss e si ritrova sotto accusa“).
La sentenza è del giudice per l’udienza prelininare Simone Alecci. Assolti Giuseppe Cuccia, Giovanni Migliore e Francesco Corso (per loro la Procura aveva chiesto pene fra 4 e sei anni per il rato di favoreggiamento). Erano difesi dagli avvocati Francesca Ciaccio, Giuseppe Greco, Annalisa Badami e Vincenzo Fiore.
Gli assolti sono tre operai forestali in servizio nel distaccamento di Belmonte dove, secondo l’accusa, Tumminia avrebbe gestito persino i turni di lavoro. L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Salvo De Luca e dal sostituto Bruno Brucolì fotografò le recenti dinamiche mafiose a Belmonte Mezzagno, dove le faccende si regolano con il piombo. (LEGGI: “Belmonte, mafia e morte”).
Salvatore Francesco Tumminia sarebbe subentrato al potere dopo l’arresto di Filippo Bisconti e Salvatore Sciarabba. Si arrivò allo scontro armato fra la fazione fedele ai vecchi capimafia e quella legata a Tumminia, che era già stato arrestato nel 2008. Nella guerra caddero sotto i colpi dei killer il commericialista Antonio Di Liberto e Vincenzo Greco, mentre Beniogno scampò alla morte. (LEGGI: “L’agguato in diretta“)